Recensioni
la neve – e un attimo dopo, cadere – Matteo Zattoni
a cura di Mario Famularo
La vita è piena di sensazioni negative
cose che bisogna fare per forza
alzarsi presto la mattina
lavarsi la fronte con acqua gelida
il prurito della maglia di lana
l’ansia di dover fare tutto
di corsa, l’odore del proprio sudore
la nausea, qualcuno che chiama
nella pausa di studio o lavoro
il cielo cupo e minaccioso
di domenica, rientrare di notte senza
trovare le chiavi nella tasca
sentirsi a disagio in mezzo ad estranei
non aver voglia di salutare
i propri cari, ma andarci lo stesso
guardare spesso l’orologio, non prendere
sonno, avere mal di testa
sentirsi inutili e senza un soldo
fortunatamente sono sensazioni passeggere
l’importante è non darci importanza
negare l’evidenza.
Sembra cadere dal nulla, la neve
e poi torna nel nulla da cui proviene
e così la gente e tutte le altre cose
che conosce, lei le assorbe in un dolore
così dolce a chi lo prova che vi s’abbandona
senza riserve, è come un bacio
la neve – e un attimo dopo, cadere…
(Matteo Zattoni, “L’estraneo bilanciato”, Stampa s.r.l., 2009)
Questi testi di Matteo Zattoni delineano la sensazione straniante dell’uomo contemporaneo, costretto tra adempimenti e condotte ripetitive e spersonalizzanti, in una perdita della sua natura autentica e di un rapporto diretto con l’esistere e l’altro, che si risolve in un cupio dissolvi scevro di particolari angosce – anzi – sereno e liberatorio.
Quelle che vengono chiamate “sensazioni negative” con una semplicità disarmante, con altrettanta irresistibile aderenza all’immaginario di ogni giorno vengono elencate: e così queste “cose che bisogna fare per forza”, ne “l’ansia di dover fare tutto / di corsa”, partono dai gesti di routine (“alzarsi presto … lavarsi la fronte con acqua gelida … (non) trovare le chiavi … guardare spesso l’orologio”) estendendosi presto alla relazione con l’altro da sé (“qualcuno che chiama / nella pausa … sentirsi a disagio in mezzo ad estranei / non aver voglia di salutare / i propri cari”) e comprimendosi nell’interiorità con un senso di disagio e di profonda contrazione negativa (“non prendere sonno, avere mal di testa / sentirsi inutili”). Tutte queste “sensazioni”, raffigurazione sintetica ed efficace della nevrosi tipica della vita urbana, frenetica, derealizzante e spersonalizzante, si trasfigurano anche nell’ambiente circostante (“il cielo cupo e minaccioso / di domenica”: ovvero il giorno in cui ci si ferma un istante e si è sfiorati dalla riflessione su tutto ciò che è stato descritto nel resto del testo); in chiusa, piuttosto che proporre una soluzione o un superamento della problematica, Zattoni conclude e legittima l’accettazione di tale condizione con un meccanismo autoconservativo: “l’importante è non darci importanza / negare l’evidenza”, in cui si ravvisa anche una certa amara ironia.
Ed è il secondo testo a svolgere un senso pacificante di attrazione verso l’annientamento – in primo luogo delle “sensazioni negative” descritte, in particolar modo se definiscono l’intera esistenza di un ipotetico soggetto, quasi estraneo a se stesso, affascinato da questa neve che “sembra cadere dal nulla … e poi torna nel nulla” (è possibile in questa immagine riconoscere un’eco esistenzialista, in particolar modo di Heidegger), portando in questa dimensione di accogliente dimenticanza “la gente e tutte le altre cose / che conosce”. Si tratta di “un dolore / così dolce” da costringere a un abbandono “senza riserve”: la neve, personificata in una donna il cui abbraccio annulla ogni negatività in una dissolvenza accogliente, “è come un bacio” – e dopo tale momento conciliante, non si può che attendere serenamente di sparire con lei.
Zattoni descrive molto bene la derealizzazione conseguente alla nevrosi della vita urbana, lo scollamento e il senso di estraneità che ne deriva, nella frenesia della società liquida: altrettanto bene instilla nel lettore la necessità di affrontare tale stato di fatto, e di porsi criticamente la questione di un superamento di tale impasse, ricollegando l’uomo a se stesso e all’altro da sé, piuttosto che continuare a “negare l’evidenza”, coltivando l’intimo desiderio di sparire da un’esistenza dai tratti disumani.
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