Valeria Gentile. Come un’araba fenice. (Rosa Riggio)

Alcuni appunti, mentre viaggio tra le parole e trovo qualcosa che mi trattiene, su cui lo sguardo si posa. Questa volta è “Invece sono fuoco” di Valeria Gentile (Edizioni Ensemble, 2012). Reporter, viaggiatrice, ideatrice di Viagginversi, reportage itinerante sulle tracce di nuovi poeti.

Rintracciare ciò che transita, fermarlo, portarlo con sé. Trovare e ritrovarsi: è questa la cifra, il “carattere” e la voce di Valeria Gentile. “Poesia ritrovata”, che nasce in un luogo “altro”, la cui genesi è nel percorso di una “forestiera natia”, che porta con sé tutti gli odori e i sapori, ogni senso. Se la poesia avesse la possibilità di farsi annusare allora avrebbe l’odore della notte.

Senti l’odore? La notte
ci ha indovinati insieme
scoperti in silenzio mentre gridavi
poesie
dagli occhi

L’urlo “silenzioso” delle parole ha un ritmo lento, con cadenze, ripetizioni, come una nenia, un cullare del verso, con lunghezze e brevità alternate, che porta, ancora (ermetica memoria), la parola a isolarsi.

Cercami
Tra le vie nere
E strette
[…]
Cercami
Non ti fermare, desidera
Come qui nessuno sa più fare
E canta
Grida, strilla
sopra queste sorde valli

Si viaggia per rinascere, per rifare se stessi ogni volta. Occorre resistere all’esilio, alla costante viandanza che ci allontana.

Posseggo due stanze eppure nessuna
L’odore delle cose svanisce piano
Ogni giorno

Quasi estasi dannunziana, memoria dell’acqua e del fuoco, desiderio incontenibile di sollevarsi e volare in “Gocce”:

Gocce

Come semi
D’umida speranza, fresca
Scorrono su di me leggere
E risento l’acqua, ricordo

L’orizzonte i sogni le parole

E a un tratto l’aria
Mi spira a nuovo, viva
Dopo la miseria
Della terra e del fuoco
Torno a volare
Volare alto

Gocce

La poesia, per Valeria Gentile, è Materia e memoria, Musica nel silenzio, Liquida energia folle di forza. Scrigno che trattiene, perché domani / sarò già un’altra. In questi versi fluidi, senza punti fermi, la parola è “araba fenice” e raccoglie tutto, intero, il nostro essere smarriti, il nostro disordinato peregrinare, “lo spazio tra due dolori”.

Lo spazio tra due dolori

Lo spazio tra due dolori è una cicatrice fredda
Da truccare o abbellire con polvere d’oro
Da riscoprire piano quando arriva l’ora
Di partire

Guance rosse di luna
Notte nera che parla
La tua spada luccica e brilla e tu
Non puoi far altro che usarla
Gelida
Su di me

Lo spazio tra due dolori è una risata forte
Che inizia e finisce con un sospiro leggero
Scivola sulla pelle e brucia
Colpisce e sazia, senza remore

Il fuoco si avvicina
Dalla mia bocca a quella del silenzio
Palpita e brucia folle
Come le ore che mi separano
Dal mare

Lo spazio tra due dolori è questa notte insonne
Gli angoli delle pareti tacciono
Ma sembrano dirmi qualcosa
Di te e di me, della luce e dell’ombra
Di quanto è freddo il cielo
Se lo guardi troppo
Negli occhi

Rosa Riggio