Approfondimenti
Follia dell’empatia
a cura di Vittorio Alfieri
Elogio della follia è un’opera di Erasmo da Rotterdam in cui, con un registro ironico e contestualmente molto convincente si affronta l’atipico tema della Follia, per sostenere che sarebbe Lei la vera dominatrice dell’intera civiltà, ma anche dell’esistenza di ogni uomo, religioso o laico, assennato o ignorante, patrizio o plebeo, potente o umile. Essa viene rappresentata metaforicamente come una dea in vesti di donna e sarebbe all’origine di ogni bene sia per l’umanità, sia per gli dei, che riceverebbero, al pari dei mortali, i suoi doni: “io, io sola sono a tutti prodiga di tutto”. Lo è innanzitutto per il dono della vita, considerato che nel momento in cui sia l’uomo che il dio si dedicano alla procreazione debbono necessariamente “abbandonarsi un poco a qualche leggerezza e follia”. Nessuno genera o è stato generato se non grazie all’ “ebbrezza gioiosa” da Lei procurata. Un’esistenza per essere felice, è indispensabile che in essa trovi spazio il piacere, e quindi “un pizzico di follia”. Ma anche nella sfera dei rapporti umani, dal matrimonio all’amicizia, è grazie ad Ella se gli impegni personali resistono felicemente, appunto “nutrendosi di adulazioni, scherzi, di indulgenza, di errori, di dissimulazioni”. Ugualmente la resistenza dei rapporti sociali, e quindi l’esistenza stessa della società, necessitano del suo apporto. Lei, in primo luogo, rappresenta l’unica guida per accedere alla vera saggezza: poiché tutte le passioni, tutti gli umani errori e tutte le umane debolezze, rientrano nella sfera della Follia, il vero saggio è chi si lascia guidare dalle passioni. Per l’autore questi elementi emotivi “non solo assolvono la funzione di guide per chi si affretta verso il porto della sapienza, ma nell’esercizio della virtù vengono sempre in aiuto spronando e stimolando, come forze che esortano al bene”. Per cui non può considerarsi saggio colui che si fa guidare soltanto dalla ragione, simile ad uno spettro mostruoso: “un uomo così fatto, sordo ad ogni naturale richiamo, incapace di amore e di pietà”…”un uomo cui non sfugge nulla, che non sbaglia mai, che tutto vede, tutto pesa con assoluta precisione, nulla perdona; solo di sé contento…lui solo tutto; senza amici, pronto a mandare all’inferno gli stessi dèi, e che condanna come insensato e risibile tutto ciò che si fa nella vita”. È preferibile quindi l’uomo qualunque, “uno della folla dei pazzi più segnalati che, pazzo com’è, possa comandare o obbedire ad altri pazzi, attirando a sé la simpatia dei suoi simili…; uno con cui si possa convivere, che infine non ritenga estraneo a sé niente di ciò che è umano”. La concezione della follia espressa dal filosofo, teologo e presbitero da una parte giunge a sminuire eccessivamente il ruolo e l’importanza della razionalità nell’ambito dell’esistenza umana, ma non è rispetto finanche alle più moderne teorie sul tema della pazzia, rappresentata in termini decisamente meno positivi, come una via di fuga dalla realtà, ma una chiave di lettura per affrontarla. In questo momento storico molto triste, perifrasi, necessità la Follia dell’empatia, del rispetto, della convivenza per sconfiggerlo.
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