Approfondimenti
Enzo Patti
a cura di Francesco Aprile
“I primi embrioni della mia scrittura asemica risalgono a circa quarant’anni fa: in un mio libro sfogliabile “Di Capperi” (77 pagine tratteggiate a pennino e inchiostro di china su grandi fogli di carta telata) le prime pagine, datate aprile 1980, riguardano le lettere di un alfabeto “inventato” che ritorna in forma di scrittura nelle pagine successive, in brevi testi incisi o a rilievo sui reperti archeologici e sulle rovine della labirintica e avolumetrica “città fantastica”.
Il “capperese” maturò semplificandosi e divenendo presto mera grafia nei libri aperti in doppia pagina che dipingevo a trompe l’oeil su leggii in legno, o su piccole architetture ricavate da “forme” in legno che avevano perso la funzione originaria: mobili, infissi, utensili o parti di mobili, infissi, utensili, ecc.
Oggi, come nei primi anni ’80, la mia scrittura “dipinta” o “indecifrabile” o “asemantica” o “asemica” nasce da quattro segni elementari che poi si compongono variamente tra loro: l’asticella verticale, il trattino orizzontale, la barra inclinata e l’arco di cerchio sempre accompagnato dal probabile centro che l’ha generato.
Nella stesura a colonne della scrittura trovano spesso luogo pseudo illustrazioni: calligrammi, labirinti, paesaggi, oppure porte, finestre e parti di architetture…
L’origine della mia scrittura senza parole io credo che sia nel ricordo dei miei primi libri di scuola elementare, o quelli della mia sorella maggiore, quando ancora non avevo imparato a leggere e perciò lo scritto misto alle poche illustrazioni mi suggerivano un’infinità di possibili interpretazioni.
I calligrammi, infine, li devo all’incontro felice con Mirella Bentivoglio e con la sua arte. Ci siamo conosciuti a Palermo, nel gennaio del 1985, in occasione della mostra da lei curata “Il non libro”. Dipingevo già libri aperti su leggii, trasformavo uova di gesso in mappamondi, praticavo la scrittura asemantica su cartigli dipinti e libri sfogliabili ma da quell’incontro in poi si fece indubbiamente sempre più forte il mio interesse per le pratiche verbo-visuali e per il libro d’artista.”
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