Recensioni
Les Murray
L’altra sera ho sognato Les Murray. Era seduto su una veranda, socchiudeva gli occhi faccia al sole , mi diceva che non si era quasi laureato perché aveva visto qualcosa che non c’entrava che con le grandi mani provava ad afferrare lì, davanti alla mortella. C’è bisogno di tutte le parole, diceva, e quelle faranno vivere rendendocele le cose che hanno altrimenti comunque tutta la loro vita sole; c’è l’accorgersene e c’è il farle stare con noi. Come fa una religione.
«Quando arrivarono noi mangiavamo ancora spaghetti per dolce freddi, zuppi di panna,»
«Vadano in culo. Io ti auguro Dio.»
C’è Les Murray, di Nabiac, crebbe a Bunyah, che con un cappello strano fissa qualcosa nel campo incantevole sorriso. Ha una madre morta da piccola e Cecil, forse, un padre morto da vecchio alle prese con tutto questo che è non era stato previsto prima, anche l’insensatezza, anche la ruggine al ferro. Continua a parlarmi, mentre qualcosa ci contamina, va e ritorna.
«Inventore dell’albero della senape, pianse una sola morte, forse tutte,»
«e la veemente gustizia dell’infanzia che mai viene del tutto tacitata. »
«Fermandosi a esalare fumo di sigaretta, si mordeva la lingua madre, l’unica senza accento,»
Les Murray ora copre tutto lo spazio con il corpo e scrive. Ogni forma che può. Poesie subumane burine. Sydney sfoca nel mondo bush e quasi nessuno se ne è accorto.
«ciascuno un divo nella sua inquadratura; o anche un vago candelabro guizzante davanti a santo Sonno:»
«si viene in città a rimpiangere il mungere,»
Qualcuno chiama Les Murray per fargli fare una cosa precisa ma lui ha nel bicchiere che tiene in mano un liquido troppo ialino, e la trasparenza della chiarezza della purezza di quel liquido troppo ialino gli tengono ferma la mano ferma la testa così che tutto prende un’altra piega, nascere d’ottobre nel 38, scrivere con Lehmann «The ilex tree» nel 65, tornare nell’86 alla fattoria.
«ma che cos’è un nazista se non un sesso gettato alle folle?»
«A noi toccano le rampogne di un gruppo di compari suoi,»
«e questa cosa la faccio quando smetto di morire.»
Les Murray allora scrive un libro che legge. Sforma, come la maglietta a righe orizzontali, e costruisce -mancava il lettore, qui lui- con linguaggi dai tutti-colori e un nome per ogni pianta un asse. Concretissimo l’asse conforma. Le cose succedono lì. Anche il peggio.
«Arrivi al Pronto Soccorso farfugliando, sei visitato, deriso, tranquillato. Sanissimo, il tuo cuore.»
«La cosa piano gli permette un affetto.»
«E naturalmente, come sempre dopo un trionfo, ero inconsolabile.»
Les Murray si alza e saluta. L’Australia è diventata migliore. Io continuo a sognare e ricordo
«Ora fanno girare una massa d’acqua.»
«La moglie amava carte, gite, Ciccio Bello,»
«su piastrelle ceramiche, a olio che non secca,»
«Imparavo le cose di rimbalzo, andando in giro con il mio fucile,»
«, un’ala inguainata che non poteva far volare lei,»
«scuotendo il letto come tu stessa le insegni a sei anni.»
«Le cose prendono corpo dalle trance, solo al nero ci possono pagare,»
«una tenue obliquità che localizza la luce in aria»
«Grondante, un ippopotamo»
«Io ero antipatico per la mia castità, e dormivo su un cappotto.»
I versi tra virgolette sono tratti da “Un arcobaleno perfettamente normale” (Adelphi, 2004) e pescati da ciascuna delle Poesie subumane burine; così la poesia del video.
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