CUORE DELLE MIE BRAME

battito-e-cuore

 

Feticcio di un’inedita pornografia dei sentimenti, metonimia per aspiranti poeti delle relazioni in separata sede, frustolo impalpabile della chirurgia amorosa nell’era dello smartphone, cordone ombelicale invisibile di suono e onde elettromagnetiche: sarà, ma io lo voglio, lo voglio fortissimamente. Peccato che non sia ancora in commercio. E che senza la collaborazione di un amore vero, cioè di un amante reale, con sangue ventricoli e valvole ben arzilli, sia inutilizzabile.
Quando a dicembre ho letto la notizia di questo nuovo ritrovato per cuori innamorati a distanza, ho pensato subito di scomodare Babbo Natale o la Befana per averlo in dono, ma niente, i due sono ormai vecchie glorie sensibili solo agli occhi da triglia dei bravi bambini e non mi hanno accontentata. E nemmeno il cuore mio amato si è mostrato propenso a giocare insieme a me con questo balocco magnifico, così desiderabile per noi nostalgici della rassicurante musica da utero.
Ehi, niente strane idee, non sto parlando di un sex toy! Si tratta piuttosto di un casto e morbido braccialetto dotato di un sensore che cattura il battito cardiaco e poi lo riproduce attraverso un piccolo altoparlante. Utilizzando un’applicazione scaricabile sul proprio smartphone è possibile accoppiare i braccialetti, così che due innamorati lontani sentano i rispettivi battiti del cuore in tempo reale. La pubblicità del prodotto suggerisce pure di posizionare l’altoparlante sotto al cuscino, per addormentarsi al ritmo del cuore amato.
Io di fronte a questa possibilità mi sono entusiasmata non poco, che ci posso fare. Ho pensato al primo suono con cui ci siamo formati, il battito del grande cuore sacro che ci ha tenuto compagnia nei nove mesi prima della nostra venuta al mondo, il cuore materno, centro pulsante di quel corpo dentro al quale abbiamo vissuto, in perfetta simbiosi, cuore che incarna l’ideale di amore incondizionato e necessario, da cui però abbiamo dovuto separarci per essere individui. E questo braccialetto ha un che di terribilmente infantile e simbiotico, infatti, è seducente, come lo sono le rappresentazioni prive di corporeità o i sogni, è una sorta di fascinosa copertina di Linus, qualcosa di più forse, una mutazione genetica dello statico oggetto transizionale, non è una ciocca di capelli, una foto, una maglia con l’odore di lui o di lei da indossare per sentirsi vicini, ma riproduce qualcosa di vivo e cangiante, è l’eco di una metafora potente, cuore/amore, di un simbolo, è un messaggio in codice che assume significato e valore perché appartiene alla persona che amiamo (immagino che i cardiologi, infatti, non nutrano sì tanto slancio emotivo quando debbono auscultare il cuore dei pazienti).
Nonostante mi sia avventurata con passione nel sostenere le mie posizioni cuoriformi, niente da fare, non ho sortito l’effetto sperato. Anzi, più cruda che mai è giunta implacabile l’opinione del mio innamorato, tanto per ridimensionare i miei voli pindarici. Che cosa inquietante, mi dice, ma immagina se mi metto il braccialetto e tu senti a un certo punto il mio cuore accelerare a mille e pensi che sono emozionato oppure sto male e invece io sono in bagno (!) o sto svitando un barattolo di conserva.
(Certo, il ragionamento non fa una piega, per carità). Evviva l’amore, eh.
Comunque, Babbo Natale e la Befana non son gente buona per aiutare i cuoricini votati al dialogo, ma io confido nell’Uovo di Pasqua, lui sì, lui lo sa bene quanto è bello sentire la melodia di un cuore posticcio, infatti quando lo si agita tutto la sorpresa che ha dentro risuona, come un cuore, e in fondo un cuore altro dal proprio, amato e desiderato, che cos’è se non una sorpresa, un regalo? E poco importa se si deve ricorrere all’aiutino della tecnologia per amplificarne le note (metalliche). Insomma, non è il caso di formalizzarsi: cuore delle mie brame, fammi sentire il tuo battito speciale. Tu-tum!

Margherita M.