Dal porcile della Madonna

a cura di Ianus Pravo

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 1

Ventre che freddo Tagete da nero
geme da terra in Tagete da nero
arido di terra e forma da forma
fluisce da oggetto a oggetto da basso
cielo -pro statuere- grondante stasis
il sudario e nudità alla Lingua
l’ombra che disegnata dall’orina
riversa sul ventre il vincolo bianco
col passo vibrante che per la Vergine
coagula il tempo nell’ascolto puro.

                        2

Le brume di spazio muto intorno
-il lume ricavato dal nero-

alla ferita, altro corpo amante:
la rifinita nicchia, l’oltraggio

adorazione. Il corpo lasciato
in occlusione alla terra vive

nelle cere previe alla visione
il temere che il braccio dell’Amante

innesta nel ventre cupreo, lento,
la testa virata nella lebbra

del desiderio. L’inversione ozia,
muto avorio, avidità del nuovo,

ma l’avidità del corpus, moritor,
la volontà che rappresenta una

figura unita nel tempo, e l’atto
pastura e simmetria del luogo.

                      3

Profila al sudore che santifica
la pila dei corpi a bilanciarsi

e riformarsi nella Sua Vergine,
dilacerarsi in un sacro Giuda,

eleva un doppio Hakeldamâ,
vedeva oro e corpo a quattro braccia.

L’abiura che dal vento dell’anima
suppura, allucinatamente arido,

interrotto segno a viande da volto
ricondotto a viva oscurità

del vento, da materia a materia,
avvento di potenza a immemoria

il taglio di Pietà e il lampo,
il caglio prima e dopo di nudo

e ostia.

                          4

Monete anali, le secrezioni
a rete sulla schiena, il contratto

falsato di Mariamman. Conclude
l’orlato panneggio di velluti

la carne nell’onus dei corpi uno:
calarne decor-tempo all’Amaya,

esposta la corona dei ventri
a sosta delle forme cristiane,

perennità di sguardo, ostruzione
illibertà di mostrarne il tempo

superficie profonda dell’atto,
non ne dice iscrizione e iscritto

brivido d’argento sul non limite
pavido di jîva, non è luogo

né loculo intermittente a fermo,
nel cumulo dei nerbati vertici,

teatro di durata.

                            5

Dai rami defoliati, a lama bruna
contro l’etere gridante a ciborio

dell’oroostensione -cribra, dell’una
o dell’altra varco-voce, l’avorio-

dei voli d’avorio nel tempo e runa
decifrati.

                           6

Le morte teste d’acqua senz’assenza
senza pietà d’assenza d’acqua in Lerna

stanno di star la sete dell’assenza:
Vergine, figlia a Danao, riversa

goccia a goccia sete alla terra, versa
umido limite stare tra carne

e sabbia, il filo di sete sul ventre,
inclinato capite, testa a testa,

humanitatem tradiderunt humus
et humilitas

il drân delle protomi aulla croce
vuota, lo star del sì sull’ocra terra.

                         7

Nachträglichkeit della mudrà se l’unum
cum Virgine oppure il Virgini unitum,

la vibrazione in iati, prima oziata
distinzione, spazio mite ed espiata

veggenza tra un filo nero e un filo
bianco, profondo interloquire, stilo

di luce: il gesto d’azione a ritroso
del sigillo manuale, nudo ozioso,

ventre sul ventre a mutar luce e lato,
fluir a immagine altro: il soma iterato,

ricompiuto e ben al lato, nec Virgini
unitum, neque unum, nei ciechi margini.

                             8

Rosso più rosso del frammento
il sorriso circundevasta
frutto dove il tatto s’occlude
della parte a giostra tra freccia
e Sebastiano e servitù
del sangue fuori modo a grido
che ristagnato come in Troade
nessun grido acheo, che il muro
a Skámandros della sua immagine.
Non connoscié homne ni fembra
sospension del muro sub ore
os, il gesto che sezionato
dall’atto radica radice
in voce di vuoto tra il rosso
e il nero, dulia di mudrà.
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