Approfondimenti
Julio Cortàzar
Realismo fantastico
Uno prende una cosa che c’è e la sposta. Non troppo. Un po’.
Poi prende una cosa che non c’è e la colloca nello spazio creatosi.
Anche a caso, se per caso intendiamo il poco rispetto per gli indici-statuti delle cose da collocare.
In questo caso specifico uno nato nel 1914 prende le cose con le parole.
Leggere, rapide, esatte, visibili, molteplici, coerenti (solo al progetto).
Poi muore, dopo essersi messo in autostrada con un vettore di sussistenza minima obbligandosi a non uscirne e a un numero ben definito di soste e ad un diario di viaggio meticoloso su quanto accada in quel territorio innaturale ma assolutamente usato, veloce ma privato del gradiente di spaziotempo, comodo solo in quanto lì si svolge: portando da A a B.
E nella sua conchiusione anche terribile ecco che vedi l’astronauta del mondo, il mondo tutto e la sua pista.
Zia in difficoltà
Perché mai possederemo una zia che ha tanta paura di cadere all’indietro? Da anni la famiglia lotta per guarirla della sua ossessione, ma è giunto il momento di confessare la nostra totale sconfitta. Per quanto si faccia, la zia ha paura di cadere all’indietro, e la sua innocente mania ci ha contagiati tutti, a cominciare da mio padre che fraternamente la accompagna ovunque e scruta terra e pavimento perché la zia possa avanzare senza alcun timore, mentre mia madre supera se stessa nello scopare il patio più volte al giorno, e le mie sorelle mai dimenticano di raccattare le palle da tennis con cui innocentemente si divertono sul terrazzo, e i miei cugini cancellano ogni traccia imputabile ai cani, ai gatti, alle tartarughe e alle galline che proliferano nella nostra casa. Ma non serve a niente, la zia si decide ad attraversare una stanza soltanto dopo lunghi tentennamenti, interminabili perlustrazioni oculari e parole scomposte all’indirizzo di qualsiasi bambino che si trovi là in quel momento. Poi si mette in marcia, posando prima un piede e muovendo come fa un pugile nella cassetta di resina, poi. L’altro, spostando il corpo in un dislocamento che nella nostra infanzia ci pareva maestoso, e impiegando vari minuti per andare da una porta all’altra. È orribile. Spesso la famiglia ha cercato di farsi spiegare dalla zia in termini coerenti quella sua paura di cadere all’indietro. In una certa occasione fu accolta con un silenzio che si sarebbe potuto tagliare con il coltello, ma una sera, dopo un bicchierino di esperidina, la zia accondiscese a insinuare che se fosse caduta all’indietro non si sarebbe mai più potuta rialzare. All’elementare osservazione che trentadue membri della famiglia erano pronti ad accorrere in suo aiuto, rispose con un’occhiata languida e due parole: «Lo stesso». Alcuni giorni dopo mio fratello maggiore mi chiamò dopo cena in cucina e mi indicò uno scarafaggio caduto sul dorso sotto l’acquaio. Senza dirci una parola assistemmo alla sua inutile e lunga lotta per raddrizzarsi, mentre altri scarafaggi, vincendo l’intimidazione della luce, circolavano sul pavimento e passavano sfiorando quello che giaceva in posizione di decubito dorsale. Andammo a letto pieni di tristezza, e per una ragione o per l’altra nessuno fece più domande alla zia; ci limitavamo a rendere il più sopportabile possibile la sua paura, ad accompagnarla dappertutto, a offrirle il braccio e a comprarle una gran quantità di scarpe con la suola antisdrucciolo e altri dispositivi stabilizzanti. La vita continuò così, e non era peggiore di molte altre vite.
[Julio Cortàzar, tratto da Storie di Cronopios e di Famas ]
Note bibliografiche svelanti:
«Per Borges il fantastico è consustanziale alla nozione di letteratura, concepita soprattutto come affabulazione, come fabbrica di chimere e di incubi, governata dall’algebra prodigiosa e segreta dei sogni, come sogno diretto e deliberato. Cortàzar rappresenta il fantastico psicologico, ossia, la irruzione/eruzione delle forze estranee nell’ordine delle affettazioni ed effettuazioni ammesse come reali, le perturbazioni, le fratture del normale/naturale che permettono la percezione di dimensioni occulte, ma non la loro intellezione». (Saul Yurkievich)
“Questo l’ho suonato domani” (da Il persecutore)
«Non esserci del tutto in una qualsiasi delle strutture, delle ragnatele che prepara la vita e in cui siamo alternativamente ragno e mosca» (Cortàzar)
«Scrivo per deriva, per dislocamento, scrivo da un interstizio» (Cortàzar)
«Questo mio discorso bipolare non tende ad altro che a preparare l’entrata in scena dei due cortei contrapposti dei cronopios e dei famas, due genie d’esseri […] o categorie antropologiche primordiali che sono la creazione più felice e assoluta di Cortàzar. […]. I famas sono quelli che imbalsamano ed etichettano i ricordi, che bevono la virtù a cucchiaiate col risultato di riconoscersi l’un l’altro carichi di vizi, che se hanno la tosse abbattono un eucalipto invece di comprare le pasticche Valda. I cronopios sono coloro che, se si lavano i denti alla finestra spremono tutto il tubetto per vedere volare al vento festoni di dentifricio rosa […] se incontrano una tartaruga le disegnano una rondine sul guscio per darle l’illusione della velocità.». (Italo Calvino)
“Ogni illusione, ogni esperienza della non-razionalità è raccontata comunque a partire da questo lato, quello della ragione. Ecco il paradosso di tale scrittura: dall’altro lato sarebbe stata impossibile, lì non si scrive. L’alternativa è -ancora una volta- il silenzio” (Rosalba Campra)
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