ARMATE DI VENTAGLIO, OLTRE L’ULTIMO DEI TABÚ

Altro che lotta per conquistare il maschietto più agognato, altro che duelli all’ultimo tacco per il golfino viola in saldo che sai già che non indosserai mai, però è carino e costa così poco che vale la pena sgomitare a destra e a manca per accaparrarselo. La vera guerra all’ultimo ormone si combatte in una stanza, generalmente nella stagione più gelida, laddove la popolazione che la abita sia a grande maggioranza femminile, e di età diverse. Sì, certo, è una grossolana generalizzazione, ma fateci caso: le fanciulle in fiore, con sciarpe e maglioni addosso, tutte tremanti che invocano di sigillare persino gli spifferi che produce la fotocopiatrice quando si usa, le ultra quarantenni e le cinquantenni conclamate in maniche corte, invece, sventolando all’occorrenza fogli ‒ e alcune anche ventagli ereditati da nonne e prozie ‒, che cercano di fare corrente aprendo porta e finestre in contemporanea, ma solo un attimo eh, poi chiudiamo. Il tunnel si imbocca piano piano, e quando ti ci ritrovi dentro scopri all’improvviso che il tuo corpo, così come l’avevi conosciuto fino a quel momento, è impazzito, fuori controllo proprio, e i sudori immotivati, le ondate di caldo che ti assalgono di notte e di giorno a tradimento sono solo uno dei segnali che indicano la direzione verso cui ti muovi: il paese della menopausa, mia cara, l’ultimo dei tabù, la meta senza ritorno a cui approdiamo tutte prima o poi, inesorabilmente, a testa tinta e con passo mesto di pianella. O almeno così è sempre stato, prima dell’avvento di una nuova era, in cui anche tale aspetto dell’esistenza è ormai regolato dalla nostra giovanile volontà, che in nome di presunti benefici alla salute, e con l’aiuto di terapie ad hoc sempre più potenti e mirate, sposta le lancette oltre il tempo massimo stabilito da madre natura.

È interessante notare come da qualche anno a questa parte il tema “menopausa” non sia più solo argomento di conversazione timida tra donne coetanee che si suggeriscono a vicenda l’integratore efficace per sopravvivere a questa fase di transizione piuttosto fastidiosa, o di medici alle prese con corsi accelerati di ginecologia alle pazienti di mezza età sull’orlo di una crisi di nervi. Un po’ dovunque, dalla carta stampata alla tv, fino alle lande vivacissime della Rete, è facile incontrare interviste ad attrici e ad altre figure al centro dei riflettori, che si lasciano andare a dichiarazioni di vario segno in merito alla propria menopausa. L’ultima star italica che ne ha parlato è l’attrice Monica Bellucci, considerata una delle donne più affascinanti al mondo. Senza mezze misure l’attrice afferma che “la menopausa non è una malattia, è una liberazione. […] Di negativo c’è, semmai, la visione distorta che la società moderna ha inculcato in noi donne. Ci ha presentato la menopausa come la fine: della donna, della sua bellezza, della sua vita sessuale. Per cui per anni, la menopausa è stata una fase da vivere con vergogna, da non sbandierare. L’unica fine che si ha davvero, invece, è quella del ciclo ormonale. Che avviene in maniera naturale. E in natura nulla muore davvero o si distrugge, ma tutto si trasforma. E soprattutto ogni ciclo ha la sua importanza e utilità.”

Ma c’è pure chi si è spinta oltre, come Meg Matthews, imprenditrice, stilista, discografica, ex bad girl icona di stile negli anni Novanta, per un certo periodo anche consorte di Noel Gallagher degli Oasis. La donna racconta di aver sofferto per più di un anno di sintomi devastanti e inspiegabili, che hanno messo a dura prova il suo equilibrio: “soffrivo di fobia sociale, ero ingrassata di quindici chili e la mia autostima era ormai a pezzi, ma avevo il terrore di parlarne. Mi sentivo completamente vuota”. Dopo una serie di esami e di visite mediche scopre che tutto quanto è riconducibile alla menopausa, un fenomeno del tutto naturale, certo, ma di cui fino a quel momento non sapeva nulla, al punto da essersi trovata assolutamente impreparata a gestire i cambiamenti sopraggiunti. “Non è un tema su cui si discute liberamente. È un argomento ancora tabù in tutto il mondo, spesso bersaglio di scherzi e battute ironiche”. Per ovviare a questa mancanza di informazioni e per superare i pregiudizi che gravano ancora su questa fase della vita delle donne, Meg ha istituito un sito internet molto popolare, MegsMenopause.com, fonte di informazioni e consigli, oltre che di video clip ironici, e lo scorso maggio ha organizzato a Londra la prima conferenza interamente dedicata all’argomento, con il contributo di esperti mondiali.

Lasciando da parte le questioni prettamente mediche, un ginepraio di punti vista differenti, avallati da risultati di ricerche che si contraddicono a vicenda, bisogna ammetterlo, per cui c’è la fazione del “sì alle terapie ormonali sostitutive, non ci sono pericoli”, e quella del “meglio evitarle, ci sono effetti collaterali importanti”, è interessante analizzare quanto il nostro immaginario sia influenzato da ataviche paure legate all’infertilità e alla perdita di avvenenza, come se l’ora x, peraltro preannunciata da un lungo stage che si chiama premenopausa, ci costringesse a guardaci in uno specchio deformato da rughe, grasso sulla pancia, e diciamolo senza vergogna, vagine rinsecchite incapaci di qualsiasi accoglienza, e tutto il resto di noi prendesse a non avere più rilievo. Di più, come se davvero gli ormoni potessero cambiare oltre al nostro aspetto fisico anche la nostra essenza più profonda.

Ragazze mie (ragazze per sempre!), ma sul serio noi siamo così in balìa dei nostri ormoni da non riconoscerci più al loro drastico variare? Le rughe, la pancetta, i capelli ingrigiti sono un colpo al cuore della nostra autostima, è vero, è difficile invecchiare, ma io mi chiedo: perché vogliamo conservare pelle di pesca e vita sottile? E soprattutto per chi? Un’amica una volta mi ha detto preoccupata: “come cambierà la nostra vita quando nessuno ci guarderà più con desiderio? Quando saremo invisibili?”. Questa prospettiva in un primo momento mi è sembrata orribile, poi ho pensato a una liberazione, cioè non doversi più preoccupare dello sguardo altrui permette di concentrare un sacco di energie altrove, mi son detta, lontano da sé. In ultimo, ho finito con l’arrabbiarmi, perché mi è parso che queste paure rivelassero quanto il discorso sulla menopausa sia solo in minima parte incentrato sulla salute delle donne, e quanto invece sia ancora frutto della solita narrazione che vede il corpo femminile al centro di un dibattito in cui è l’oggetto, non il soggetto della storia, che finisce ‒ male ‒ nel punto preciso in cui il maschio perde interesse e desiderio o non può agirlo nei modi e nei tempi che vuole.

Mi chiedo perché ogni aspetto legato al corpo delle donne finisca per essere problematizzato, quando non proprio medicalizzato, e messo sempre in relazione di dipendenza con i desideri altrui e con un’idea di efficienza e avvenenza del tutto irraggiungibili, che purtroppo noi donne abbiamo introiettato. Ecco allora che “menopausa” fa rima con una serie di angosce che crescono nell’humus della relazione con l’altro sesso e con il mondo circostante, più che con se stesse. Un corpo sotto controllo, tenuto sempre dentro certi paletti, è questo che ci viene richiesto?
Non so voi, ma io, insieme al ventaglio di emergenza, vorrei portare con me, in questo percorso a ostacoli che ci aspetta tutte, anche la consapevolezza di essere qualcosa di più dei miei ormoni, e quando mi congederò da loro vorrei sentirmi diversa, non meno di prima, semplicemente oltre.

Margherita M.