Una casa sospesa a una stella

Alfonso Lentini su Scudo stellare di Alessandro Fo

«Una casa pensile in aria sospesa con funi a una stella»: questa strana frase che compare a sorpresa in una pagina dello Zibaldone leopardiano potrebbe adattarsi a rappresentare la scrittura poetica di Alessandro Fo. La sua poesia si regge infatti su un perfetto e quasi arcano equilibrio, quello di una scrittura complessa ma nello stesso tempo lieve, piena di riferimenti dotti, ma insieme “fluida e trasparente”[1], metricamente e linguisticamente elaborata, ma anche semplice e colloquiale (almeno in apparenza). Non è facile raggiungere un equilibrio così, ma Fo ci riesce da sempre, tenendo sospesa nell’aria la casa complessa della poesia con la sottile fune dei suoi versi. E ci riesce benissimo anche adesso in Scudo stellare[2], la plaquette di dodici poesie uscita in edizione limitata in 150 esemplari numerati nella collana “Omaggio a”, diretta da Franca Alaimo per la casa editrice ilglomerulodosale, dove l’attenzione di Fo verso le piccole cose, verso i “corpuscoli” che animano sia il cosmo che la quotidianità di noi umani, diventa tutt’uno con l’operazione editoriale, essendo l’esile volumetto impaginato con veste grafica di minuscola eleganza, arricchito da una breve (ma precisa e partecipe) nota di Franca Alaimo, e soprattutto impreziosito dalla splendida opera d’arte che, come un occhio ammiccante, galleggia piccolissima sotto il titolo della copertina: un disco policromo, uno “scudo stellare” disegnato da un bambino, potente arma di difesa di cui il poeta si appropria trasformandola in emblema (come viene svelato nell’ultima poesia della raccolta).

Attenzione – sembra dirci una minuscola voce proveniente dalla minuscola copertina – la migliore arma contro i mali del mondo sono le piccole cose, l’attenzione verso il minimo, il fragile, sia esso un disegnino, un bastone dimenticato in ospedale da un’ammalata, una suora sorpresa mentre parla al cellulare, «due ragazze scopertamente amanti», un mucchio di libri abbandonati per strada, una visita al cimitero, un’ombra.

Da Scudo stellare:

Eclissandomi

Camminando, osservavo la mia ombra.

Possibile, là dentro quelle forme,

stia il mio pensiero, l’essere, le cose

che sto facendo, che progetto, i giorni,

i dolori passati, i sentimenti?…

Una poesia di Hardy su un’eclissi

così riflette sull’ombra della terra

contro la luna…

Io sono la mia terra
e il marciapiede al sole è la mia luna.

 

Alfonso Lentini

[1] Franca Alaimo nella nota di retrocopertina della plaquette.

[2]  Alessandro Fo, Scudo stellare (con una nota di Franca Alaimo, edizioni ilglomerulodisale, Catania 2025).