Approfondimenti
Un caso di ipertrofismo onirico.
Le mie notti non sono colorate. Nere come pece si allineano pesanti l’una accanto all’altra. Le ricordo tutte, anche quelle della prima infanzia. La mia memoria è carica di migliaia di sogni, tutti registrati e archiviati cronologicamente. Sono un prodigio, me lo hanno detto tutti: amici, medici che mi studiano come caso clinico, nipotini che incanto con i miei racconti onirici. Ma non me ne vanto, anzi, preferirei una condizione meno eccezionale che, però, mi consentisse di godermi la vita. Infatti, se non va perduto neanche un briciolo dei miei percorsi mentali notturni, non rammento quasi niente di ciò che vivo di giorno.
Sono in cura da un famoso psichiatra. Mi assicura che guarirò, anche se in tempi lunghi. Io non ci credo. Sono tentato, invece, di prestare fede alle parole di un vecchio zio, prete spretato e dedito alle arti medianiche. Afferma che la bilancia tra notte e giorno può forse trovare un equilibrio, ma che non è nelle mie capacità di essere umano agire per favorire il raggiungimento dello scopo. Quasi che creda nella dottrina della predestinazione, mi ha invitato a non sprecare il tempo in opere nella speranza di ottenere benefici. Devo piuttosto apprendere l’arte dell’attesa, l’indefessa pazienza, l’azzeramento del futuro. Il segno del cambiamento sarà – se ci sarà – una notte finalmente colorata, abbagliante, sfacciatamente verde come le mele di certe pubblicità di dentifrici.
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