Approfondimenti
Malvasia al potere
Nasce da un gioco. Estemporaneo, banalissimo, se vogliamo.
Ma prima ancora, tutto ha origine dalla percezione di una sensazione di fastidio. Un disagio rimasto latente per un po’ e ripescato, chissà come, qualche ora più tardi. Lo stesso disagio che provo quando mi tornano alla memoria quegli slogan che urlavamo da dentro l’eskimo ai tempi, tipo “fantasia al potere” o cazzate del genere.
Flash mob, ad esempio, è una parola che mi urta i nervi in maniera esagerata, ogni volta che la sento. Non l’unica, ovviamente. Per non inciampare più in molte di questi disagi, ho smesso di frequentare Facebook, luogo decisamente popolato da vocaboli che mi danno di brutto sui nervi. Flash mob l’ho sentita nuovamente l’ultimo giorno del 2015, in qualche edizione dei resoconti di fine anno. “Si dovrebbe fare un flash mob…” (su non so cosa). “È stato prontamente organizzato un flash mob”.
Così, mi sono chiesto se abbiamo tutti qualche parola che ci urta i nervi. Naturalmente sì. In un rapido giro di messaggi, unitamente agli auguri ho domandato agli amici quali fossero le loro parole da mandare al rogo, quelle che non vorrebbero più sentire nel nuovo anno e possibilmente negli anni a venire.
Un tripudio di risposte e aggiornamenti vari è durato qualche giorno.
Nel capolavoro di Bradbury (e di Truffaut), i libri venivano messi al rogo. I libri contengono parole. Spesso parole bellissime che, messe in un insieme, sfuggono gli spazi strettissimi della collocazione etimologica, aprendosi a quelli sconfinati delle relazioni di significato della semantica. Il significato delle parole è sfuggente: il punto di sutura fra la lingua, la mente e il mondo esterno. Sui significati delle parole che usiamo, soprattutto sui loro riflessi, costruiamo e demoliamo giornalmente interi mondi. Cattedrali erette e tenute in piedi per anni con le parole, crollano all’improvviso sotto il peso di un’impercettibile parola sbagliata, nell’enigma di ciò che succede fra significato linguistico e significato sociale, nella distinzione fra significato e senso.
Conosco persone che hanno smesso di salutarsi per questioni di congiuntivi usati malissimo o di un reiterato uso dell’apostrofo tra le parole qual e è.
Amo queste persone.
All’appello hanno risposto in molti, con profusione di frasi e concetti, non solamente semplici vocaboli. Abbiamo tutti parole da mandare al rogo. E, di conseguenza, parole da salvare.
Facciamolo, questo gioco.
Prendiamo una melodia che detestiamo profondamente, memorizziamola per una volta ancora, l’ultima, prima di mandarla al rogo. La mia è quella di “Gelato al cioccolato” di Pupo (anche pupo è una parola che odio).
Facciamo salire questa melodia alle labbra e utilizziamo le parole da bruciare per cantarla, fino alla nausea. Fino alle ceneri.
Un piccolo aiuto ce lo danno gli amici e le amiche che hanno risposto al mio appello. Le parole che hanno suggerito le lascio qui sotto, casomai dovessero servire. Le scrivo di seguito, senza un ordine logico. Come se non ci fosse un domani (!).
Fashionista, Dreamer, Indie, Contest, Hipster, Start Up, Schedulare, Agenda, Pianificazione, Tipo, Perintanto, Grande, Bomber, Bro, Figata, Cagata, RIP, Talent, Mockup, Apericena, Lisergico, Drone, Spleen, Ruspa, Conference call, Ciaone, Ciao proprio, Ego, Freddo, Terrorismo, Bomba d’acqua, Aspettiamo, Dammi un secondino, Un attimino, Renzi, Renzie, Civati, Sorrentino, Job’s act, Precariato, Abbandono, Tvttb, Dipendenza, Naturale, Evento, Indipendente, Imprescindibile, Psicofisico, Crisi, Rassegnazione, Femminismo, Inciviltà, Outlier, Hater, Leadership, Lacrime e sangue, Attentato, Solare, Giovanile, Lodevole, Lasciami dire, Intellettualoide, Cinepanettone, Rumors, Ci aggiorniamo, Anche no.
Mi mandate una registrazione vocale della canzone con le vostre parole? Ve ne prego…
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