Capitolo XI

Io non so perché vi racconto queste cose, forse per muovervi un po’ a compassione perché anch’io, come Amato, mi sento solo al mondo. E’ triste non avere nessuno che scrive la tua biografia, tristissimo. Chi volete che scriva la biografia di un biografo? Quando si è soli al mondo si fanno anche dei sogni tristi. Io non è che faccio il biografo a tempo pieno, per campare lavoro alle Poste, in una specie di magazzino da dove partono e dove arrivano pacchi. Siccome io torno dal lavoro alle tredici, quando entro in casa ho una fame rabbiosa che non si dice. Però ho anche sonno e mi fanno male le gambe perché sono stato tutta la mattina in piedi. Ebbene vorrei dormire e mangiare ma anche cacare contemporaneamente, perché appena varco la soglia di casa i bisogni fisiologici, le urla e rimostranze del corpo e della psiche mi si fanno addosso tutte insieme e davvero non so a chi dare la precedenza. Poi alla meglio me la cavo e quando ho la pancia piena mi calmo un po’, magari seduto sul water fumando una sigaretta, ma sono così stanco e stracotto e stranito che mi prende una tristezza da far paura, e allora non posso far altro che passare dal water alle coperte, tutto vestito mi infilo sotto e dormo anche tre ore in catalessi. Ora, che non sia una gran vita mi sembra evidente, la veglia. Ma anche dall’altra parte del cervello, nel sonno, le cose non vanno tanto meglio. Oggi pomeriggio, per venire al punto, ho fatto un sogno, anzi, un intrico di sogni così dolorosi che certo son veri. Anche perché quando mi sono svegliato ho continuato a restare nel sogno, insomma lo sentivo che ero stato colpito da qualcosa di vero, voglio dire psicologicamente vero.

Senza titolo

Il fatto è che nel sogno ero in casa dei miei genitori, vivevo ancora con loro e cercavo di spiegare a mia madre che avevo fatto una scoperta e cioè che il fondo, l’essenza della vita, insomma la nostra condizione umana è che siamo tutti orfani. Lo stato d’animo nostro di uomini è quello dell’orfano senza madre che è una cosa straziante, era questa la scoperta. E quando un uomo è artistico e crea è lì che attinge, al suo stato di orfano, alle sue emozioni di orfano, e anch’io che nel sogno facevo il biografo giovane, dicevo che attingevo alla mia condizione di orfano. Ora, dire di essere orfano alla propria madre non è una bella cosa. Detto così fa ridere, ma nel sogno mia madre era proprio inorridita dal fatto che le dicessi: «Mamma io sono orfano». Cazzo, se io ero orfano, lei che madre era? Non esisteva come madre. A quel punto, a questo parlar da pazzi, mia madre è rimasta proprio schifata, ho sentito il suo ribrezzo come se dicesse: «Vai via da me, lurido, non sei mio figlio». Allora è brutto sentirsi mandati via dalla propria madre che si schifa di te, è bruttissimo, rifiutati dalla propria madre che ti dice che gli fai senso e non sei suo figlio, ti mette un ghiaccio addosso che ti spareresti. Poi mi sono svegliato e mi è tornato in mente Kaos dei fratelli Taviani e la novella di Pirandello della madre stuprata da un brigante che le uccide il fidanzato e la mette incinta. Poi al fidanzato gli taglia la testa e ci gioca a bocce davanti a lei che è straziata. E poi a lei nasce un figlio che è il figlio del brigante, e a lei questo figlio fa ribrezzo, lo scaccia sempre e un giorno che lo incontra, infatti, cosa fa? Prende due arance e gliele tira, gliele fa rotolare davanti come fossero le teste mozzate che il brigante ci giocava a bocce, così che il figliolo disgraziato abbia sempre presente che lui le fa ribrezzo. Ora, questo figlio, come doveva sentirsi? Son cose che uno non ci arriva mai. Però oggi io l’ho capito e l’ho sentito nel sogno ghiaccio che ho fatto. Ho capito come doveva sentirsi quel figliolo disgraziato del brigante: da ammazzarsi.