Dio non c’è. ‘l minestron sì.

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Che fine ha fatto il giovin poeta? Da quando l’ho visto partire quel fine giugno anni settanta, ‘me l’è finii? Di anni allora ne aveva poco più di venti. Pelle bianco latte, occhi azzurri, SvevoNormanno di Sicilia, s’era trovato dentro il fagotto di suo padre emigrato durante il boom in Val Padana, qui cresciuto a cassate e risotto con zafran. La sua prima poesia l’aveva scritta a derset ann. Un talento precoce. Ben nutrito. Rimbaud, Verlaine, Apollinaire, la Comune, il Moulin Rouge. Come a dire che le basi c’eran tutte. Poi Saba, Campana, Ungaretti, l’Antinovecento, la Linea Lombarda. E ancora Bertoldo e un po’ Macario, con quel tanto di ironico disincanto che ben ci sta sulle solide fondamenta di studi classici e cattedre solenni. Tra i tanti in quegli anni innamorati di scarpe e motori, lui, il giovin poeta, il cuore l’aveva promesso alla parola in forma metrica e d’assonanza. Al viaggio. Non poteva dunque mancare. Al Festival Internazionale dei Poeti a Castelporziano. Sacco a pelo e via. A conoscere i poeti, quelli che contavano davvero. Davvero in quei giorni un demone crudele si agitava per quei luoghi. A lungo si era nascosto nell’equivoco di un’intera generazione. Cui nulla fregava della Poesia, di nuovi linguaggi, nuovi orizzonti. Voleva il trito campeggio. Lo svacco.

Quando, dopo l’ennesimo insulto ai poeti, verdura e spazzatura come siluri sul palco, il palco stesso, assaltato da centinaia di scimmioni, crollava di schianto, allora al giovin poeta gli è saltato il cristo. S’è fatto strada tra i corpi e il rudo e l’è tornaa a cà. Addio Zeichen, Orengo, Buttitta, Ginsberg, Orlovsky, Corso, Burroughs ed Evtušenko! Addio Bellezza (Dario non solo)! Con le pive nel sacco eccolo di nuovo tra le nebbie incatramate, la puzza della colla che s’industria a più non posso. Con una domanda: Che fare? Negli anni a venire la risposta ribolle nel sangue, urge tra le dita, branca cielo, terra, firmamenti, giunge all’hic sunt leones, l’ultima thule dei Pitea più stralunati. La risposta è Poesia! Vergata foglio su foglio con Olivetti Lettera 36. Ecco, sì. Il giovin poeta legge e rilegge quanto fatto. E’ tutto a posto. Perché non tentare il gran salto, la gloria? Si può fare! Busta, posta, via…
Passano due settimane. Mattina presto che gli occhi appena si sfanno della mascherpa notturna, dubbiosa. Qualcuno chiama il giovin poeta. Pronto? Sì, sì, Vito Giuliana son io! Bene, bene. Guardi che sul prossimo numero di Alfabeta verranno pubblicate una decina di sue poesie! Davvero? Certo, certo, ci sono molto piaciute, complimenti!..

Alfabeta! La più importante rivista letteraria di quegli anni! Non era da tutti piacere a un Nanni Balestrini, una Maria Corti, l’Umberto Eco; a un Volponi, a un Leonetti. Per citarne solo alcuni. Tra i quali ficchiamoci pure dentro il Leo Paolazzi, poeta, critico, uomo di mente e di braccio, che di Alfabeta era direttore. Uno bravo, finalmente, il Paolazzi. Che girava senza scorta di amici potenti e protervi leccaculi. Uno libero, insomma.

Che nell’attimo in cui spesso ci si gioca il fosso o il cielo ora è lì, occhi negli occhi col Vito Giuliana giovin poeta. E gli dice: ma guarda che tu sei bravo per davvero! Ora ti mettiamo su Alfabeta: ma ti andrebbe di pubblicare con Feltrinelli? Feltrinelli??? Certo che mi va!!! Ostia…Pubblicare con quell’editore!!! Come dire il paradiso!!!

Vito Giuliana esce dalla redazione di Alfabeta. Mica cammina. Vola! Sarà questione di qualche giorno appena, gli ha assicurato il Paolazzi. Qualcuno lo contatterà. Ci vorrà un mese, due, tre, ma alla fine, la sua raccolta di poesie, uscirà!

Passa del tempo. Ne passa dell’altro. Nessuno chiama. On dì, el Vito Giuliana el ciapa el telefono. Pronto? Mi scusi. Potrei parlare con Leo Paolazzi? Con chi? Paolazzi, Paolazzi, il direttore! Ah, sì ma come…non lo sa? Cosa? Purtroppo…, è venuto a mancare…è morto…sì…due settimane fa. Ma come? All’improvviso, sì. Nessuno se lo aspettava. Sì, una tragedia, mi creda, una vera tragedia…
Ecco! La scarogna elevata a sghemba ipotenusa della vita. Dall’empireo ai bassifondi. Cosa fare? Dove andare? Serve non mollar la presa. Tentare. Ancora, ancora!

Difatti, questo si fa. Col suo bell’Alfabeta sottobraccio, il Vito Giuliana va a trovare il Fabrizio Gufi. Chi l’è? È uno che conta. Ma molto davvero. Del giro di poesia di quel Milano, conosce tutto e tutti. Basterebbe un suo cenno. Se semm capii.
Eccoli lì! Il giovin poeta e il vecchio baluba. Occhi negli occhi come già col Paolazzi, ormai di là.
Beh…sì…fa il Gufi…lei ha pubblicato con Alfabeta…molto, molto, prestigioso. Complimenti.
…Sa…incede il Vito Giuliana…mi chiedevo se lei mi potrebbe dare una mano a pubblicare con un grande editore…il Paolazzi diceva che…
Paolazzi purtoppo è morto!..
…Eh…sì…dicevo…è morto…Mi aveva fatto una proposta interessante…qualcosa di più di una semplice proposta…voleva pubblicarmi con…
Sì, sì, capisco…interrompe mieloso il Gufi…ma Paolazzi è morto…lei capisce…
…Cosa devo capire?..
…No…niente…Senta, facciamo una cosa…le sue poesie sono davvero molto interessanti. Guardi, questo è l’indirizzo di una casa editrice fiorentina, piccola, intendiamoci, ma di qualità, assoluto pregio. Ecco, la contatti. La contatti a nome mio. E vedrà che sarà soddisfatto…
Sì?..
…Sì, sì! A nome mio….
…A nome suo…

Il Vito Giuliana el torna a cà sua. Non vola. Anzi. E’ colto da leggera zoppia depressiva. L’è gris ‘me ‘n sciatt.
El dì dopo, el ciama quej de Firenze.
…Sì, sì vediamo vediamo…interessante certo che sì…ehen…uhm…bah…sì sì…mandi pure mandi pure…ah sì beh chì? Ah sì, il Gufi il Gufi, ha parlato col Gufi. Sì sì, mandi pure, mandi pure…
Passa un mese, passa un anno, passa che siamo qui io che scrivo tu che leggi e, al Vito Giuliana, l’allora Giovin poeta, l’ha chiamato più nessuno.
In compenso, poco dopo l’incontro milanese col Gufi, a l’oregia gli è arrivato l’uccellino che spesso, quando meno te lo aspetti, ti sussurra verità in altro modo inconfessabili.
…E’ inutile che stai lì a bussare a quella porta, Vito!..Così el gh’ha dii l’uselin…Quella, come di altre che contano a Milano. Perché, se nessuno ti dirà mai di No, il Sì te lo scordi per davvero!..
E perché???
Perché, Vito mio caro, tu devi capire una roba che tutti sanno ma nessuno dice…

!!! I rapporti di dominio economico e culturale di questa società capitalistica farlocca/barlafusa (con quel tanto di familismo amorale che fa tanto Italian Style), esattamente si riproducono nel mondo della Poesia e della Letteratura. Milano ne è la punta di diamante. Il Fabrizio Gufi è il cardine di questo sistema di potere che coopta solo gli affiliati, i servi sciocchi, gli utili idioti, gli amici, i parenti, gli intimi di letto, le amanti fascinose. Tutti gli altri ne stanno fuori. Volevi arrivare! Entrare nel giro che conta! Pubblicare al Top! Ma tu sei terrone, terrone e per giunta lombardo di provincia! Ed è inutile che parli il dialetto meglio di tanti insubri fighetta! Sei il Vito Giuliana! Capisci? E questo ti basti. !!!

…Ostia!…Sbotta il Vito…Ma no, non può essere così! Qualcuno contro sto sistema, c’è! Eccome se’ c’è!..C’era…
…Ma chi?
…Il Leo Paolazzi!..
…Ehe…sai com’è finito…
… No, dai…l’hanno ammazzato!!!..
…Ma no, no! L’è mort in de per luu. Cause naturali! Capita, dai…
…Ecco!..
…Ecco che roba?…
…Ecco la prova che Dio non c’è!..

Tutto questo el vegn foeura qualche tempo fa che io e il Vito Giuliana siam seduti in una trattoria di provincia. Sì. Lui è un poeta. Antileccaculo, libero di più.
…Guarda Luis!..mi fa…varda chì…
…Ma dai Vito! Sei sul Corriere della Sera!..
…Ehe sì…un piccolo trafiletto…appena qualche riga…son contento dai…
…Ma è il tuo ultimo libretto! Non ci credevi nemmeno. Ostia. Sul Corriere della Sera!..
Lui mi luma. Grifagno. Severo.
…Sì, bello…dopo cinquant’anni che scrivo e mi faccio il culo, prima de morì…ma scusa…te ci credi ancora a certe cose?..
…Cosa?..
…Alle favole…
…Vito, io credo solo alle brutte storie. Le scrivo…
…Bene, anch’io. Allora ricorda: i poeti quelli veri li trovi per strada che son soli…
…E puzzano di mancati suicidi…
…Ecco sì. E tutt el rest ch’el vaga a dà via ‘l cuu!..
…Cià dai finissa el minestron. Questo, almen, sei sicuro che c’è!..
…Sì sì el minestròn… al gh’è al gh’è…l’è bon l’è bon…

Luis Balocch

 

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