CONTESSA MORFINA

Madre è anagramma di merda. #sapevatelo
A me piacciono l’alcool, le droghe e le troie.

CONTESSA MORFINA

E arrivarono gli ungari ballando,
era ormai tardi
ma sotto la notte praticarono la loro arte
e nella notte tu, sorella
mi desti la mano.
(La gitana predisse e ripredisse
ma la notte seguiva il suo corso
e nella notte ascoltai il tuo abbraccio
corretto e silenzioso,
signora
bellissima dama
che nella notte giochi
un bianco gioco. (Bellissima dama
serena e addolorata
viola notturna
bellissima dama
che la notte protegge,
che nella notte veglia
notte candida e gelida
(pura come il ghiaccio
pura come il ghiaccio sei tu, splendida dama,
Madonna nel vento
splendida dolce dama
che mi liberi dalla miseria
per amor soi gai
allegria del nulla,
splendida dama
splendida dolce dama nel mio
pensiero
Tell me
I get the blue
for you
dimmi le tue ombre lentamente
piano piano come se camminassimo
come se sotto la notte camminassimo
tu che cammini sulla neve.
E intirizzito dal freddo, sul
Ponte di Londra
– is going to fall –
sul ponte di Londra, le mani in tasca
e il fiume di sotto, triste e sordo
non era un dolce fiume
i miei occhi vedevano a stento
ma sapevo che mia sorella m’aspettava
non era un dolce fiume
soppesando il bene e il male sulla folgorante bilancia
la mia triste sorella m’aspettava
Monelle
mi prese la mano
fortissima e impotente come un bimbo
chiamandomi nell’ombra, con voce debole
con voce debole e i tuoi stracci bianchi, chiamandomi nell’ombra,
bellissima dama.
E con la mano
fragile e scarna tu spegnevi, e con il tocco,
con il tocco, nell’ombra, dei tuoi bianchi stracci
tu spegnevi le lacrime
disfacevi il dolore in piccole lamine
principessa stracciona,
tu mi desti la mano.
(E sotto la notte camminavo, cercandola
nei sobborghi di Londra, la bimba stracciona
intravista in tutti i volti delle prostitute
un freddo inverno del 1850
principessa stracciona.
Nel sudore, nell’oscurità, nella paura,
il tremore sordo della vita,
la sua dura confusione, il suo cupo accumulare
sorse quella bimba, quel volto che cerco
quel ricordo triste e questa luce che riscatta
una sera del 1850
quella bimba
e nella stanza vuota
(era ormai tardi)
io prendo l’azzurro
per te
un ago che scava la carne che più non sente
era ormai tardi
ma sotto la notte praticarono la loro arte.

Leopoldo María Panero, ispirato a Monelle, di Marcel Schwob. Anche loro scrivevano di troie. Ma le troie costano, e il denaro, nel postribolo, è come la preghiera in chiesa: ci si affida all’ascolto, a un Terzo tra gli amanti, a un Terzo tra l’orante e Dio: non all’ascolto di un Terzo, ma all’ascolto che è il Terzo.