Appunti per un film sul femminile

Il maschile è uno stato di comodità, un Io, per il quotidiano degli stronzi e delle stronze. Anzi delle stronze e degli stronzi, scusate la scorrettezza politica. Nella morte si è femminili, o froci. Il frocio è la trasgressione del maschile, cioè gli è subordinato. Il femminile è la dignità del morire liberi da sé.

Amo perdutamente l’uno per cento dell’umanità. Il che, più o meno, vuol dire che amo perdutamente 70 milioni di individui. Troppi, lo so. Comunque, perlomeno, in questi 70 milioni non c’è nemmeno un maschio maschile. (I froci sono maschi maschili nella loro subordinazione al virilismo, non confondetevi).

Il femminile è ciò che donne e uomini non riescono a portarsi nel cesso della loro vita.

Il femminile è il sovrapensiero del morto.

Il femminile è la Madonna che dona a Dio la morte, cioè una carezza a turbare la sua perfezione.

Il femminile è l’assenza di mondo che custodisco in me. Come una lacrima è il ricordo di un’amnesia.
Io sono il femminile in cui mi assento.

Solo nel femminile vi è nudità, e solo nudità è il femminile: oggetto a oggetto, in un amare puro, gli amati senza soggetto. Il soggetto è fuori. Lontano l’imperatore.

La donna, al pari dell’uomo, è una figura sociale. Il femminile è fuori dalla società e fuori dal mondo. Quindi è fuori della donna. Il femminile è una disattenzione fatale.

Il femminile è la sfigurazione dell’ homo conatus (e son cazzi miei e di nessun altro, sono cioè, davvero, cazzi universali).

Il femminile è il miracolo da cui ho bisogno d’essere creduto.

Il femminile è un atto desiderante. Ma il desiderio non è un moto a luogo, ma uno stato fuori luogo.