Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino

a cura di Vittorio Alfieri

Dio è morto. Dopo l’ubriacatura natalizia la domanda è sorta, nuovamente, spontanea -cit.- ,in relazione all’aspetto prettamente consumista del Natale. Il 3760° anno, data della Creazione dell’universo secondo la religione ebraica è la nascita ufficiale di Gesù di Nazareth, il Cristo per la religione cristiana, venuto alla luce un anno a.C. La definizione speculativa del Padreterno è: Essere supremo, concepito e venerato quasi universalmente quale creatore e quale ordinatore dell’Universo.

Nel saggio ‘ La gaia scienza’ Friedrich Nietzsche, sostiene nel terzo libro , 125° aforisma, più che altro una parabola che, dall’incipit: L’uomo folle – Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” – gridavano e ridevano in una gran confusione.

Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”.

A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguì – non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancora sempre più lontana da loro delle più lontane costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!”. Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”.

Con questa allegoria Nietzsche non prende posizione in merito all’esistenza di Dio o ai motivi che animano la fede o l’ateismo; la riflessione indica la crisi morale del mondo contemporaneo e la sua fine. Il teutonico sostiene che i sentimenti morali non hanno origine in un regno superiore dell’anima, ma da impulsi inferiori, bisogni e istinti “umani, troppo umani”-da qui il titolo dell’opera-. Afferma che dietro i comportamenti considerati piu nobili vi sono in realtà i moventi piu bassi. Grettezza, viltà, farisaismo, ricerca del piacere. Quindi egoismo. Così per esempio in fondo all’ altruismo vi puo essere una forma d’individualismo, in un amore si puo nascondere odio e cosi via.

Egli esprime questo concetto attraverso la metafora dei colori, dicendo che “anche i colori piu magnifici si ottengono dai materiali bassi e persino spregevoli”. Non era intenzione del filosofo dichiararsi ateo quanto, piuttosto, criticare aspramente -litote- tutte quelle convinzioni che imprigiovano l’uomo anziché aiutarlo. Molto spesso è stato interpretato solo in chiave religiosa ma in realtà il tedesco quando parla di Dio intende riferirsi a tutte le convinzioni assolute -secondo lui deleterie- della sua epoca, come quelle morali e finanche il culto smisurato della storia. Nel credo teologico è conseguenza diretta ed approdo finale della civiltà cristiana che, con il suo sistema di valori e la sua metafisica di derivazione platonica, ossia che il relativismo è presente nel mondo sensibile, le verità assolute appartengono alla realtà trascendente, ha causato la perdita di senso e di significato del suo valore supremo. La decadenza del presente, la sua intima tragicità è dovuta a questa radice primigenia. Il “folle uomo” ammette d’essere in anticipo sui tempi e di conseguenza Nietzsche. Il Natale consumista, l’abbandono degli emarginati, la perenne guerra in Palestina, confermano plasticamente che Dio, Allah e Yahweh sono morti. Nel “perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto. L’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto. E un dio che è morto .Nei campi di sterminio, dio è morto. Coi miti della razza, dio è morto. Con gli odi di partito, dio è morto”-Guccini-.