Hilde Domin

Antologia di testi selezionati dall’autrice e tradotti da Alù, Basili, Centorbi, Conterno, Curci, De Luca, De Lucia, Del Zoppo, Deon, Gado, Granato, Lozzi, Pennacchia, Scialanca, Talamo. Edita nel 2016 da Del Vecchio.

DOMIN: IN LINGUA FRANCESE SENTIMMO PER LO PIU’ LA PAROLA “MERDE”

Una girabonda. Per via di certe questioni maritali e di certa storia politica.
Anche di certa morte.

=>(una continua rinegoziazione del significato del simbolo [Del Zoppo])
 

Inizia a scrivere tardi dopo aver imparato molte lingue, alla morte della madre. Lo spagnolo la convince, si traduce il tedesco per vederlo intero.

=>(l’übertragen)
=>(l’assidua rielaborazione dei testi)
=>(poter parlare la propria lingua [Domin])
 

Rientra poco convinta dalla Repubblica Dominicana un po’ dopo la fine della guerra in Germania e lì viene accolta e ascoltata ma non le è chiaro perché la poesia che conosce non si possa più.

=>(la Gruppenexistenz)(47, 62, 63, New Directions)

Chiede a Marcuse.

=>(ti voglio riempire di schegge di vetro/ così è difficile tenerti sulla lingua/ non diventi la palla di nessuno [Domin])

Consolida in sé una convinzione basale, “antiadorniana”, e diventa la sua battaglia professorale.

=>(la necessità della poesia)

Anziana e solida ne disserterà a lungo a Francoforte, con grande chiarezza, con conoscenza di causa, con precisione amorevole:

=>(Gadamer, suo maestro e interlocutore per tutto l’arco della produzione lirica e critica [Del Zoppo])

la poesia, la lirica, dimensionano cos’è umano, di queste sono fatte le cose del pensiero libero che parla e l’eterodeterminazione finalizzata ci rende più piccoli; basta.

=>(poesia politica come “strumentario del controllo ” che utilizza l’emozione per spegnere la capacità critica [da Horst])

 

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