“Che io non voglia mai chiederti amore” Lisa Orlando

Qui stava il torto, qui l’inveterato errore:
credere che d’altro non vi fosse acquisto che d’amore.
Oh le frotte di maschere giulive
oh le comitive musicanti nei quartieri gentili…
Alla notte altre musiche rimanda
la terrazza più alta e di nuovo fiorita
si dilunga la strada fuori porta?
Ma venga, a ora tarda, venga un’ora
di vero fuoco un’ora tra me e voi,
ma scoppi infine la sacrosanta rissa,
maschere, e i vostri fini giochi
di deturpato amore: nell’esatto
modo mio di non dovuto
amore e dissipato, gente, vi brucerò.
                                                                (Vittorio Sereni)

Del “non dovuto amore e dissipato” scrive Vittorio Sereni, recitando al contrario la qualità costitutiva dell’amore (miseramente umano) che sprofonda su tutta la terra. Ché l’amore (quello vero? quello sottratto al marchio del falso?) non è dovuto, ma è offerta, e non chiede ricompense: è amore a vuoto; è amore dissipato.
 

Tuttavia, se se ci forniamo della chiave di lettura di Simone Weil riguardo una delle leggi universali dell’anima (“ogni volta che esce qualcosa da noi abbiamo assoluto bisogno che rientri in noi almeno l’equivalente, e siccome ne abbiamo bisogno crediamo di averne diritto”), ben comprendiamo perché l’amore umano sia deturpato, imperfetto come brocca d’argilla che bisogni di levigatura. Le creature umane, se danno amore, pur lo esigono, e nella stessa misura in cui lo danno.
 

(Direbbe Simone Weil), l’amore quale offerta – dissipata – si renderà possibile solo con la rinuncia dell’io, ovvero con la sopportazione di vuoto e squilibrio. Ma come possono gli uomini, sottoposti a istinto di conservazione ed espansione, ridursi nell’io? (Ancora, direbbe la filosofa francese), con uno sforzo soprannaturale. E’ con tale sforzo che si fa: amore non dovuto; amore dissipato. “Che io non voglia mai chiederti amore” scrive in altro modo, e più sublime, Cristina Campo.

Ma, quasi sempre, per miserabili meccaniche umane, l’amore è camuffamento d’amore: non offerta, ma (da sotto terra prorompe) deliberata richiesta! L’amore è qui, in terra, strumento attraverso cui la creatura umana corseggia senza riposo per differirsi lo spettro. Per questo l’amore è antropofago? “Noi amiamo da cannibali” (sempre Weil), “noi amiamo l’altro non in quanto fame, ma in quanto nutrimento”. L’altro è cibo – per conservarci ed espanderci.
 

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Amore dissipato, amore quale puro amore, dunque, può offrirsi all’altro, ma solo per brevi istanti; Vittorio Sereni, tuttavia, pare non essere consapevole della condizione di eccezionalità dell’amore gratuito. Ché se lo avesse saputo (immagino), non sarebbe stato così sferzante nello smascherare il non-amore degli uomini e, soprattutto, non avrebbe mai potuto dire “nell’esatto modo ‘mio’ di non dovuto amore e dissipato”, come se lui avesse avuto privilegio di vivere in una rarità di cielo e avesse potuto sempre in tal modo amare.

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Scrive, invece, Cristina Campo: “Fosse ciascun amante assorto solo nel proprio amore, dolcemente incurante dei sentimenti dell’altro […] Nessun amore avrebbe fine mai. Che io non voglia mai chiederti amore…”.

(Fosse ciascun amante…), in quell’attacco al condizionale non v’è livore alcuno da parte di Cristina Campo, ma solo amarezza, profonda, di chi è consapevole dell’eccezionalità di quello stato e dell’assoluta consuetudine delle peggiori meschinerie umane, comprese le proprie, di cui non ci si deve sorprendere più di quanto non ci si sorprenda di non vedere gli uomini camminare sui laghi; e, nondimeno, la vocazione dell’uomo è: camminare sui laghi. È amare senza mai chiedere amore.

 

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