Chi ce l’ha più lungo vince

Il libro di poisìa, naturalmente

Più lungo y organico, più corto y potente. Più innovativo, più dicrepito. Che risponde à la norma, che risponde à la marisa. Di frontiera, clandistino. Partigiano, tidèsco. E così via in tanti dicotomie di posibilità. Per ogni tipo di poisìa, per ogni gusto di giuria, isisti un premio: nazionali y locali, famoso y chi non te conosci nisùno, con premii in dinaro y con calci nil culo (più l’agiunta di libro omagi y targhetta cilebratìva).
Potremo andari avanti per oposizioni riempiendo la pagina senza diri niente di interesànte, ma non è questa la mia intenzione. Oggi, infatti, ci è molto eccomi da dire. Il tema è controverso e afascinanti*, come avete capito si parla dìl concorso di poisìa.
[*afascinanti: comi soriso di Gad Lerner al tramonto]

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Il concorso di poisìa è quel posto fisico (ma chi rimani virtuale nel caso chi non vinci un tubo) dovi i tuoi libri stampati o i testi chi tu vuoi publicari rischia di finire, si non stai atènto. Ci vuoli un atìmo. Basti un pomerìgi di noia, siduto in casa a bevi camomìla y pensa à li cose del mondo senza slancio vitale, chi tu facilmente decidi Ma si, sai chi cosa c’è? Io lo mando a questo concorso, meo libro. Tanto non ci è nulla da perdere*. E alòra tu te togli lì pantofole copri il pigiama con un giubòto lungo di pèle e faticosamente esci a comprari i francobòli la carta i bilietti piovi apri l’ombrelo si rompi l’ombrelo ti ràbi y poi arivi e devi compilare y mèti ne la busta y ti rompi i maroni fai la fila à l’ufficio postale mandi il pàco à la fine torni à casa con machina e pigiama bagnato coperto da giuboto di pelle e bestèmi tre volte.

 

[*nulla da perdere= fata eceziòni per il setànta euro che ti chiedi per iscrizione. Se ci devi pagari li bolèti, con i questi setànta euro, sapi chi una volta si dormivi al frèdo y non moriva ni suno. Credo. Pir il fredo, almeno. Ma nol sono sicura. Comunqui decidi di faci un sacrificio y usa i setànta euro. Sei bravo, infòndo tuo libro somilia a Guera y Pace. Anzi no, a Cime Tempestose, somilia. A Osi di Sepia, si, anche a Osi di Sepia. A tuti y tre mesi insieme, come Padri Filio y Spirito Santo. Sei bravo davèro, amico]

 

Successo quel che doveva sucèdere, tornato a casa. Nol sei stato atènto? O puri, diciamo la verità, erano due ani chi volevi fare questa cosa. L’hai fàta. L’hai fata tuta? Sicuro? Spingi bene, Luigi, fala tuta chi poi dobiamo caminare per andare à l’asilo. Gigi spingi, su, obidìsci. Pulisci bene. Bravo Gigi, te facio i miei gratulaziòne: sei uficialmente iscritto àil concorso di poisìa Castèlo di Duino, aìl Agape Natale, aìl premio literàrio Elio Pecora, y anche aìl concorso nazionali Un amico pir l’inverno. Chi, dèto tradì noi*, non faci mai male averi un amico.

 

[*noi si intendi varie fonti: Johnny Dorelli (Agiungi un posto a tavola chi c’è un amico in più), Antonèlo Vinditti (Ci vorèbi un amico/pir poterti dimenticare) Lucio Batìsti (Ho scelto te una dòna pir amico) sempri Lucio ma Dàla (caro amico ti scrivo) Rinàto Zero (Amico è bèlo amico è tuto)]

Naturalmente, ài veri concorsi, quèli dipiù grandi y famosi, tu non avrai àcesso in questo modo. Con tutto il rispetto – ma anche con metà, che tutto è troppo – si pensi di vincere il Premio Strega con il tuo libro pir catechismo “Io sono con voi” hai fato male i tuoi conti con la vita. Ma chi sono io per diri di queste cose? Una badanti chi prendi milli e centocinqui euro aìl mese. Però, ad èsi sinceri, io nol pago il riscaldamento, quindi i conti non lì ho fati molto mali. Ni meno il cibo pago, se dibìmo dire il vero. Alòra la vera domanda potrèbi esi: quali è il guadagno nèto di una badanti in Italia? Con questa questioni interesanti usciremo da l’argomento principale e potremo creare il rischio di controlli finanziari à tapèto sudì poveri anziani chi pagano in ner… Ma torniamo à i concorsi di poisìa.
Dicevo: si bene io ho scritto diversi poisìa, ne li ultimi àni, mentrichè anziano dormiva con la bòca aperta sudilà sedia dila veranda, o mentrichè anziano guardava Maurizio di Costanzo à la telivisione ai volume 43, o mentre ci siamo capiti, èco, nonostanti ciò debo dire chi non ho mai mandato niente adì un concorso. Il motivo di non avere mai mandato è anchi l’argomentazioni principali di questo articolo, e comincia qui diseguito aìl sètimo paragrafo.


Zia Ana Petrova, sempre, quando ero pìcola, mi racontàvi alcune storia di quando lei ha vissuto tre ani in America, al seguito di suo marito. Lo zio Iosif, che di profesioni faceva l’agronomo, era in fatti stato mandato a lavorare nilà regioni dìl Midwest: così loro aveva traversato i vissuto in vari stati – Illinois, Indiana, Ohio, Wisconsin – e aveva imparati un po’ di lingua, cultura, usanza y modo di vita americani. La zia Ana, che psempri era rimasta fidele àla sua terra, pèna che potuto lei aveva fàto di ritorno a casa, a Dąbrowa Białostocka.

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Per tanti àni suoi raconti americani me avevano traversato la mente duranti i pranzi di domeniche di sole a Dąbrowa. Più di tutti questo che ora io vi vieni a ripetere.

 

(Divagazioni – o “excursus” chi dici la redazione è più elegante)

Li americàni” – era solita racontàri zia Ana – “erano genti chi amavano mangiari. Ancora più chedì mangiare, solo una cosa amavano gli americani, ed era la compitizioni. Di machina, di motociclèti, di modèle giovani vechie e di bambine, di cani, di gàti, di animali di tuti i tipi, perfino di ortàgi. In alcuni paesi dìl Winsconsis i contadini facivano la gara a chi ci aveva il cetriolo o la zucchina più grande, nèil mese di màggio. In altri paèsi si faceva una sfilata di mucchi da latte: chi ci aveva la mucca più grassa, vinci. In altri paesi, era lo stesso con i pòlli di alevamento. Ogni momento de l’anno era buono pir una sana, pitoresca competizioni, e io tuttavia sognavo de retornari àil nostroDąbrowa Białostocka, tranquillo e riservato, senza tetta di mucca, senza gamba di pòlo, senza righello per misurare il cetriolo”. “Svetlana” – me diceva sempre la zia Ana – “nol so come fari a spiegare: era come una speci di i n q u i e t u d i n i chi permeava le mie giornate, quèlla in America, y ancora ògi io nol ti so dare una spiegazioni…

Eco ora che il racònto di zia Ana mi torna in mente potente e mi aiuta à dari una spiegazione, in qualche modo, àil problema di concorsi di poesia. 

Una bella racolta di poisìe, non è forsi come un buon orto di zuchini o un bel pollaio di galìni? Non si tratta di cose chi uno è felici di avere, e di fare vederi à i vicini e à li amici e a tutti le persone del mondo – magari! – si queste vogliono? Io penso di si. La poisìa bella è come la zucchina dipiù grande come la mucca più grassa di tutte.
Alòra io mi domanda: è giusto trasformari la mucca più bella in un un mucca da concorso?
E’ giusto ( io intendo nel senso di: desidiràbile) fare una competizione di mucche? Spedire una mucca aìl concorso? Pagare sètanta euro per mucca? Ed è giusto dare un valore alla mucca? Mettere sul podio la muca? Arabiàrsi con la giuria se la mucca non ha vinto? Pensare che la mucca ha meno dì valore, si la mucca ha perso? E’ giusto trasformare la bellezza unica indivuale della mucca nel valore assoluto dèla mucca rispetto all’universo?
Io, a tuti queste domande, credo di no, la risposta è no. E così, dopo di tanti àni, oltri ad avere trovato una spiegazione al “Perché non devi mandare Luigi il tuo libro a nisùn concorso anchi si somilia teribilimente a Guera y Pace” , ho anche trovato una risposta à la questione che tanto faceva riflèti la zia Ana Petrova: “nol so come fari a spiegare: era come una speci di  i n q u i e t u d i n i  chi permeava le mie giornate, quèlla in America…”
La inquietudine dipendeva dà la volontà americana, sbaliàta, di fari questi concorsi di mucche zuchìni y poisìe, con sogni troppo grandi e inutili, con dilusioni troppo enormi.

Svetlana Petrova