Approfondimenti
LO STRAMPARLONE 6
a cura di Manuel Omar Triscari
LE OPERE E I GIORNI
Nella prassi traduttoria degli ultimi decenni, si ricorre quasi esclusivamente alla traduzione ‘fedele’, ossia, nella terminologia di Pelán [Pelàn2007: 506–516], conforme all’originale.
Ciò significa che il contenuto dell’opera non viene adattato agli schemi sociali e culturali e letterari del paese di arrivo.
D’altra parte tradurre fedelmente non significa “alla lettera”: il traduttore deve rispettare le diversità della lingua in cui traduce, cercando di mantenere allo stesso tempo l’originalità dello scrittore. Anche se il traduttore ha, senza dubbio, il diritto ad una certa libertà creativa, lo scrittore deve rimanere l’autorità suprema. Sembra che entrambe le traduttrici del racconto “Pábitelé” si siano poste gli obiettivi appena menzionati. Conservano l’ambientazione e i nomi propri dell’originale e tendono a riprodurre abbastanza fedelmente il testo del racconto cercando di trasferirlo in un italiano naturale e scorrevole.
Mettiamo ora a confronto le due traduzioni e le specificità dell’originale soffermandoci su alcuni casi trattati dalle traduttrici in maniera diversa. Come è già stato detto, il testo del racconto ufficialmente pubblicato in Cecoslovacchia è un ‘compromesso’ tra l’originalità dell’autore e le richieste degli editori e in questo senso si avvicina al racconto tradizionale, soprattutto sotto gli aspetti formali. Così il testo è strutturato in paragrafi, il discorso diretto è indicato dalle virgolette, la punteggiatura è stata relativamente normalizzata rispetto ai testi degli anni ‘50. D’altra parte, il testo si discosta ancora molto dalle norme codificate del ceco scritto. Hrabal ha più volte ripetuto che voleva trascrivere i discorsi della gente e registrare così la realtà. Definire “colloquiale” lo stile di Hrabal sarebbe tuttavia insufficiente. Si tratta di una registrazione del parlato solo in apparenza, in realtà si tratta di un linguaggio letterario altamente stratificato ed elaborato in cui ogni parola e ogni virgola svolgono una funzione precisa. Nei testi di Hrabal si alternano e mescolano vari registri (dal parlato al poetico) e il lessico è ricco e variegato. Hrabal usa molti neologismi e forme inconsuete di varie parole, diminutivi, parole gergali, termini tecnici, parole di origine tedesca ecc. Dal punto di vista del traduttore, il lessico crea uno dei problemi principali e richiede lunghe ore di ricerca di equivalenti appropriati (se non addirittura del significato stesso della parola ceca).
Comunque, la questione dei registri e dell’oralità è probabilmente ancora più problematica. La patina di lingua colloquiale che pervade il testo di Hrabal, costituita soprattutto dall’impiego del cosiddetto “eco comune” (obecná čeština), è un osso duro per un traduttore. Il ceco comune è una koiné sovraregionale del ceco parlata praticamente in tutta la Boemia e in una parte della Moravia. Il traduttore italiano, non avendo a disposizione un mezzo simile che non sia regionale, trova molto difficile esprimere l’oralità della prosa hrabaliana.
Nel corso degli anni ‘60 Hrabal, che gode di maggiore stima e libertà, scrive poco ed attinge le proprie idee da scritti precedenti rielaborati. Nel 1965 esce “Treni strettamente sorvegliati” [Hrabal1982], il più famoso e tradotto dei suoi libri, con una tiratura di ventimila copie da cui nel 1966 il giovane regista Jiří Menzel trasse l’opera omonima che vinse l’Oscar per il miglior film straniero nel 1967. Il 1965 è anche l’anno della raccolta di racconti “Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare” [Hrabal1968] e anche per quest’opera l’accoglienza è più che positiva. Del 1968 è il volume di prose miscellanee “Sanguinose ballate e miracolose leggende” [Hrabal1998].
Con l’invasione della Cecoslovacchia da parte degli eserciti del patto di Varsavia, il 21 Agosto del 1968, viene stroncata la Primavera di Praga e inizia per il paese il periodo di declino culturale che coincise con la storia politica di quel paese durante i grigi anni ‘70, durante i quali la tendenza politica più conservatrice e ideologicamente normalizzante invade anche i settori più indipendenti del panorama culturale ceco del decennio; la censura si rinvigorisce e gli intellettuali dissenzienti si vedono costretti all’esilio. Anche Bohumil Hrabal, pur avendo goduto di molto successo e molta fama, è ridotto al silenzio. Ma non fugge: al contrario, scrive disperatamente. È infatti, questo, il periodo del “Manuale di un apprendista stramparlone” [Hrabal2003: 1369-1481], scritto nell’Estate del 1970, come di “La tonsura”, “Ho servito il re d’Inghilterra” [Hrabal1986], “Una solitudine troppo rumorosa”, “La cittadina dove il tempo si è fermato” e “Un tenero barbaro” [Hrabal2003]. Nel 1976 conclude “Una solitudine troppo rumorosa”, pubblicata, come molte altre sue opere, in edizione clandestina e dunque di limitata circolazione.
A metà degli anni ‘80 inizia a comporre la trilogia ‘autobiografica’ composta da “Nozze in casa” del 1984 [Hrabal1992], “Vita nuova” [Hrabal2003] e “Proluky” (“Squarci”, non tradotto in italiano) del 1985.
Nel 1988 è in Italia per ricevere il premio letterario “Isola d’Elba – Raffaello Brignetti” assegnatogli per “Una solitudine troppo rumorosa”. Nel Marzo del 1989 intraprende un viaggio a scopi promozionali negli Stati Uniti d’America. In seguito alla caduta del regime totalitario nel novembre del 1989, la sua opera più famosa e celebrata (all’estero) viene stampata in edizione ufficiale anche nel paese dello scrittore. I riconoscimenti aumentano divenendo numerosi e viene anche avanzata la proposta per la candidatura al Nobel.
Nell’autunno del 1992 è nuovamente in Italia per la cerimonia di conferimento del premio letterario “Mondello” per l’opera “Uragano di Novembre” [Hrabal1991]. È del 1995 il suo ultimo testo, “Video delirante”, e nello stesso anno si attesta in Torino per il ritiro del premio letterario “Grinzane-Cavour” (sezione internazionale “Una Vita Per La Letteratura”). Il 9 Maggio del 1996 è invece a Padova per partecipare alla cerimonia di consegna della laurea ad honorem in Lettere conferitagli dall’Università della città.
Progressivamente si aggrava l’artrosi che già da tempo lo tortura e che nel dicembre dello stesso anno lo costringerà al ricovero nell’ospedale praghese Bulovka, dove, il 2 Febbraio del 1997 si lancerà dalla finestra della sua camera al quinto piano dell’ospedale. La versione ufficiale rilasciata dalle autorità è, tuttavia, quella dell’incidente, secondo la quale lo scrittore sarebbe accidentalmente dal cornicione dell’ospedale dopo essersi eccessivamente sporto per sfamare alcuni piccioni che sostavano sul davanzale. L’atto di coraggiosa audacia di questo spirito libero è stato messo in dubbio ed edulcorato dalle autorità come una sorta di accidentale assurdità ma Bohumil Hrabal non è perito tragicamente: il suo è stato un gesto volantario e volontaristico. Tragica è, semmai, la censura a cui fu sottoposta la sua biografia dopo i lunghi anni di censura e indifferenza subita dalla sua opera e, tacitamente, dal nostro autore.
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