SU QUESTI FIUMI… – 10 POESIE LIBERAMENTE REINTERPRETATE DA FRANK BIDART

[Per le soluzioni di traduzione e lo snellimento del post di una metà almeno, si ringrazia LibreOffice]

Che sforzo!
Che sforzo del cavallo per esser cane!
Che sforzo del cane per esser rondine!
Che sforzo della rondine per esser ape!
Che sforzo dell’ape per esser cavallo!
E il cavallo,
che freccia acuta spreme dalla rosa!
che rosa grigia alza col suo labbro!
E la rosa,
che gregge di luci e d’urli
lega nel vivo zucchero del tronco!
E lo zucchero.
che stiletti sogna nella veglia!
E i corti pugnali,
che luna senza stalle, che nudi,
pelle eterna e rossore, cercano!
E io, sulle gronde,
che serafino di fiamme cerco e sono!

Homo Faber

Whatever lies still uncarried from the abyss within
me as I die dies with me.

Homo Faber

Qualsiasi [cosa] giaccia ancora intrasposta dall’abisso
interiore come muoio muore con me.

For the AIDS Dead

The plague you have thus far survived. They didn’t.
Nothing that they did in bed that you didn’t.

Writing a poem, I cleave to “you.” You
means I, one, you, as well as the you

inside you constantly talk to. Without
justice or logic, without

sense, you survived. They didn’t.
Nothing that they did in bed that you didn’t.

Per i Morti di AIDS

La peste[] cui sei finora sopravvissuto. Loro no.
Niente di quanto hanno fatto a letto che tu non abbia fatto.

Scrivendo un poema, mi aggrappo [affido] a “voi”. Voi
significa [me], uno, tu, così come il tu

interiore cui costantemente ti rivolgi. Senza
giustizia né logica, senza

senso, sei sopravvissuto. Loro no.
Niente di quanto hanno fatto a letto che tu non abbia fatto.

Queer

Lie to yourself about this and you will
forever lie about everything.

Everybody already knows everything

so you can
lie to them. That’s what they want.

But lie to yourself, what you will

lose is yourself. Then you
turn into them.

For each gay kid whose adolescence

was America in the forties or fifties
the primary, the crucial

scenario

forever is coming out—
or not. Or not. Or not. Or not. Or not.

Queer

Menti [su questo] a te stesso e menti-
[rai] per sempre su tutto.

Tutti sanno già tutto

perciò puoi
mentir[gli]. [Questo] È quello che vogliono.

Ma menti a te stesso, quel che perde-

[rai] è te stesso. Allora ti
trasformi in loro.

Per ogni ragazzino [gay] la cui adolescenza

era l’America dei Quaranta o dei Cinquanta,
l’originario, il cruciale

scenario

per sempre è rivelarsi–
o[ppure] no. O no. O no. O no. O no. 

Love Incarnate

                          (Dante, Vita Nuova)

To all those driven berserk or humanized by love
this is offered, for I need help
deciphering my dream.
When we love our lord is LOVE.

When I recall that at the fourth hour
of the night, watched by shining stars,
LOVE at last became incarnate,
the memory is horror.

In his hands smiling LOVE held my burning
heart, and in his arms, the body whose greeting
pierces my soul, now wrapped in bloodred, sleeping.

He made him wake. He ordered him to eat
my heart. He ate my burning heart. He ate it
submissively, as if afraid, as LOVE wept.

Amore Incarnato

A tutti quelli [resi folli] o [maggiormente umani] dall’amore
[mi rivolgo][questa [è] offerta], perché ho bisogno di aiuto
nel decifrare il mio sogno.
Quando amiamo il nostro signore è AMORE.

Quando ricordo che alla quarta [ora]
della notte, osservato da stelle risplendenti,
AMORE infine si è incarnato,
la memoria [mi] è orrore.

Nelle sue mani sorridendo AMORE [trat]teneva il mio cuore
ardente, e tra le sue braccia, il corpo [la cui accoglienza]
mi trafigge l’anima, ora avvolta in carminio, dormiente.

[Lui] Lo ha fatto svegliare. Gli ha ordinato di divorar-
[mi] il cuore. Ha divorato il mio cuore ardente. Lo ha divorato
[sommessamente], come spaventato, mentre AMORE piangeva.

By These Waters

What begins in recognition,—
…. ends in obedience.

The boys who lie back, or stand up,
allowing the flies to be unzipped

however much they charge
however much they charge

give more than they get.

When the room went dark, the screen lit up.

By these waters on my knees I have wept.

Sui Fiumi[]

Quanto comincia in riconoscimento,–
… termina in obbedienza.

I ragazzi che [si abbandonano], o [re]sta[n]no in piedi,
permettendo [al]le loro zip [d’]essere sbottonate

qualsiasi cifra chiedano
qualsiasi cifra chiedano

danno[offrono] di più di quanto ricevono.

Quando la stanza si oscura, lo schermo si accende.

Su questi fiumi[] inginocchiato ho pianto. 

The Ghost

You must not think that what I have
accomplished through you

could have been accomplished by any other means.

Each of us is to himself
indelible. I had to become that which could not

be, by time, from human memory, erased.

I had to burn my hungry, unappeasable
furious spirit

so inconsolably into you

you would without cease
write to bring me rest.

Bring us rest. Guilt is fecund. I knew

nothing I made
myself had enough steel in it to survive.

I tried: I made beautiful
paintings, beautiful poems. Fluff. Garbage.

The inextricability of love and hate?

If I had merely made you
love me you could not have saved me.

Il Fantasma

Non devi pensare quanto ho
compiuto attraverso di te

l’avrei potuto compiere altrimenti.

Ognuno di noi è per sé stesso
incancellabile. Dovevo diventare quello che non può

essere, dal tempo, dalla memoria umana, cancellato.

Ho dovuto ardere [inscrivere] il mio [bramoso], in[ac]contentabile
furioso spirito

così inconsolabilmente dentro [di] te

[così che] tu debba senza posa
scriverne per mettermi a tacere [farmi riposare].

MetterCi a tacere [FarCi riposare]. La colpa è feconda. Sapevo

niente di quanto ho fatto
[]aveva abbastanza acciaio [in sé] per sopravvivere. 

Ho provato: ho fatto splendidi
quadri, splendide poesie. Polvere. Rifiuti.[Mondezza].

L’inestricabilità di amore e odio?

Se ti avessi fatto semplicemente
amarmi non mi avresti potuto salvare.

For the Twentieth Century

Bound, hungry to pluck again from the thousand
technologies of ecstasy

boundlessness, the world that at a drop of water
rises without boundaries,

I push the PLAY button:—

. . .Callas, Laurel & Hardy, Szigeti

you are alive again,—

the slow movement of K.218
once again no longer

bland, merely pretty, nearly
banal, as it is

in all but Szigeti’s hands
*

Therefore you and I and Mozart
must thank the Twentieth Century, for

it made you pattern, form
whose infinite

repeatability within matter
defies matter—

Malibran. Henry Irving. The young
Joachim
. They are lost, a mountain of

newspaper clippings, become words
not their own words. The art of the performer.

Per il Ventesimo Secolo

[Co]Stretto [Legato], bramoso di spiluccare ancora dalle mille
tecnologie dell’estasi

[l’assenza di legami[costrizioni]], il mondo che a una goccia d’acqua
emerge privo di [confini].

spingo il pulsante AVVIO: –

. . .Callas, Laurel & Hardy, Szigeti

vivete nuovamente,–

il movimento lento della [sonata] K.218
ancora una volta non più

piatto, [sufficiente appena], quasi
banale, come è

nelle mani di tutti [tranne] che in quelle di Szigeti.
*

Perciò tu e me e Mozart
dobbiamo ringraziare il ventesimo secolo, per

[che] ti ha fatto schema, forma
la cui infinita

ripetibilità nella materia
sfida la materia–

Malibran. Henry Irving. Il giovane
Joachim
. Sono persi, una montagna

di ritagli di giornale, si fa parole
non le loro parole. L’arte dell'[esecutore].

The Yoke

don’t worry         I know you’re dead
but tonight

turn your face again
toward me

when I hear your voice there is now
no direction in which to turn

I sleep and wake and sleep and wake and sleep and wake and

but tonight
turn your face again

toward me

see        upon my shoulders is the yoke
that is not a yoke

don’t worry         I know you’re dead
but tonight

turn your face again

Il Giogo

non preoccuparti             so che sei morto
ma stanotte

rivolgi di nuovo la tua faccia
verso di me

quando sento la tua voce ora [non] c’è
nessuna direzione in cui voltarsi

Io dormo e mi sveglio e dormo e mi sveglio e dormo e mi sveglio e

ma stanotte
rivolgi di nuovo la tua faccia

verso di me

vedi          sopra le mie spalle è il giogo
che non è un gio[c/]go

non preoccuparti               so che sei morto
ma stanotte

rivolgi la tua faccia nuovamente[]

Song

You know that it is there, lair
where the bear ceases
for a time even to exist.

Crawl in. You have at last killed
enough and eaten enough to be fat
enough to cease for a time to exist.

Crawl in. It takes talent to live at night, and scorning
others you had that talent, but now you sniff
the season when you must cease to exist.

Crawl in. Whatever for good or ill
grows within you needs
you for a time to cease to exist.

It is not raining inside
tonight. You know that it is there. Crawl in.

Canzone

Sai che è qui, rifugio [covo]
dove l’orso [il peso] cessa
per un attimo [tot] persino di esistere.

Entra [Infilati]. Hai infine ucciso
abbastanza e mangiato abbastanza per essere grasso
abbastanza da cessare per un attimo [tot] di esistere.

Entra [Infilati]. Occorre talento per vivere di notte, e dimostrare[]
agli altri tu abbia quel talento, ma ora annusi [odori][percepisci]
la stagione in cui devi smettere di esistere.

Entra [Infilati]. Qualsiasi cosa per bene o per male
cresca [dentro di te] tra i tuoi bisogni ha bisogno
tu per un attimo [tot] cessi di esistere.

Non sta piovendo dentro
questa notte. Sai che è qui. Entra [Infilati].

California Plush

The only thing I miss about Los Angeles

is the Hollywood Freeway at midnight, windows down and
radio blaring
bearing right into the center of the city, the Capitol Tower
on the right, and beyond it, Hollywood Boulevard
blazing

—pimps, surplus stores, footprints of the stars

—descending through the city
                  fast as the law would allow

through the lights, then rising to the stack
out of the city
to the stack where lanes are stacked six deep

                and you on top; the air
                now clean, for a moment weightless

                                   without memories, or
                                   need for a past.

The need for the past

is so much at the center of my life
I write this poem to record my discovery of it,
my reconciliation.

                It was in Bishop, the room was done
in California plush: we had gone into the coffee shop, were told
you could only get a steak in the bar:
                                   I hesitated,
not wanting to be an occasion of temptation for my father

but he wanted to, so we entered

a dark room, with amber water glasses, walnut
tables, captain’s chairs,
plastic doilies, papier-mâché bas-relief wall ballerinas,
German memorial plates “bought on a trip to Europe,”
Puritan crosshatch green-yellow wallpaper,
frilly shades, cowhide
booths—

I thought of Cambridge:

                      the lovely congruent elegance
                      of Revolutionary architecture, even of

ersatz thirties Georgian

seemed alien, a threat, sign
of all I was not—

to bode order and lucidity

as an ideal, if not reality—

not this California plush, which
 
                          also

I was not.

And so I made myself an Easterner,
finding it, after all, more like me
than I had let myself hope.

              And now, staring into the embittered face of
              my father,

again, for two weeks, as twice a year,
     I was back.

           The waitress asked us if we wanted a drink.
Grimly, I waited until he said no…

Before the tribunal of the world I submit the following
document:

           Nancy showed it to us,
in her apartment at the model,
as she waited month by month
for the property settlement, her children grown
and working for their father,
at fifty-three now alone,
a drink in her hand:

                          as my father said,
“They keep a drink in her hand”:

                                            Name Wallace du Bois
                                            Box No 128 Chino, Calif.
                                            Date July 25 ,19 54

Mr Howard Arturian
        I am writing a letter to you this afternoon while I’m in the
mood of writing. How is everything getting along with you these
fine days, as for me everything is just fine and I feel great except for
the heat I think its lot warmer then it is up there but I don’t mind
it so much. I work at the dairy half day and I go to trade school the
other half day Body & Fender, now I am learning how to spray
paint cars I’ve already painted one and now I got another car to
paint. So now I think I’ve learned all I want after I have learned all
this. I know how to straighten metals and all that. I forgot to say
“Hello” to you. The reason why I am writing to you is about a job,
my Parole Officer told me that he got letter from and that you want
me to go to work for you. So I wanted to know if its truth. When
I go to the Board in Feb. I’ll tell them what I want to do and where
I would like to go, so if you want me to work for you I’d rather have
you sent me to your brother John in Tonapah and place to stay for
my family. The Old Lady says the same thing in her last letter that
she would be some place else then in Bishop, thats the way I feel
too.and another thing is my drinking problem. I made up my mind
to quit my drinking, after all what it did to me and what happen.
        This is one thing I’ll never forget as longs as I live I never want
to go through all this mess again. This sure did teach me lot of things
that I never knew before. So Howard you can let me know soon
as possible. I sure would appreciate it.

P.S                                                From Your Friend
I hope you can read my                         Wally Du Bois
writing. I am a little nervous yet

—He and his wife had given a party, and
one of the guests was walking away
just as Wallace started backing up his car.
He hit him, so put the body in the back seat
and drove to a deserted road.
There he put it before the tires, and
ran back and forth over it several times.

When he got out of Chino, he did,
indeed, never do that again:
but one child was dead, his only son,
found with the rest of the family
immobile in their beds with typhoid,
next to the mother, the child having been
dead two days:

he continued to drink, and as if it were the Old West
shot up the town a couple of Saturday nights.

“So now I think I’ve learned all I want
after I have learned all this: this sure did teach me a lot of things
that I never knew before.
I am a little nervous yet.”

It seems to me
an emblem of Bishop—

For watching the room, as the waitresses in their
back-combed, Parisian, peroxided, bouffant hairdos,
and plastic belts,
moved back and forth

I thought of Wallace, and
the room suddenly seemed to me
          not uninteresting at all:

          they were the same. Every plate and chair

          had its congruence with

          all the choices creating

          these people, created

          by them—by me,

for this is my father’s chosen country, my origin.

Before, I had merely been anxious, bored; now,
I began to ask a thousand questions…

He was, of course, mistrustful, knowing I was bored,
knowing he had dragged me up here from Bakersfield

after five years

of almost managing to forget Bishop existed.

But he soon became loquacious, ordered a drink,
and settled down for
an afternoon of talk…

He liked Bishop: somehow, it was to his taste, this
hard-drinking, loud, visited-by-movie-stars town.
“Better to be a big fish in a little pond.”

And he was: when they came to shoot a film,
he entertained them; Miss A—, who wore
nothing at all under her mink coat; Mr. M—,
good horseman, good shot.

“But when your mother
let me down” (for alcoholism and
infidelity, she divorced him)
“and Los Angeles wouldn’t give us water any more,
I had to leave.

We were the first people to grow potatoes in this valley.”

When he began to tell me
that he lost control of the business
because of the settlement he gave my mother,

because I had heard it
many times,

in revenge, I asked why people up here drank so much.

He hesitated. “Bored, I guess.
—Not much to do.”

And why had Nancy’s husband left her?

In bitterness, all he said was:
“People up here drink too damn much.”

And that was how experience
had informed his life.

“So now I think I’ve learned all I want
after I have learned all this: this sure did teach me a lot of things
that I never knew before.
I am a little nervous yet.”

Yet, as my mother said,
returning, as always, to the past,

“I wouldn’t change any of it.
It taught me so much. Gladys
is such an innocent creature: you look into her face
and somehow it’s empty, all she worries about
are sales and the baby.
her husband’s too good!”

It’s quite pointless to call this rationalization:
my mother, for uncertain reasons, has had her
bout with insanity, but she’s right:

the past in maiming us,
makes us,
fruition
       is also
destruction:

                 I think of Proust, dying
in a cork-linked room, because he refuses to eat
because he thinks that he cannot write if he eats
because he wills to write, to finish his novel

—his novel which recaptures the past, and
with a kind of joy, because
in the debris
of the past, he has found the sources of the necessities

which have led him to this room, writing

—in this strange harmony, does he will
for it to have been different?

                    And I can’t not think of the remorse of Oedipus,

who tries to escape, to expiate the past
by blinding himself, and
then, when he is dying, sees that he has become a Daimon

—does he, discovering, at last, this cruel
coherence created by
                     “the order of the universe”

—does he will
anything reversed?

            I look at my father:
as he drinks his way into garrulous, shaky
defensiveness, the debris of the past
is just debris—; whatever I reason, it is a desolation
to watch…

must I watch?
He will not change; he does not want to change;

every defeated gesture implies
the past is useless, irretrievable…
—I want to change: I want to stop fear’s subtle

guidance of my life—; but, how can I do that
if I am still
afraid of its source?

[Stile] Californiano

L’unica cosa che mi manca di Los Angeles

è l’Hollywood Freeway a mezzanotte, persiane abbassate e
la radio che strombazza
grav[it]ando nel centro preciso della città, la Capitol Tower
sulla destra, e al di là, Hollywood Boulevard
che avvampa

– papponi, robivecchi [spacci], impronte dei divi   

– [di]scendendo attraverso la città
                veloce quanto la legge [lo] permette 

attraverso le luci, poi risalendo [ai raccordi]
fuori città
[ai raccordi] dove i viali si [sono impilati su sei livelli]

             e tu sulla cima; l’aria
             [finalmente] pura, per un attimo priva di peso

                             senza memorie, [né]
                             la necessità di un passato.

La necessità di un passato

[è] così al centro della mia vita
che ho scritto questa poesia per registrarne la scoperta,
la riconciliazione.

             Fu a Bishop, la stanza
[di] [stile] lusso californiano: siamo andati alla caffetteria, ci hanno detto
[carne] puoi prenderla [ordinarla] solo al bar:
                                          ho esitato,
non desidera[vo] essere una [un’occasione di] tentazione per mio padre

ma lo desiderava lui, così siamo entrati

una stanza cupa, con bicchieri ambrati, tavoli
in noce, poltrone,
sottobicchieri in plastica, bassorilievi di ballerine in papier-mâché alla parete,
piattini tedeschi commemorativi “acquistati in un viaggio in Europa,”
puritana carta da parati [con motivi] di intrecciate linee verde-gialle,
ombre increspate, stivali
di cuoio– 

ho pensato a Cambridge

                   l’amabile [armoniosa] eleganza
                   dell’architettura della Rivoluzione, persino il        

surrogato [stile] georgiano dei Trenta

sembrava alieno, un avvertimento [pericolo], [un] segno
di tutto quello che non ero–

promette[re] ordine e lucidità

come un ideale, se non una realtà–

non questo lusso [stile] californiano, che

                           pure

non ero.

[E] Così mi sono fatto [uno della costa Est],
trovando[lo], dopotutto, [una cosa] più simile a me
di quanto avessi osato sperare. 

        E ora, fissando la faccia amareggiata di
        mio padre, 

[daccapo], per un paio di settimane, [come] un paio di volte l’anno,
           ero tornato [riportato indietro].

                      La cameriera ci ha chiesto se volessimo da bere [un bicchiere].
Cupamente, ho atteso finché [lui] ha detto di no…

Di fronte al tribunale del mondo sottoscrivo il seguente
documento:

         Nancy ce lo ha mostrato,
nel suo appartamento [modello][],
mentre aspettava mese dopo mese
la separazione dei beni [l’accordo di proprietà], i suoi figli cresciuti
e a lavoro per [con] il padre,
sola a cinquantatré anni,
un bicchiere in mano:

                     come disse mio padre,
“Le tengono un bicchiere in mano”

                                              Nom[inativo] Wallace du Bois
                                              Box No 128 Chino, Calif.[ornia]
                                              Data 25 luglio, 1954

Egr. Howard Arturian,
          Le sto scrivendo una lettera questo pomeriggio mentre sono
nell’umore di scrivere. Come va in queste perfette giornate, a me
tutto perfetto e mi sento in ottima forma non fosse per l’afa penso
sia molto più caldo di quanto non sia su da voi ma non mi colpisce
più di tanto. Mezza giornata lavoro in latteria e l’altra mezza vado
all’istituto tecnico Body & Fender, ora sto imparando a verniciare
auto ne ho già verniciata una e ora ne ho da verniciare un’altra. Perciò
penso avrò imparato tutto quello che volevo imparare una volta
imparato questo. So [come] rafforzare i metalli e tutto. Mi sono
dimenticato di salutar[La]. La ragione per cui Le scrivo è un lavoro,
il mio assistente sociale [ufficiale di sorveglianza] mi ha detto di avere
ricevuto una Sua lettera e che mi vorrebbe a lavorare per Lei. Perciò
vorrei sapere se è vero. Quando mi presenterò alla commissione
in febbraio dirò loro cosa vorrei fare e dove vorrei andare, perciò
se vuole che lavori per Lei preferirei che mi mandasse da suo fratello
John a Tonapah e un posto per stare con la mia famiglia. La Signora
ha detto la stessa cosa nella sua ultima lettera che sarebbe stata da
qualche altra parte e poi a Bishop, questo è il modo in cui mi sento
anch’io e un’altra cosa è il mio problema col bere. Ho deciso di smettere
di bere, dopo tutto quello che mi ha fatto e quanto è accaduto.
         Questa è una cosa che non dimenticherò mai finché vivo non
voglio mai più finire in un simile casino. Di sicuro tutto questo mi ha
insegnato molto [molte cose] che non avevo mai conosciuto prima.
Perciò Howard può farmelo sapere il prima possibile. Lo apprezzerei
enormemente [Certo saprei apprezzarlo].

P.S                                                      Dal suo amico
spero possa leggere i miei                      Wally Du Bois
scritti. Sono ancora un po’ ansioso

–Lui e sua moglie avevano organizzato una festa, e
uno degli invitati se ne stava andando
proprio mentre Wallace cominciava a scaldare la macchina.
Lo ha investito, quindi ha infilato il corpo sul sedile dietro
e ha guidato [fino] a una strada deserta. 
Qui lo ha scaricato di fronte le ruote, e
ci è passato sopra avanti e indietro diverse volte.

Quando uscì da Chino, [lo fece],
effettivamente, non fece mai più nulla del genere:
ma un bambino era morto, il suo unico figlio,
trovato insieme al resto della famiglia
immobili nei loro letti col tifo,
accanto alla madre, il bambino già
morto da due giorni: 

continuò a bere, e come fosse il Selvaggio West
sparò in città un paio di sabato sera. 

“Perciò penso avrò imparato tutto quello che volevo
imparare una volta imparato questo: di sicuro tutto questo mi ha insegnato molto [molte cose]
che non avevo mai conosciuto prima.
Sono ancora un po’ ansioso.”

Mi sembra[va]
uno stemma di [per] Bishop–

Perché osservando la stanza, mentre le cameriere nelle loro
[al]lisciate, parigine, ossigenate, gonfie acconciature
e cint[ur]e di plastica,
si muovevano avanti e indietro

ho pensato a Wallace, e
la stanza improvvisamente mi è sembrata
          per niente banale:

          erano identiche. Ogni piatto e ogni sedia

          aveva la sua [armonia] con

          tutte le scelte [originanti]

          queste [questo tipo di] persone, [originate]
 
          [da esse]–da me,

perché questa è la patria [] d’elezione di mio padre, la mia origine.

Prima, ero [stato] semplicemente ansioso, annoiato; adesso,
iniziavo a fare centinaia di domande…

Era, ovviamente, [in malafede], sapendo che ero annoiato,
sapendo di avermi trascinato quassù da Bakersfield

dopo un lustro [cinque anni]

in cui ero quasi riuscito a dimenticare [che] esistesse Bishop.

Ma ben presto si fece loquace[], ordinò un bicchiere,
e [si] sedette per
un pomeriggio di chiacchiere…

Gli piaceva Bishop: in qualche modo, era di suo gusto, questa
beona, chiassosa, città “visitata-dai-divi”.
“Meglio essere un grosso pesce in una piccola pozza.”

E lui lo era: quando venivano a girare un film,
li intratteneva; A–, che non indossava
niente sotto la sua pelliccia di visone; M–,
buon fantino, bravo a sparare[].

“Ma quando tua madre
mi ha lasciato” (per l’alcolismo e
l’infedeltà, [lo] aveva divorziato)
“e Los Angeles non poteva più dissetarci[],
ho dovuto andarmene.

Siamo stati i primi[le prime persone] a coltivare patate in questa valle.”

Quando [in]cominciò a dirmi
che aveva perso il controllo dell’attività
a causa dell’accordo [che aveva] concesso a mia madre,

perché lo avevo ascoltato
molte [innumerevoli] volte,

per vendetta, gli ho chiesto perché le persone quassù bevessero tanto. 

Ha esitato. “Per noia[Annoiate], credo.
–Non c’è molto da fare.”

E perché il marito di Nancy l’aveva lasciata?

Amareggiato, tutto ciò che disse fu:
“Le persone qua[ssù] bevono dannatamente troppo.”

E questo era [il sunto di] come l’esperienza
aveva for[/g]giato la sua vita.

“Perciò penso avrò imparato tutto quello che volevo
imparare una volta imparato questo: di sicuro tutto questo mi ha insegnato molto [molte cose]
che non avevo mai conosciuto prima.
Sono ancora un po’ ansioso.”

[Ep]Pure, come disse mia madre,
[ri]tornando, come sempre, al passato

“Non cambierei niente di tutto ciò.
Mi ha insegnato tanto. Gladys
è una creatura [tanto]così innocente: guardi la sua faccia
e in qualche modo è vuota, tutto ciò di cui si preoccupa
sono le vendite e il bambino.
suo marito è troppo [buono]!”

È [abbastanza] inutile chiamarla razionalizzazione:
mia madre, per ragioni incerte, aveva avuto il suo
abbocco[turno] con la follia, ma ha ragione:

il passato ci mutila,
[ci fa],
la fruizione[]
         è anche
distruzione:

                 Penso a Proust, morente
nella sua stanza in sughero[], perché si rifiutava di mangiare
perché pensava che non avrebbe potuto scrivere se mangiava
perché voleva scrivere, finire il suo romanzo

–il suo romanzo che riagguantava[] il passato, e
che razza di gioia, perché
tra i detriti
del passato, aveva trovato le fonti delle necessità

che lo avevano condotto a questa[quella] stanza, [a scrivere]

–in questa strana armonia, desiderava
fosse stata differente?

                 E non posso non pensare ai rimorsi di Edipo,

che tenta di scappare, di espiare il passato
accecandosi, e
poi[dopo], quando sta morendo, vede di essere diventato un genio[]

–vorrebbe, scoprendo, alla fine, questa crudele
coerenza creata da[ll’]      
                   “[l’]ordine dell’universo” 

–vorrebbe
niente invertito[di cambiato]?

              Guardo [a] mio padre:
mentre [si] beve la sua strada in una garrula, tremante
difensività[], i detriti del passato
sono solo detriti–; comunque [io] ragioni, è una desolazione
[da] guardare[lo]…

devo guardare?
Non cambierà; non vuole cambiare;

ogni sconfitta postura[gesto di sconfitta] implica
[che] il passato è inutile, irrecuperabile…
–Io voglio cambiare: voglio interrompere la subdola guida[]

della paura sulla mia vita[]–; ma come posso farlo
se sono ancora
spaventato della sua fonte[sorgente]?