Lorenzo Calogero

La voce del Tempo in Lorenzo Calogero.

È possibile uscire “dalla finalità del tempo“, “morire / per rinascere alla morte“? Per Lorenzo Calogero, il nuovo Rimbaud, come venne chiamato dopo la morte, avvenuta nel 1961, la rinascita è ancora incompleta, parziale: migliaia di versi sono tuttora inediti.
“Parole del tempo”, ristampato da Donzelli nel 2010, esce nel 1956 (ed. Maia). Sarà Leonardo Sinisgalli a riconoscere, dopo anni di negazioni e rifiuti, di indifferenza da parte della critica, la qualità della sua poesia. Una poesia che risuona come un’eco stellare, una voce proveniente da una “spelonca spaurita“, irripetibile: “Dalle lontananze / dei boschi una voce viene“, è La voce della poesia. Viene dai boschi e dal mare, possente e fuggevole, da una lontananza di favola antica, che fa prossime tutte le cose. Sente, questa voce, che il Tempo opera incessante, trasforma i semi della terra “in un’ombra remota“, il cuore “è un chicco disperso / che fruttifica sotto le sue mani.“. Resterà qualcosa? “– Eternità dentro la cosa passeggera – / mi rispose una voce – questo avrai. / Nel momento che l’avrai è passato. –“. La poesia non può decifrare l’enigma, può raccogliersi dentro un sogno, restare in ascolto. Ascoltiamo i versi del poeta calabrese, sentiamo il “profondissimo orizzonte“, “il suono dell’opaco nulla” e “il silenzio celeste“, perché sono le parole del Tempo.

Poco suono

Di tanto rovinoso mare
poco suono giunge
al mio orecchio assorto
in ascoltazione dell’Eterno
che come un angelo passa.

Rosa Riggio