Approfondimenti
LO STRAMPARLONE 5
a cura di Manuel Omar Triscari
LE OPERE E I GIORNI
Nel corso degli anni ‘60 Bohumil Hrabal divenne un autore famoso senza però ottenere il favore costante della censura; infatti, nella sua carriera si alternarono periodi in cui pubblicava a periodi in cui riempiva i cassetti. Anche i racconti contenuti nel volume “Pábitelé” spesso sono varianti meno problematiche e meno controverse (dal punto di vista del contenuto e dello stile) di testi scritti durante gli anni ‘50. Soprattutto il racconto “Jarmilka”, nato nel 1952 con il sottotitolo “Documento”, subì molti cambiamenti. A Hrabal è sempre rincresciuto che “Jarmilka” non fosse uscito nella forma e nel periodo in cui era stato scritto e anche per l’autore il testo, dopo tanti anni, aveva perso molto della sua forza [Hrabal1996: 135]. Sapendo ciò, può sorprendere il fatto che le traduzioni italiane di questi racconti si basassero sulle versioni ufficiali.
Del resto, fino all’edizione di “Una solitudine troppo rumorosa” (1987), le case editrici italiane pubblicavano solo libri di Hrabal usciti precedentemente in Cecoslovacchia. Pur essendoci fra i traduttori italiani di Hrabal alcuni amici e conoscenti dello scrittore, prima del 1987 non era stato pubblicato in Italia alcun suo libro proibito in Cecoslovacchia (non consideriamo qui il romanzo “Ho servito il re d’Inghilterra”, uscito in Italia nel 1986, che in Boemia era stato pubblicato in modo, per così dire, semiufficiale).
Il secondo libro di Hrabal pubblicato in Italia − la raccolta “Pábitelé” − esce nel 1973 con il titolo “Vuol vedere Praga d’oro?” e la traduttrice Hana Kubištová Casadei, quindi, evita la traduzione problematica del titolo ceco e lo sostituisce con il nome di un altro racconto della raccolta. La scelta può essere motivata dal fatto che Praga è un concetto che da un secolo attira il pubblico italiano. Mentre la Cecoslovacchia o più tardi la Repubblica Ceca sono per molti solo un paese dell’Est sconosciuto, la sua capitale è un mito, è magica, è d’oro, è un sogno. In più, proprio nell’anno 1973 esce “Praga magica” di Angelo Maria Ripellino [Ripellino1973], che cinque anni prima aveva curato l’edizione dell’opera “Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare” [Hrabal1968] tradotta in italiano da sua moglie Ela. Ciononostante, l’uscita del secondo libro di Hrabal passò quasi inosservata. Poco valse la popolarità di Praga e la personalità dello slavista Ripellino che si impegnava a promuovere la letteratura ceca in Italia. Nel caso di “Inserzione”, Ripellino, aiutato dalle circostanze, era riuscito ancora a provocare alcune reazioni dei critici e del pubblico. Era l’anno 1968, la Primavera di Praga e la successiva invasione sovietica destavano l’interesse del mondo occidentale e, in più, il film di Jiří Menzel “Ostře sledované vlaky” (“Treni strettamente sorvegliati”), girato secondo la prosa omonima di Hrabal, aveva vinto un Oscar. Cinque anni più tardi questo interesse si stava spegnendo.
La seconda raccolta di racconti ambientati nell’atmosfera aspra dello stalinismo non trovò molti lettori e anche il primo libro era ormai quasi dimenticato. Il Hrabal di questi racconti era probabilmente troppo ‘diverso’ per i lettori italiani, l’ambiente (spesso industriale) era troppo estraneo e il “realismo totale” (anche se moderato rispetto alle versioni originarie) troppo scioccante. Insomma, negli anni ‘70 né i fattori extraletterari, né quelli letterari furono favorevoli ai racconti di Hrabal in Italia. Del resto lo scrittore ceco ottenne fama solo con le prose più lunghe pubblicate durante gli anni ‘80, mentre i racconti rimangono ancora oggi delle letture abbastanza ostiche anche per gli ammiratori di Hrabal, che pure sono abituati a leggerlo.
A questo punto possiamo chiederci quale sia stato il ruolo della traduzione nell’insuccesso della raccolta “Pábitelé” in Italia. La qualità di una traduzione senza dubbio influisce sulla ricezione dell’opera e questa versione italiana è stata più volte criticata dai colleghi, il che, però, non necessariamente deve essere indicativo, visto che critiche severe tra i traduttori italiani di Hrabal sono purtroppo frequenti. Comunque, mentre la traduzione di Hana Kubištová Casadei continua a uscire presso le edizioni Guanda, i curatori delle “Opere scelte” di Hrabal hanno deciso di far ritradurre i testi della raccolta in questione. I “Pábitelé” sono quindi tra i cinque libri che, pur essendo già stati pubblicati in Italia, appaiono nel volume con una traduzione completamente nuova. Del resto, i curatori affermano che tutte le traduzioni per le “Opere scelte” sono state rivedute, corrette e, in un certo senso, unificate da loro in base all’edizione ceca “Sebrané spisy Bohumila Hrabala” (Hrabal1991-1997).
Secondo Corduas si è cercato di rispettare le molte ‘stranezze’ dello stile di Hrabal, ma anche di lasciare spazio alle scelte specifiche dei singoli traduttori [Hrabal2003: cxlvii-cxlix]. La traduzione della raccolta è di Barbara Zane. A parte il racconto “Jarmilka”, di cui si è già parlato e che nelle “Opere scelte” appare nella versione del 1952, si tratta praticamente di una nuova traduzione delle stesse versioni dei testi pubblicate nel 1964 in Cecoslovacchia e nel 1973 in Italia. Il racconto “Pábitelé” è stato probabilmente il primo testo di Hrabal tradotto in italiano. Nel 1966 è uscito a Praga, insieme ad altri sei racconti di vari autori cechi, nella traduzione di Luciano Antonetti e sotto il titolo “Una boccata d’aria fresca” [Hrabal1966: 47–59]. Secondo Ripellino la casa editrice Orbis rese <<un cattivo servizio alla cultura del proprio paese *** stampando questi “Sette racconti per i giorni feriali” in barcollanti versioni italiane, che danno purtroppo l’immagine di un’assonnata sottoprefettura letteraria, non d’una letteratura frastagliata, molteplice, smaniosa di esperimenti, qual è oggi quella cecoslovacca>> [Ripellino19666: 179–181]. Più tardi, la traduzione di Antonetti è stata rivista dal traduttore e ripubblicata nella rivista Micromega, con il titolo “Pábitelé” [Hrabal1989: 19–28].
Lasciando però da parte questa versione meno diffusa, ci occuperemo soltanto delle due traduzioni uscite in volume: di quella di Hana Kubištová Casadei (di madrelingua ceca) del 1973 e di quella di Barbara Zane (di madrelingua italiana), pubblicata trent’anni più tardi. Continua […]
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