Approfondimenti
Comi si la realtà fossi un tiramisu
Imaginàte la piazza del duomo di Milano, un pomirìgio di inverno: tuta piena di luci, colori, lampadine, genti che camìna, genti che se siedi, con imàno il panino illuminato di natale, y poi i piciòni su le luci di natale, e per tèra in vendita lì ombrèli con le luci di natale, e le cùfie lucicànti di natale. Imaginàte l’alegrìa del natale, la filicità abbacinanti del natale, i bàbi natale con la pancia, li biciclète coperte di natale, i tombini pieni di natale, le buste de la spesa che se rompono per il tròpo natale che c’è dentro. Imaginate la badante di natale, chi sono io, tuta soridente e felice per la strada chi camìna e sorìde con i denti di natale – chi sono uguali a i denti normali, ma più brilànti – e guarda il natale Com’è bèlo guardare il natale io nemèno riesco a spiegarvelo.
Imaginàte tuto questo, e imaginàtelo bene perché la redazione me ha dèto di scrivere li articoli alègri. Che, l’ultimo chi ho scrìto, hano dèto, lì è venuta voglia di aprire là pàta de i pantaloni, y spararsi nei coglioni.
Siamo didùnque dentro a questa filìce atmosfera, soto aìl duomo di Milano, e ci sentiamo come al centro del mondo, anzi: proprio sul tetto del mondo – comi il primo scalatori de l’Everest, ma senza montagna, o comi il re Liòne esposto da la rupe, ma senza la scimia che ce tiene solèvati in aria. Iniziamo a questo punto a guardarci intorno. Ce sono tante cose, intorno: manifesti di publicità, persone, nigòzi aperti, vitrìne, luci, lucine, alberi, alberèli, stèle, stelìne, ciocolàti, vino rosso, suonantori, monetini, cappèli, cappòti, modèle, modelìni chi costano come mezo stipendio, machinine come tre quarti di stipendio, pulitori di strada con la tuta ranciòni, sigarète – ecetera. La magia deìl natale – comi di solito si dice – è entrata potente dentro la nostra giornata. Come la supòsta entra potente già lo sapete dove, èco, ne lo stèso modo.
A questo punto imaginìamo di dovere scrivere un articolo di poisìa sudìuna rivista a caso, metiamo chi si chiama Nidergàs, y suponiàmo chi l’articolo debi uscire domani matìna. Acidenti – pensiamo a quel punto – io sono qui che guardo li luci le lucine e le vitrìne, e debo scrivere un articolo di poisìa! E non sapiàmo, lì per lì, da che parti iniziare. Cosa si può dire su la poisìa, in questo contesto?
Siamo lì che stiamo guardando à boca aperta una luce che se cènde e si spegni, e cosa sucedi? Che ce vieni in mente Dio santo criatore, chi ha criàto il mondo. Fiat Lux ha dèto: ed è venuta fuori la luce. Ma di scrivere un articolo sudì lui – acidènti, no, non senì parla – che l’ha già racontàto così bene Francesco Gucìni ne la sua canzone de La Genesi, e così bene anchi l’autore del libro famoso de la Bibia, chi abiàmo già fato una bruta figura in partenza, se ci proviamo, a racontàre.
Tutavìa, a questo punto, la luce che se cènde e si spegni ci sugerisci un paragone con la poisìa. Come c’è una genesi del mondo – infàti – c’è bisogno che c’è anche una genesi de la poisìa.
Come nasci una poisìa? Se io mi siedo e fàcio un elenco de le cose che vedo, questa è poisìa? O potrèbi esere poesia?
Il primo livèlo de la realtà, che lo potrèmo anchi chiamare quèlo discrittivo – ce viene in mente per ipotesi – è il p r i m o s t r a t o de la poisìa. Lo strato de la superficie. Le cose chi vengono una dopo l’altra nel campo visivo e dei sensi. Odori, profumi, ogèti, luci, movimenti: tuti li elementi di cui, secondo il famoso Cartesio, nol ci si poteva fidare. Casomai ci era il genio maligno che ce voleva inganàre.
[* il genio maligno di Cartesio è un mostro chi somilia a Giuliano Feràra, che mentre noi siamo in giardino a zapàre l’orto, ce manda le imàgini di un camino caldo pieno di fuoco. E noi crediamo di èsere sul divano davanti al camino, ma è tùta una sugestione. Il genio maligno di Giuliano ce vuoli inganàre perchè nol sa che cazo fare ne la vita, alòra se diverti così]
Ad ogni modo, molti poeti questi elimenti li prendono e li mètono su la carta. Aprono le narici bene, spalancano lì ochi, metono tutti i sensi à l’erta, y scrivono. Primo strato: due punti, elenco più o meno detagliàto di cose. Per esempio, il famoso poeta de la Romanìa, Mircea Cartarescu scrivi in Notte di dicembre:
le vetriniste erano rimaste fino a tardi
per sistemare stelline di stagnola tra le bottiglie di raki
fili dorati tra caschi da moto
e un babbo natale di neve artificiale.
davanti alle vetrine dei giocattoli nevicava
con fiocchi rossi, d’argento, d’oro.
Però un elenco, si dibìmo dire il vero, è solo un elenco. Anchi quando lavori al bar e mancano lì alcolici lì botiglie e lì caramèle devi fare l’elenco de la spesa: ma non si chiama poisìa. Si tu te chiami comi Raimond Carver, però, me vieni in mente, ci puoi anche provare. Puoi scrivere, per isèmpio, un elenco di strumenti chi ti servono per faci il pittòri, e infilare questo elenco dentro diùna racòlta afascintante – e ni suno te dice niente. Qui dipendi molto da quanto sei famoso. Anchi l’artista Piero Manzoni faceva finta di mètere la càca dentro ai baratoli e la vendeva come una famosa opira d’arte. E infàti, quèla era un’opira d’arte. Ma è un discorso complèso, questo, da fare il lunedì matìna (e anche il martedì pomerìgio o il mercoledì sera rimani complèso uguale)
Torniàmo à l’elenco di Cartarescu: chi cosa rende questo elenco la parti di una bèlissima poisìa?
Dèto in altri parole: pirchè se noi ce sediamo davanti al duomo e scriviamo l’elenco, non vieni fuori la poisìa, mentri Mircea l’ha scrita tutta bèla, chi quando la legì pensi Cazaròla ma pirchè io non sono capaci comi lui? La sua poisìa comincia così: “alla mia tristèza erano spuntati i dintìni da làte”
Si tu là legi una volta sola magari non pensi nienti, dici va bene, tristèza, dintìni, andiàmo avànti. Ma si poi la rilègi ancora, più atentamènti, ti acòrgi che c’è qualcosa di strano. Aspèta un atimo, pensi: la tristèza non fa parti de il p r i m o s t r a t o de la realtà. La tristèza è nel campo de le emozioni.
Alòra te viene da fare l’ipotesi che, dopo dèl primo strato, la poesia pesca anchi in un s e c o n d o s t r a t o: quèlo emotivo. Anzi, ora che ci pensi bene, tantissime poisìe tagliano proprio del tùto il primo strato e lasciano solo il secondo. Che se noi vogliamo fare una metafora, tanti poeti cosa fàno? Salgono sul tèto con la scala bùtano via la scala e ti racontano cosa c’è sul tèto. Mangiano un baràtolo di nutèla per sintirsi in colpa butano via il baràtolo e ti racontano di comi si sentono in colpa. Un altra metafora? Ve piaci la metafora eh? Basta metafora andiamo avànti che siamo sempre a Milano in piàza duomo e fa un frèdo de l’ostia.
Abiàmo scoperto che ce sono almeno dui diversi strati de la realtà dovi la poisìa atìnge. Che il secondo strato, quèlo de le emozioni, è imprescindibili – mentre il primo, quèlo base, dove ci cerca di rimaneri ogèttivi, quelo del realismo più o meno realistico descrittìvo, de le volte c’è, de le altre volte no.
Ma ci sono altri stràti ne la poisìa? Questo dùbio ce prendi à l’improvìso. Non è magari che la poisìa è comi una matrioska, vero? Che noi dobìamo stare svegli tùta la nòte a capire a quali livèli arìva?
Perché se c’è l’albero di natale ilùminato, e c’è la filicità di vedere l’albero, poi ci potrèbi esere una riflèsione su la felicità. Cosa è la felicità? Ci potrèbi èsere un ricordo, legato à la filicità o legato à l’albero. Il poeta potrebe fari una similitudine tra l’albero e sua madre quando puliva il plafone de la cucina. Opure potrèbi eserci una metafora e dire che L’albero galegiàva splendenti in mezzo aìl mare di Milano.
Opùre, si potrèbi fare come Mircea Cartarescu, che dici “A la mia tristèza erano spuntati i dintìni da làte“, che mèti insieme de le cose che il letòri nol riesci a capire da che parte arivano. Il letòre pensa: denti da làte a la tristezza? Ha bivùto di sicuro, comi tuti i rumeni quando si vicìna la festa di natale, che c’è da festegiàri. Pirò, acidènti, per èsire un rumeno*ubriaco, ha scrito proprio una bèla poisìa.
[*afermaziòne progrèssista y politicamente corètta chi ho sentito dire al tilegiornale da Donald Trump mentre il vento (di natale) solevàva il suo parucchìno color nostalgìa]
Non potrèbi èsere – pensiamo noi a questo punto (e noi, pir la verità, sono io, Svetlana, piacere, facio la badante 3314176449 solo aventùra quarta di regisèno audace ciao) – che la poisìa lavora davèro su tanti strati? Comi se la realtà fossi un tiramisù, y la poisìa agiungèsi de gli strati a il tiramisù? E mentrechì agiunge strati, continuassi – nel fratèmpo – molto meticolosa a bagnare i biscotti che tengono tùto insieme?
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