Le bambine dai capelli rossi di Eva Laudace

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In un’altra vita
non questa che consuma
mi guarderò bene dall’essere umana
per stare meglio coi cani o coi panda
e non avere sul collo quei fiati

le spalle chiuse per le mancanze
ignorare il troppo
spazio per l’ascolto che mi china
quando cade il mondo una pigna
la mia testa nervosa.

È un lavoro ingrato reggere il silenzio
sempre inciampando su di sé
mai sugli altri
temere l’intesa degli occhi cerchiati
con ogni muto animale.

Come a monte di me stessa
sono quello che dovrei essere
ma non lo sono affatto
bambina dai capelli rossi
rissa di sogni, un randagio.

*

Nasce alla riva sinistra
un milione di volte al giorno
e per sempre un po’ così
verso la banchina
follia birichina tra i piedi degli alberi.

È tutta musica
ritmo fiato, musica
una lingua che non comprendi
quella cosa chiara lì
la vedi che mette gli argini al fiume.

*

Non ho scelto io di essere
insieme albero e seme
profumare di cipria il manto dei cani
coi panda invece mettermi a mollo
e sapere come ci si sente
ad essere in troppe
e non provare più niente.

*

Non è colpa mia
se il vento disperde
ciò che il mare riunisce.

«Questo dolore non serve a niente»
mi disse l’autunno disteso di ginko
ed io capii.

Adesso anche lei ha paura
e mi guarda
perché sa.

 

Eva Laudace, da Le bambine dai capelli rossi. Una favola teatrale (CAPIRE Edizioni 2022)
Immagine: Brad Kunkle