C’È DEL TONDELLI NEL CALVINO

a cura de I Mistici

Il Premio Calvino è da anni ormai un premio autorevole, probabilmente il più autorevole, nell’assegnare opportunità di pubblicazione agli scrittori esordienti.

Premio dunque atipico, perché spesso anche i segnalati del Calvino ricevono una proposta di pubblicazione.

Ma bandiamo le ciance.

Il penultimo (l’ultimo è stato assegnato pochi giorni fa) premio Calvino è stato pubblicato dalla fu benemerita Einaudi, col titolo (discutibile, non per moralismi di sorta, ma perché fatichiamo a trovare un legame con quanto narrato nel romanzo in questione: discorso che investe non solo il titolo, ma anche il disegno di copertina) di White people rape dogs.

Premettiamo che un premio come questo dovrebbe evidenziare eventuali novità stilistiche o di uso della lingua fra il panorama degli esordienti, ma se ci sono delle invenzioni in realtà sono dei calchi.

L’autore, Jacopo Iannuzzi, infatti si mette sulla scia di stilemi in particolare tipici dei romanzi italiani degli anni ’80 e ’90 – Tondelli, Brizzi – che obiettivamente sembrano superati e sorpassati da ambo i lati.

Non ci sono infatti ombre di novità linguistiche nel richiamo a uno slang giovanile che sembra appunto ricalcare stagioni dell’industria editoriale che mostrano i denti marci più del petto villoso.

Una scrittura che ci racconta il disagio (oddio, il disaggggio) dei giovani (oddio, i ggggiovani) che trascorrono il tempo sballandosi di droghe (sai che novità, direbbe qualcuno).

La storia infatti non esiste, essendo una cronaca in più tempi – sarebbe di fatti un mini collage di episodi, simile più a dei racconti circolari che un romanzo – di ventenni più o meno sdraiati come nel famigerato libello di Serra che si trastullano l’esistenza galleggiando nel più totale vuoto.

Ecco, se questo è il romanzo più innovativo fra i circa 800 che arrivano ogni anno al Calvino, noi non siamo ancora pronti, e iniziamo a partire con le macumbe non sia mai che a qualcuno venga l’idea di ricalcare prossimamente Moravia.