Recensioni
Ronald D. Laing
Laing camminava lungo le strade sganciate da qualunque cosa e in quel tempo valeva chiedere come accadesse. Se lo chiedeva, coi suoi bambini rotti e con lui rotto prima, quella specie di psichiatria tenera corriva, andare a vivere coi matti. Quello che scriveva Laing l’abbiamo (L’io diviso) studiato nelle scuole perché quasi nessuno poteva parlarci di psicologia della schizofrenia; ma quasi senza convinzione, come suole quando tutto è lontano dalle tratteggiate, e sbagliavamo, era previsto, e non sbagliavamo mai.
Mi ami? , amatissimo testo dall’autore, Piccola Biblioteca Einaudi 1978, 1992, 2007, scritto dopo Nodi, sono poesiole.
Volesse qualcuno fare il salto, come quando si ascolta parlare un bambino piccolo o un vecchio demente o un intelligentissimo matto, capirci qualcosa del comprendere, vedere la metafora spalancata e seguire il delirio, integro e sbarrato, finalmente: è dove l’ambiente sfavorevole non è una malattia carenziale, dice scrive urla quasi Laing ostinato (c’è Genet e Beckett che applaudono).
Vari livelli di realtà raffigurati uno sopra l’altro.
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