REPRISE

CIAO VITTORINA

Bisogna il corpo bruci

Non basta-
no il sapere del cuore,
le benedizioni,
profuse senza troppi pensamenti,
a letto, ai margini di strada, in un momento
di santa eccitazione: da oggi
tutte le metafore
sono bandite, entriamo
nei boschi letterali:

UN ATTO DI BONTÀ
RO’B

hai città dove il muschio viene sparpagliato in giro.
e città dove il vento ti rimpinza di polvere la gola.
abbiamo teste che rotolano. teste che rotolano
esattamente fino al punto in cui ti trovi, guardando-
ti con i loro strani e larghi lamentosi occhi, mormoranti
frasi di scuse. labbra come zampe di rane
da laboratorio sopra un tavolaccio, che spasimano
appiccicaticce e statiche. teste morte, comunque.

a volte vedi tizi camminare attorno ai campi
essiccati con le mani nelle loro tasche, tarda notte
o mattino presto, calciando la polvere, girovagando
pregando dio che qualche testa rotoli e si fermi
proprio qui, proprio nel posto in cui stanno. non
è difficile immaginare tanta – solitudine, vero?

QUESTI SONO I TUOI TEMPLI
OdP

Caro Impero,

questi sono i tuo templi. Ci sono filari di teste di pietra,
pilastro dietro a pilastro. Come camminare in una selva
piena di volti di alabastro: qui, il cipiglio. Lo sguardo.
Il luminoso squadro.

Il fumo degli incensi si arriccia, si da forma contro gli architrave,
struscia addosso il groviglio degli innalzi. Solo pochi uomini
si premono la fronte sulle mani.

Fuori, gli archeologi disseppelliscono un torso. Avvolto in spire
di funi decadenti, ci si innalza innanzi, sostenuto da pulegge.
La sua forma per un momento cela il sole, ma come ondeggia,
la luce ci frastorna. Dicendo sì. Dicendo no.

CARO IMPERO,
JC

Sono confuso ogni volta che mi sveglio al tuo interno.
Inventi ossessioni.
Sei un cimitero sopraelevato o un bambino?
Vedo i tuoi figli trascinarsi appresso il proprio cervello.
Perché non un dio amante di acque e di balli
anziché uno specchio delle proprie bellezze soltanto?

Indossi un volto differente per ogni atrocità.
Sei in-disunito e aggrovigliato.
Sei solo una fame perversa?
Una lenta granata della civiltà?

Sono confuso ogni volta che le tue porte mi digeriscono.

IMPERO
ZP

Risalendo dal golfo di La Spezia
sono le sopracciglia di un uomo morto –

nel patetico Reame
dove abiterò d’ora in avanti –
il mio paese se ne sta pericolante tra un impero dis-armato
e una ferita profonda del torace. 

Vieni –
dentro questa fortezza della mia miseria
ti attende una giara di miele selvatico, un tempio abbandonato
di infinito sbalordimento.

Il cielo si fa messaggero
della peste in un uccello.
Il cielo si rinserra nelle falde
della sua veste mattutina. Dicono

siano i colibrì a erodere le fauci dell’India.
Anon. Anon.