Recensioni
Raffa In the Sky
La fantaopera in due atti di Lamberto Curtoni
L’annunciato tributo a Raffaella Carrà è un melodramma – Raffa In the Sky – che è stato rappresentato quattro volte al Teatro Donizetti di Bergamo dal 29 settembre all’8 ottobre, nonché trasmesso da Rai 5 e quindi accessibile ora su Rai Play: anziché seguire la comoda via della biografia geografica, Raffa In the Sky si rifà alla storia del teatro e ovviamente alla complessità tematica del melodramma classico: lo staff eccellente (i dati a fine articolo) quindi appronta un lavoro, che, pur nel dichiarato intento fantascientifico, è debitore della cultura delle antiche mitologie (soprattutto greche, magari riprese dal neoclasscismo), inserite nella struttura tipica del melodramma ottocentesco. Al posto degli Dei dell’Olimpo c’è Apollo XI re del pianeta Arkadia con gli spiriti eterni che, dall’alto della loro superiorità estetico-intellettuale (anche se francamente l’abito, il trucco e il copricapo, pur citazionisti nel tributo al barocco e al b-movie, del sovrano, paiono ridicoli) decide una tantum di inviare sulla Terra veri e propri ‘missionari dell’arte’ in grado di inculcare agli zotici terresti, in preda a guerre e violenze, l’idea del bello e la nozione di Arte con la A maiuscola.
Ora tocca alla bionda carinissima Raffaella che, destinata inizialmente a fare cinema con la grande star hollywoodiana, rifiuta le avances dello statunitense di turno – un innominato Frank Sinatra – per ripiegare poi sulla TV del Tuca Tuca, la cui danza, qui azionata da un ombelico elettromeccanico (al posto di quello di carne), smuove le coscienze degli spettatori. Il successo della nuova soubrette, osteggiato dal censore, dà inizio a una nuova era del costume sociale, aprendo a lei, più tardi, le porte dell’emittenza commerciale, in cui però si trova imbrigliata (quasi palese il riferimento berlusconiano). In crisi, Raffa decide di prendersi una cosiddetta pausa di riflessione, per emigrare quindi in Spagna, dove una rinascita divistica la conduce a inedite scelte esistenziali, che sfociano poi in Italia con Caramba che sorpresa a integrare arte e vita: lasciati infatti i balletti piccanti, la sempre bionda intrattenitrice si dedica alla funzione quasi pedagogica o filantropica di collegarsi in diretta con il pubblico via telefono, non senza regalare qualche canzone iconica, la più nota delle quali chiude con proverbiale lieto fine Raffa in the sky
È un melodramma che però ha, per metà spettacolo, un’altra vicenda; scivola infatti in parallelo la vita grama della tipica famiglia postbellica della working class italiana, in grado di avvalersi, tra i vantaggi del boom economico, dell’allora nuovo medium per eccellenza: la televisione, appunto. Marito e moglie, alla vista di Raffa sul piccolo schermo, entrano in crisi, fino a separarsi, quando lei scopre che lui, innamorato dell’ombelico danzante, scrive alla Carrà una missiva dal sapore onirico anche se le parole vengono prese alla lettera dalla consorte con effetto tragico; il loro figlio, adolescente problematico, lasciato da una coetanea, addirittura fugge di casa anche per i litigi domestici, ma la famiglia si ricompone, allorché interviene Raffa, avendoli in trasmissione per sancire e ‘benedire’ la riconciliazione live in tempo reale, con tutte le divinità di Arkadia ormai convinte della scelta della Carrà di non tornare più nel sempiterno pianeta lontano, ma di restare sulla Terra, tra i comuni mortali, invitando i presenti a intonare e ballare con lei Tanti auguri ovvero ‘com’è bello far l’amore da Trieste in giù.
In linea con trama e libretto, la regia, per quanto concerne l’aspetto performativo, adotta una scenotecnica moderna senza vezzi né esagerazioni, restando di proposito estranea a filologismi insistiti o a modelli vintage, richiamandosi solo qua e là a minigonne e balletti d’epoca (anni ‘60,’70, ’80), ma, tra abiti e arredi, preferendo il côté evocativo, con un’unica concessione all’avanguardia, quando i cantanti scendono in platea per un brano o quando per pochi minuti si intravedono i filmati della Carrà proiettati sul fondale o in sovrimpressione; in ogni caso si tratta di accorgimenti superflui, rispetto a un’opera a tutti gli effetti ‘tradizionale’: non soltanto coesa sul piano drammatico (sdoppiato), ma soprattutto coerente anche su quello musicale, giacché Lamberto Curtoni, l’autore, lavora su modelli classici, ponendosi – come osserva il compositore-musicologo Carlo Boccadoro, qui nelle vesti del direttore d’orchestra, ineccepibile – in linea con il postmoderno, ossia azzerando la Storia, fino a includere nelle partiture echi vicini o lontani via via di Verdi, Donizetti, Monteverdi, Rossini, Gershwin e i Beatles, sempre accentuando le regole del melodramma classico-romantico, con l’unica – giustificatissima – licenza poetica di includere quattro canzoni di Raffa, opportunamente riarrangiate da Curtoni in chiave operistica.
Anche il libretto a quattro mani risente di tale postmodernità mescolando una lingua aulica al gergo quotidiano, un vecchio stile librettistico a una parlata attuale (talvolta però banale nella scelta di alcuni vocaboli) che non pregiudica lo sforzo creativo di Curtoni. Infine, al di là dell’argomento – più unico che raro, tranne forse il precedente Marilyn. Scene degli anni ’50 in due atti da documenti di vita americana (1980) di Lorenzo Ferrero – la più importante scelta per Raffa In The Sky, anche se in controtendenza, riguarda la protagonista che, a differenza degli altri cinque cantanti lirici coprotagonisti, è una cantautrice: la giovanissima Chiara Dello Iacovo, bella e brava, è una sfida coraggiosa in quanto lontana dal physique du rôle originario; ma a convincere, di lei, è proprio il volto un po’ triste, la melanconia dello sguardo la voce flebile, oltre la magrezza del corpo sinuoso, che conferiscono un’aura quasi di mistero o fiabesco a un personaggio di cui si crede di sapere tutto.
Raffa In the Sky – Fantaopera in due atti
Libretto Renata Ciaravino, Alberto Mattioli
da un’idea di Francesco Micheli
Musica Lamberto Curtoni
Copyright ed edizioni della musica originale Casa Musicale Sonzogno – Edizioni Curci
Direttore Carlo Boccadoro
Regia Francesco Micheli
Scene Edoardo Sanchi
Costumi Alessio Rosati
Coreografie Mattia Agatiello
Light designer Alessandro Andreoli
Assistenti alla regia Paola Brunello e Giorgio Pesenti
Assistente alle scene Chiara Taiocchi
Assistente ai costumi Veronica Pattuelli
Raffaella Carrà Chiara Dello Iacovo
Apollo XI, La Maestra di danza, Il Parrucchiere delle dive Dave Monaco
La Nonna, L’Ostetrica, Luca Gaia Petrone
Carmela Carmela Remigio
Fidelius, La Star di Hollywood, Il grande censore, L’impresario della tivù Roberto Lorenzi
Vito Haris Andrianos
Orchestra Donizetti Opera e Ensemble Sentieri Selvaggi
Coro I Piccoli Musici direttore Mario Mora
Danzatori della Fattoria Vittadini
Nuova produzione della Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo per Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023
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