Approfondimenti
Un caso di interferenza paterna.
L’indemoniato
Io ho una gattina nera, ma non per questo mi ritengo un indemoniato. Questa gattina dormiva acciambellata in un angolo di una strada di paese. La finestra della mia camera dava su questa strada. Era estate o primavera inoltrata. C’era un buon tepore notturno nell’aria. Io andavo a letto. Eppure più volte mi alzavo e dalla finestra controllavo che nessuno facesse del male alla gatta. Vivevo da solo. C’era anche qualcosa di siciliano nell’aria, qualcosa di solare, benché fosse notte.
A un certo punto, però, entra in scena mio padre. Io sono in piedi vicino alla finestra. Mio padre non dovrebbe essere lì, ma c’è. E mi accorgo che è preoccupato da questo mio vivere solitario. Con delle scuse mi si avvicina, mi accarezza, cerca di impormi le mani. Comincia a dirmi frasi strane, tipo: «Esci fuori!» Lo dice come se non parlasse a me ma a qualche entità dentro di me. Sono abbastanza offeso e innervosito da questa preoccupazione paterna, come ho già detto non mi ritengo un indemoniato e il fatto che mio padre cercasse di farmi un esorcismo lo trovavo irrispettoso, degradante. Ma mio padre non desisteva. E io cominciavo a vedermela brutta, perché era come avere a che fare con un pazzo, un invasato che mi gridava: «Esci fuori!» Avevo paura. Non tanto di essere posseduto, quanto di essere creduto tale, senza possibilità di difendermi, di dimostrare la mia estraneità alla possessione demoniaca. Insomma, ho temuto di essere sull’orlo di chissà quale pratica violenta per togliermi dalle spire del demonio, perché mio padre non mi mollava, mi prendeva per il collo e per i capelli: «Esci fuori! Esci fuori!» Ho pensato anche che stavo rischiando di essere internato in manicomio e che, di fronte all’autorità paterna, nessuno avrebbe creduto alla mia versione e tutti, invece, sarebbero stati a sentire mio padre. A quel punto, con uno sforzo notevole, ho gridato.
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