Storie di cronopios e di famas

Parte I
[b]Istruzioni per salire le scale [/b]

Nessuno può non aver notato che sovente il suolo si piega in modo che da una parte sale ad angolo retto rispetto al piano del suolo medesimo mentre la parte che segue si colloca parallelamente a questo piano per dar luogo ad un’altra perpendicolare, comportamento che si ripete a spirali o secondo una linea spezzata fino ad altezze sommamente variabili. Chinandoci e mettendo la mano sinistra su una delle parti verticali e quella destra sulla corrispondente orizzontale ci troveremo in momentaneo possesso di un gradino o scalino. Ciascuno di questi scalini, formanti come si vede da due elementi, si trova ubicato un po’ più in alto e un po’ più in avanti rispetto al precedente, principio che da significato alla scala, dato che qualsiasi altra combinazione determinerebbe forme magari più belle o pittoresche, ma inadatte a trasportare da un pianterreno a un primo piano. Le scale si salgono frontalmente, in quanto all’indietro o di fianco risultano particolarmente scomode. La posizione naturale è quella in piedi, le braccia in giù senza sforzo, la testa eretta ma non tanto da impedire agli occhi di vedere gli scalini immediatamente superiori a quello sul quale ci si trova, e respirando con lentezza e ritmo regolare. Per salire una scala si cominci con l’alzare quella parte del corpo posta a destra in basso, avvolta quasi sempre nel cuoio o nella pelle scamosciata, e che salvo eccezioni è della misura dello scalino. Posta sul primo scalino la suddetta parte, che per brevità chiamiamo piede, si tira su la parte corrispondente sinistra (anch’essa detta piede, ma da non confondersi con il piede menzionato), e portandola all’altezza del piede la si fa proseguire fino a poggiarla sul secondo scalino, sul quale grazie a detto movimento riposerà il piede mentre sul primo riposerà il piede. (I primi scalini sono sempre i più difficili, fino a quando non si sarà acquisito il coordinamento necessario. Il fatto che coincidano nel nome il piede e il piede rende difficoltosa la spiegazione. Fare attenzione a non alzare contemporaneamente il piede e il piede).Giunti con questo procedimento sul secondo scalino, basta ripetere a tempi alterni i suddetti movimenti fino a trovarsi in cima alla scala. Se ne esce facilmente con un leggero colpo di tallone che la fissa al suo posto, dal quale non si muoverà fino al momento della discesa.

Parte II

[b]Usanze dei famas[/b]


C’era una volta un fama che ballava tregua e ballava provola davanti ala vetrina di un negozio pieno di cronopios e di speranze. Le più irritate erano le speranze sempre pronte a far di tutto perché i famas non ballino tregua e provola, ma spera, che è il ballo più in voga presso i cronopios e le speranze.I famas si piazzano apposta davanti alle vetrine, e questa volta il fama ballava tregua e ballava provola per dare sui nervi alle speranze. Una delle speranze lasciò cadere il suo pesce-flauto – perché le speranze, come il Re del Mare, sono sempre accompagnate da un pesce-flauto – e uscì a protestare, dicendo al fama:- Fama, niente tregua e provola davanti a questo negozio-. Il fama continuava a ballare e rideva. La speranza chiamò altre speranze, e i cronopios fecero crocchio attorno per vedere cosa ne sarebbe saltato fuori: – Fama, – dissero le speranze, – non ballare tregua, e neppure provola davanti a questo negozio-. Ma il fama ballava e rideva, e così mortificava le speranze. Allora le speranze si lanciarono sul fama e lo malmenarono. Lo lasciarono a terra vicino a uno steccato, e il fama mandava lamenti, immerso nel suo sangue e nella sua tristezza. I cronopios si avvicinarono furtivi, questi oggetti verdi e umidi. Attorniarono il fama e si misero a compatirlo, dicendogli:- Cronopio cronopio cronopio-. E il fama capiva, e la sua solitudine era meno amara.

Parte III 


 

[b]Affari[/b] 

I famas avevano deciso una volta di iniziare la fabbricazione di tubi per pompe, ed avevano assunto molti cronopios per i settori magazzino e avvolgimento. Appena i cronopios furono al loro posto di lavoro, gioia immensa. C’erano tubi verdi, rossi, blu, gialli e viola. Erano trasparenti e collaudandoli si vedeva scorrervi l’acqua dentro con tutte le bollicine e a volte qualche insetto sbalordito. I cronopios lanciarono altissime grida e volevano ballare tregua e ballare provola invece di lavorare. I famas andarono su tutte le furie e cominciarono ad applicare gli articoli 21, 22 e 23 del regolamento interno. Onde evitare il ripetersi di siffatte incresciose infrazioni. Siccome i famas sono molto sprovveduti, i cronopios attesero il verificarsi di circostanze favorevoli e quindi caricarono un gran camion di tubi. Quando incontravano una bambina, tagliavano un pezzo di tubo blu perché ci potesse giocare al salto del tubo. Così, ad ogni angolo di strada, si videro sgorgare bellissime bollicine blu con una bambina dentro simile a uno scoiattolo nella sua gabbietta. Ai genitori della bambina veniva un solo desiderio, quello di portarle via il tubo per innaffiare il giardino, ma si scoprì che gli astuti cronopios li avevano bucati in modo tale che l’acqua si spezzettava e così non erano utilizzabili. Alla fine, i genitori si stancavano e la bambina correva in strada e saltava e saltava. Con i tubi gialli i cronopios inghirlandarono molti monumenti, e con quelli verdi tesero delle trappole secondo l’uso africano nel bel mezzo di un roseto, per avere la soddisfazione di vedervi cadere le speranze una ad una. Tutto intorno alle speranze cadute in trappola i cronopios ballavano tregua ballavano provola, e le speranze li redarguivano per quel loro gusto, dicendo così: – Crudeli cronopios cruenti. Crudeli!- I cronopios, incapaci di voler male a chicchessia e specialmente alle speranze, le aiutavano a rialzarsi e regalavano loro pezzi di tubi rossi. Così le speranze poterono tornare a casa e realizzare la loro più ardente aspirazione: innaffiare giardini verdi con tubi rossi. I famas chiusero la fabbrica e diedero un banchetto a base di discorsi funebri con camerieri che servivano pesce fra grandi sospiri. Nessun cronopio fu invitato e, delle speranze, solo quelle che non erano cadute nella trappola del roseto perché le altre se ne stavano contente con i loro pezzi di tubo rosso, e i famas erano arrabbiati con quelle speranze.

Storie di cronopios e di famas, Julio Cortàzar (1914-1984)

Nota dell’autrice: sono stata didascalica perchè per non essere didascalici con Cortazar bisogna esserlo.

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