AFASIA

AFASIASilvia Comoglio, Anterem Edizioni – Cierre Grafica

Nota critica a cura di Armando Bertollo

Introducono il libro di Silvia Comoglio una serie di citazioni da “L’invenzione della poesia” di Jorge Luis Borges. Sono frasi perfette per preparare il lettore al particolare paesaggio linguistico che lo attende. Ne riporto un paio: “Ho nutrito spesso il sospetto che il significato fosse qualcosa di aggiunto in poesia. Dò per scontato che noi sentiamo la bellezza di una poesia prima ancora di pensare al suo significato.”; “L’enigma dovrebbe bastarci. Non abbiamo bisogno di decifrarlo. L’enigma è lì.”

Eccoci subito avvertiti che ci aspetta un viaggio misterioso e io aggiungo, avendolo già fatto, affascinante.

Se, -come suggerisce Borges- quando si incontra la poesia non c’è bisogno di risolvere il suo ‘enigma’, altresì può essere utile per il lettore avere qualche preliminare indicazione sullo specifico formale del testo, che ne favorisca l’approccio.

Dopo aver letto più volte il libro, ho scelto di concentrare la mia attenzione sul titolo, AFASIA, perché mi sono accorto che la parola AFASIA è qualcosa di più di un titolo. Con sorpresa ho notato che contiene in espresso-ristretto, come un cioccolatino al caffé, o come un dado da brodo, gli aromi fondamentali che si potranno gustare dispiegati nel libro.

Osserviamo innanzitutto la parola AFASIA come ‘cosa’, come un oggetto composto da varie parti, nel suo essere ‘significante’, cioè in linguistica, come contenitore di ‘significati’. Osservate e sentite: la parola A-FA-SI-A evidenzia un ritmo dato delle tre vocali ‘a’ ripetute in posizione iniziale, finale e mediana. La presenza del ritmo dato dalla ripetizione della vocale ‘a’, e proprio da questa vocale è già una prima importante indicazione su quello che ci attende nel libro. La lettera ‘a’ è la lettera iniziale, la lettera dell’emissione della voce. Si pronuncia dal passaggio in uscita dell’aria attraverso l’apertura della bocca. La lettera ‘a’ svela il cavo del suono, il luogo anatomico per lo più in ombra, da dove si ‘cava’ il suono. Nella poesia di Silvia Comoglio, vedremo, ma soprattutto, sentiremo, che la vocale ’a’ è un elemento caratterizzante, un ‘segno’ specifico, che ricorre spesso, sia come complemento (di mezzo, di modo, di qualità, ecc.) sia come prefisso -privativo, per esempio, come nella parola A-FASIA.

Qualche esempio, dove ho evidenziato graficamente la presenza ritmico-sonora della vocale ‘a’:

“ (ma): esile a silenzio è la terra tra-
boccata a cuore? “ (pag.13)

“Iddio d’amore pieno nell’ebbrezza
del lampo più profondo, del tempo,
a fiato misurato, in frammezzi, ciechi,
di parole : òrme venute in orizzonte,
a crisalide di fiore, a gemito che muove,
in luce residuata, la terra, svanita sotto ponte,
a conta di limpida radice” (pag.18)

E ancora:

“(…) a casa, a casa, bimbo mio,
a casa – nel sobborgo!

di rapa e marzapane : di buio
che c’è nel bosco a rapa ––
e mar-zapane” (pag.53)

Osserviamo ora il contenuto specifico di questa parola, ciò che significa. Leggiamo dal dizionario. AFASIA è un sostantivo femminile che in neurologia indica: ‘incapacità di esprimersi dovuta ad alterazione dei centri e delle vie nervose superiori’. Se questo primo significato sembra avere poco a che fare con la poesia, poi il dizionario ci offre anche un secondo significato. AFASIA, nel linguaggio della filosofia: per gli scettici antichi indicava ‘la sospensione di ogni giudizio sulla natura delle cose, derivata dalla inconoscibilità della realtà’. Ecco questo secondo significato sembra piuttosto interessante e pertinente per approcciare la poesia e i linguaggi artistici in genere. E mi spingo a supporre che questo significato sia proprio quello inteso dalla stessa Silvia Comoglio come riferibile alla poesia, alla particolare ‘natura’ della poesia: inaccessibile nella sua forma definitiva, nella sua forma ideale, inaccessibile nel suo senso ultimo.

A questo punto, un po’ come bambini curiosi di scoprire come è fatto il giocattolo che hanno tra le mani, entriamo da ‘allegri chirurghi’ dentro il ‘corpo’ di questa parola. Vediamo un po’… Ah, ecco, trovato: incorniciata tra le vocali ‘a’ iniziale e ‘a’ finale, notiamo la parola FASI.

Ritorniamo al nostro dizionario. Troviamo il termine ‘FASE’, sostantivo femminile: nel linguaggio astronomico è ‘il particolare aspetto mostrato dalla luna e da un pianeta che dipende dal suo moto nel sistema solare e dalla porzione che illuminata dal sole è visibile dalla terra’. Poi leggiamo una specificazione, FASI LUNARI: novilunio, primo quarto, ultimo quarto, plenilunio.

Poi ancora per FASE: ‘ciascuno dei movimenti caratteristici e differenziati di uno svolgimento continuo, di una lavorazione, ecc. ‘. Seguono ancora altri significati, ma già abbiamo trovato quello che ci serve.

Infatti se ora apriamo AFASIA alla pagina dell’indice, scopriamo che il libro è suddiviso in quattro parti, esattamente come le fasi lunari. E i titoli stessi delle sezioni, o capitoli, sembrano scelti in una sequenza che rispetta proprio le fasi della luna.

In dettaglio. Prima parte: AFASIA, novilunio, periodo di maggiore oscurità; seconda parte: ANTIMONDO, primo quarto lunare; terza parte: CHIAROVEGGENZA, ultimo quarto di luna; quarta parte: LUMINESCENZA, plenilunio.

Pertanto già il titolo, AFASIA, ci rivela e ci spiega, che in uno svolgimento definibile ‘a fasi’, sull’onda ritmica della vocale ’a’, la voce della poesia evocherà un ambiente notturno, lunare, misterioso, di interni ed esterni notte, per dirlo in termini cinematografici. Ci condurrà in un altrove dove la realtà che pensiamo di vedere e di vivere, in fondo, inconoscibile, ha molto a che fare con l’immaginazione, dove si vivono per frammenti il sogno, la fiaba, l’origine del pensiero e del linguaggio.

Ne consegue che la lingua della poesia di Silvia Comoglio è assimilabile ad un ‘flatus’ sonoro-ritmico-musicale, un ‘soffio’ vocale e vitale, -e sottolineo vitale-, di significanti, che attinge ai luoghi più profondi e intimi della memoria e della psiche, rivelando e testimoniando con arte e nell’arte quella dimensione originaria di ‘Alterità’, di grande mistero, di ignoto, che ci abita e che è la nostra sorgente.

Leggiamo qualche altro esempio:

“ Terra di leggenda a taglio germogliata,
La terra che ripara il tempo in sua fessura, in vor-
tice che bacia ore di cesura e il mondo, Della guancia!,
curvato in afasia, in punto, piccolo di pietra, fiorito,
in volo, come addio, come Sempre che si sghemba ––
in curve di nudi melograni virati in a-fasia – – – “
(pag.15)

Amotanto la luna frantumata a sponda di materia ––
l’acqua, dura al muro, di ombre ––
a pienezza trasparente: la notte, acuta di germoglio,
tesa a filo d’erba, medianico di mondo”
(pag.42)

Tanta attenzione al ritmo al suono e al significante potrebbe far intendere che la poesia di Silvia Comoglio viva il suo momento più significativo e performante nell’oralità, ma chi scrive non la pensa così, in quanto, come abbiamo già visto aprendo e rovistando nel titolo AFASIA, la poesia di Silvia Comoglio regala ulteriori suggestioni e aperture di significati attraverso la ricezione visiva, indugiante e silente, a bassa voce.

Caratteristica della scrittura di Silvia Comoglio è infatti un particolare uso dei segni tipografici di interpunzione e di punteggiatura: per dettare ritmi, per dettare tempi, per dettare pause di lettura. Questa caratteristica, che si è osservata ancora di più nei suoi libri precedenti, concorre a oggettivare e a dare corpo al testo. La scrittura aggiunge materialità alla voce. La scrittura è materia di per se silente, soggetta alla vista, e la poesia scritta, sulla pagina, esprime sempre, in modo più o meno consapevole, anche un’estetica visiva. La poesia moderna, a partire da Mallarmé, ha sviluppato in modo specifico anche questo aspetto visivo, tipografico, del testo. Questa caratteristica è maggiormente spiccata, – tralasciando ora gli sviluppi specifici noti meglio come poesia visiva, tecnologica e concreta, posti in aperta contrapposizione con la poesia lirica -, in quelle opere poetiche dove la lettura personale, come dicevo, a bassa voce, non toglie valore al testo, anzi, permette di visualizzarne tutta una serie di ulteriori significanti e significati latenti, sui quali la lettura ad alta voce è spesso costretta per ovvi motivi di sequenza temporale, a sorvolare. Per esempio la presenza di parole che possono assumere più significati; oppure la presenza di parole che contengono altre parole come già è stato evidenziato nel titolo che vi ho descritto. Queste ulteriori possibilità di significato possono essere colte e apprezzate solo da una lettura visiva e silente, che, non essendo vincolata dall’emissione della voce, può rallentare e sostare a piacere tra le righe e le parole. Questo poter cogliere senso e sensi dall’aspetto visivo del testo è per me un ulteriore valore aggiunto che il libro di Silvia Comoglio ci offre in larga misura.

Schio, ottobre 2022
 

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