MATERNITÀ SURGELATA: L’ERA GLACIALE DEL DESIDERIO

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Avete letto bene, non c’è nessun refuso: ho scritto proprio maternità surgelata, sulla falsariga di quella più nota, la surrogata, che di questi tempi è al centro di polemiche a destra e a manca. L’ho scritto, inventando di sana pianta, per ironizzare un po’ su una notizia in cui sono incappata l’altro giorno, mentre navigavo allegramente nelle acque affollate di pubblicità che lambiscono, quando meno te l’aspetti, la terra mutevole di FB. La mia prima reazione è stata di stupore: come diavolo è possibile che FB mi evidenzi spot sulla maternità? Su quali basi? Quali ricerche avrei fatto online perché mi ritenesse destinataria ideale di un simile messaggio? No, dico, segnalare una roba del genere proprio a me, che disconosco il lavorio cocciuto e inutile delle mie ovaie da quando, poverette, ligie al dovere, hanno iniziato a stiracchiarsi e si sono messe in funzione, arzille, per poi con grande frustrazione rendersi conto che tutta quella loro attività precisa e regolare cadeva in modo sistematico nel nulla ovattato del Tampax di turno. Dopo l’iniziale fastidio, però, sono stata risucchiata dal vortice della curiosità, per quella frase ammiccante che campeggiava sopra il link come un invito indeclinabile: “Che cosa farebbe se avesse del tempo per realizzare i suoi sogni?”. Mah, non so, che cosa potrei fare? E mentre cliccavo sul collegamento, pensa e ripensa, ho realizzato che FB possiede i miei dati anagrafici ‒ ho inserito il mio anno di nascita per l’iscrizione – ed è per questo motivo che lo spot dei nuovi surgelati in commercio è arrivato dritto dritto a me.

Il link si è schiuso su un sito intitolato “Timefreeze” nel quale compare in bella vista una “calcolatrice della fertilità”, che ti chiede di inserire il numero dei tuoi anni, numero compreso tra i 18 e i 42 (come dire che dopo quell’età, per avere gravidanze naturali, si può solo andare in pellegrinaggio a Lourdes). Inserisco the magic number, 41 primavere (mio dio, come sono vecchia…), e scopro con terrore che “una donna di 41 anni ha circa il 46% di probabilità di restare incinta”. Così tante, santo cielo?! Ancora?! Quando le mie ovaie prenderanno pace, accidenti?! Chiaramente il messaggio è rivolto a quelle donne che di figli ne vorrebbero, e a questo punto del calcolo ho immaginato che si stessero già disperando, il cuore come un ticchettio impazzito che ripete il monito “il tempo stringe!”, l’affanno che incalza: cioè, il loro terrore è proporzionale al mio, ma direttamente inverso. A seguire, la calcolatrice veggente aggiunge: “durante gli anni successivi, la qualità dei suoi ovociti diminuisce […]”, e infatti a 42 anni pare che la fertilità abbia un crollo verticale, a prendere per vere le percentuali che il sito diffonde, dal 46% si passa a un risicato 36%. Io, ovvio, tiro un sospiro di sollievo dinnanzi a tale evidenza, almeno un vantaggio esiste nell’invecchiare incartapecorendosi, mi dico, non debbo più temere l’imponderabile, la visita dell’arcangelo Gabriele, per intenderci, o il volo di cicogna con lancio del pargolo, o la fioritura dei cavoli con lattante incluso, evviva (o, evento ancora più incredibile, l’incontro con un soggetto che nonostante il mio andare senza freni verso la senilità, abbia ancora un qual certo ribollire incontrollabile di testosterone in mia presenza). Ma le donne che vogliono figli, loro, che se ne fanno di quel misero 36% di probabilità di diventare finalmente mamme? Come potranno convincere i propri ovociti a non abbandonarle?

Niente paura, il tempo si può fermare, i desideri si possono impacchettare sotto vuoto e mettere via, da parte, nel bianco marziale di un enorme purissimo congelatore: “è un’assicurazione per la maternità”, per la miseria, sono le vostre ovaie che ve lo chiedono. “Il congelamento di ovuli suppone un’assicurazione per la maternità che inizieranno a utilizzare le donne più preparate e ambiziose”, si legge, dichiarazione, quest’ultima, niente meno che del padre della pillola anticoncezionale. Di questo si tratta. Di prendere/usare per una vita intera anticoncezionali (o di praticare l’astinenza, affaccendate in ben altre attività…) e un bel giorno andare a scongelare i nostri ovuli rimasti giovani, loro, ventenni o trentenni, e decidere così, scientemente, di diventare mamme, quando lo diciamo noi, esattamente in quel preciso momento, liberate una volta per tutte dalla schiavitù dell’avere o non avere il compagno giusto, il tempo, il lavoro, di aver raggiunto la completa realizzazione personale che aspettavamo. Ovuli congelati. Non ho indagato sul prezzo richiesto per mettere in pausa i desideri, ma temo che non sia proprio a buon mercato. Ovuli congelati. Non ho capito nemmeno come funziona l’estrazione degli stessi, cioè, ci sarà un piccolo intervento da affrontare, visto che noi, a differenza dei maschi, non sbrodoliamo cellule riproduttive all’esterno dei nostri corpicini. Ovuli congelati. Anzi, per l’esattezza, vitrificazione di ovuli.

Non lo so, sarà forse per tutto il gelo a cui si allude, ma visitando in lungo e in largo questo sito ho avuto un piccolo brivido, mi sono sentita a disagio con la parte più incandescente dei miei desideri, quella che dice tutto e subito, quella che noi donne dobbiamo vigilare come un vulcano tappato ricacciandola giù al fondo dei nostri pensieri, quella che dobbiamo tenere a bada, sotto controllo, quella che non si adeguerebbe a nessuna logica se non fosse da sempre imbrigliata in certe dinamiche, donne “preparate e ambiziose”, il nuovo esercito che avanza, così ci vogliamo (o ci vogliono?), e se questa è una guerra, allora, conviene avere molte munizioni di scorta, piccole cellule messe via, a riposare, come un tesoro, un’assicurazione per il futuro, perché il tempo ormai è un concetto relativo, è questo di cui vogliamo (o vogliono?) convincerci, e sta a noi dominarlo, come dominiamo il nostro corpo e le nostre voglie, sotto zero, il grado più prossimo alla perfezione, zero sorprese rinunce compromessi, i sogni a portata di freezer.

Margherita M.