William Wall, il cuore è un progetto aperto cablato per l’allarme, parte 2

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a cura di Elisa Audino 

[ea] Quel che colpisce nella tua scrittura è una sorta di sospensione, è come se tu osservassi sempre la realtà da una certa distanza, anche quando scrivi in prima persona. Ed è sintomatico che Crocetti abbia chiuso con un articolo dedicato a te – Tra lirica e impegno civile – il numero dedicato a Carl Sandburg – Un’immersione poetica nel reale.

VOLO, da Le notizie sono, Mobydick, 2012, trad. Adele D’Arcangelo

a Rui Zink

ho perso il volo
per via dell’allarme terroristico
che ha terrorizzato tutti

avevo in tasca del liquido
che pensavano
fosse esplosivo

solo lacrime artificiali
che ho iniziato a usare
perché scendono più facilmente

& con meno dolore
& mentre ero in attesa che le mie lacrime
venissero disinnescate

gli altri passeggeri si dicevano
chi mai poteva pensare di portarsi
lacrime in viaggio

durante la guerra del terrore
& dove pensavo di andare
& su chi le avrei versate

FLIGHT

for Rui Zink

I missed the flight
because of the terror alert
that has terrified everyone

I had some liquid in my pocket
that they thought
might be explosive

just the artificial tears
I have begun to use
because they come easier

& less painfully
& while I waited for my tears
to be decommissioned

the other passengers said
who would think of taking
tears on a journey

during the war on terror
& where did I think I was going
& who would I use them on

williamwall-foto

William Wall: Credo che sia una sorta di distanza ironica. In realtà l’ho imparato dall’ultimo Yeats, poi dai modernisti come Elliot e, strano a dirsi, dai Beats. Quella distanza mi ha permesso di illuminare sia la tragedia del quotidiano, sia la sua potenza, e allo stesso tempo mi permette di portare nel mio lavoro il mio personale senso dell’umorismo, il piacere per l’assurdo e l’amore per i giochi di parole. Anche quando mi inserisco nel quadro. Ad esempio, ho sofferto fin da piccolo della malattia di Still, ma ne ho scritto raramente. Un’eccezione è una poesia giovanile, ‘Q’, in cui immaginavo una persona, Quasimodo, che subisce vari interventi medici senza rinunciare mai alla sua irriverenza.

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