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LA TENEREZZA MISTICA DI FRANCO ARMINIO, esperimento VOL. 5
LA TENEREZZA MISTICA DI FRANCO ARMINIO
(qualsiasi cosa voglia significare)
Continuano gli studi sull’amore di Franco Arminio, pubblicati ancora una volta per Einaudi secondo una scelta quantomeno discutibile come quella di presentarli non nella collana deputata al genere, la storica Bianca, ma per Stile Libero Big.
Ma partiamo dal titolo della sua nuova silloge: Sacro minore.
Sacro è che non sei morto stamattina, ci spiega Arminio, mentre per Andrea Di Consoli la poesia dell’autore trae ispirazione dai corpi e dalla geografia (da qui la paesologia, altra specifica dell’autore) e che “non solo è possibile ripensare il sacro, ma anche imparare a pregare nuovamente; perché per Arminio la poesia è anzitutto questo: pregare”.
Come un sacerdote del verso libero, l’autore ci spiega cos’è sacro in questo mondo: Sacro è che se muore una formica / l’universo lo sa immediatamente, ed è inevitabile avvertire gli echi di George Orwell fare capolino fra i versi;
Sacra la madre dei cinghiali / e la tenerezza con cui vanno in giro / i suoi cuccioli, ora in cerchio, ora in fila, in cui subentra la tenera osservazione della fauna della Capitale.
Arminio riesce costantemente a sorprendere il lettore: se infatti fin dalle prime pagine si pensa di aver appena assistito al climax della silloge (è sacro toccare il fondo, ma è sacro anche il fondo del barile, scriverebbe qualcuno), l’autore campano riesce invece sempre a superarsi, e pertanto a non deluderci mai.
La poesia – chiamiamola così per convenzione, o con uno sforzo d’immaginazione – dell’autore di L’infinito senza farci caso prepara alle lacrime, non di commozione, ma quelle sgorganti dall’umorismo involontario procurato da versi quali: Sacro / il silenzio che c’è / tra le dita dei piedi.
L’intera opera è – sì, avete capito bene – un elenco di Sacro è
che
vanno
a
capo,
che poco sembrano avere a che fare con la lirica, ma piuttosto con il poetico, un morbo che talvolta sembra avvolgere anche l’editoria contemporanea forse perché tanto piace a chi solitamente non mette piede in libreria, cioè all’italiano medio.
Ma torniamo alla poesia, o per meglio dire, abbandoniamola.
Sacro è che nevica / e forse questo è Dio / e se non lo è non fa niente, / nevica ugualmente, e qui oltre a una visione ontologica dei versi emerge anche un profilo mistico che ovviamente (non) ci fa ben sperare;
subito smentito però da un Sacro è quando ti senti cosí ricco / che chiedi a Dio se gli serve qualcosa.
Inevitabile affiora la vena erotica della scrittura di Arminio, una vena pulsante che ci regala vette che rischiano di essere interpretate con sfumature onanistiche: Sacro è toccarsi. / Qualunque essere umano / può morire se non lo tocchiamo; subito smentite da: Sacro il tuo orgasmo, / intrico di spine e di coralli,
e ancora: Sacro è salire sul tuo corpo, / scendere dal mio.
Ma ecco che come un’altalena che dondola fra religiosità ed eros, torna poco dopo la santità mistica: Sacro è curare qualcuno / guardandolo. E ancora:
Sacra è la lumaca, silenziosa / come un monastero.
E nuovamente la geografia sopra citata: Sacro è chi sente l’urgenza / di allontanarsi da tutto / e di avvicinarsi a tutto.
Innumerevoli i rimandi dell’autore alla grande letteratura:
le rose di Gozzano che qui diventano macchia mediterranea: Sacro è il fico non colto, / il suo silenzio assorto;
o quelli alle nugae catulliane: Sacre le cose minute, minutissime, / le sorelle dell’invisibile;
o ancora al fanciullino di Pascoli: Sacro è il bambino che si sveglia con me / ogni mattina / e non vuole andare a scuola;
o al panismo di ispirazione dannunziana: Sacro è che il vento si ferma / per sentirci godere.
Così come sono presenti anche riferimenti cinematografici, fra Il tempo delle mele, di Pinoteau, e Il sapore della ciliegia, di Kiarostami: Sacro nel tempo delle ciliegie / comprarne un chilo / e andare al cimitero. / Mettere due ciliegie / ad ogni morto / fino a quando non finiscono;
Buster Keaton e il cinema prima dell’avvento del sonoro: Sacro è il cinema muto dei tuoi baci.
Il verso di Arminio è uno speleologo: Sacro è scavare nella lingua, / scavare nel silenzio, / scavare nella mente, / scavare senza aver trovato niente / e dopo aver scavato / restare nell’aria, / fermo, illuminato;
ma non è privo di cura metrica, come nella rima: Sacro l’universo sulle tue spalle, / uno sciame di stelle, uno scialle.
Sacro minore infine si veste di un messaggio di speranza che spezza l’ordinario, un augurio di immortalità poetica dal vago sentore di minaccia:
Sacro è che non voglio morire, / non può essere che non posso piú guardare, / spero che le mie parole guardino ancora, / guardino al posto mio.
A cura de I mistici.
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