Dami Ajayi I

a cura di Elisa Audino

Dami-Ajayi-Nai

Dami Ajayi, psichiatra, poeta, critico musicale, ha pubblicato Clinical Blues (2014, WriteHouse Collective), A woman’s body is a country (2017, Ouida Books) e nel 2022 Affection & other accidents con Radi8 Ltd. Nato e cresciuto in Nigeria, Dami Ajayi è stato menzionato dall’Associazione dei poeti nigeriani, è apparso su numerose riviste, locali e non, tra cui il Guardian UK, e si è trasferito a Londra nel 2019, perché, diceva in una mia precedente intervista, accennando ai mancati investimenti in sanità, istruzione, «la Nigeria mi stava facendo impazzire. Da allora non sono più tornato».

Affection & other accidents è una sorta di continuazione del precedente A woman’s body is a country, ma con una sfumatura meno marcata sull’ambiente urbano, Lagos in particolare, così dolorosamente presente in quel lavoro:

Questa città è audacia senza rimorso.
Ti lascerà esausto, rauco
di terrificanti ricordi.

e una più accentuata su sfondi in via di progressiva degradazione. Reiterate promesse di matrimonio, addii, luoghi di perdizione virtuali. Si apre con una partenza, procede per tappe geografiche, ma le città sono così veloci da essere treni, alloggi, aerei da prendere. È una raccolta scritta in tre continenti e cinque paesi diversi ed è «anche la più vulnerabile», dice Dami Ajayi, una raccolta in cui, però, la musica torna protagonista, ma in forma rituale, ad accompagnare un matrimonio mai celebrato. Se in Clinical Blues avevamo Love Songs e Blues a fare da titolo a molte poesie e A woman’s body is a country, la poesia che dava il titolo alla raccolta omonima, era un devoto piegarsi al corpo femminile sulle note di Chan Chan dei Buena Vista Social Club

Ma anche questo è patriottismo,
il devoto rigonfiamento del corpo maschile.
Perché il corpo di una donna è un paese.

qui abbiamo introiti, interludi, aubade, odi, elegie, titoli usati in forma per lo più ironica, in riferimento a riti mancati, con un sempre abbondante uso di ampersand & un costante muoversi tra passato e presente, tra nostalgia e accettazione, tra la sagoma di un corpo femminile e la solitudine di un espatriato.

INTROITO*

Sia benedetta
ogni variazione di diarrea
alle quali ora dico amen.

*Un vecchio mito yoruba sulla creazione racconta che gli animali dovevano sempre rispondere ‘amen’ alla preghiera per diventare umani. Un giorno una scimmia non rispose ‘amen’, forse perché aveva dei dubbi, e quindi rimase, suo malgrado, una scimmia.

INTROIT

Bless up
to the variations of diarrhoea
to which I now say amen.

01-Soft-Cover-Book-Mock-Up

AMORE & ALTRI INCIDENTI

I.

Un inizio perfetto: guidare giù per Third Mainland Bridge a tutta velocità, un amico fedele sul lato passeggero che ti sostiene, in mezzo a noi un anello di fidanzamento seduto in una scatola, una corsa contro il tempo. Ma gli inizi non sempre sono commedie romantiche perfette, per lo meno in retrospettiva. Ero già arrivato all’altezza del ponte, diretto a casa da te. C’era anche un anello di fidanzamento, una sostituzione & il tempo era contro di noi. Avevi un volo da prendere & l’ultima notte, avevi svelato il tuo lato vulnerabile & guadagnato i postumi di una sonora sbornia. Era il tuo ultimo giorno a Lagos & i tuoi colleghi di lavoro avevano organizzato una festa d’addio. Era in un lussuoso appartamento a Victoria Islands, di quelli che si affittano solo ai migliori dollari degli espatriati. Erano presenti intellettuali & consumatori di cultura, quelli pieni di cose intelligenti da dire su cose banali come il panino al tonno. Alcol & dolci erano in eccesso, ma non c’era abbastanza carne. Hai fatto molti discorsi. Ho pensato che fossi piuttosto chiacchierone, ma credevo stessi facendo un’eccezione per la tua ultima notte a Lagos. Il party andava scemando, la folla si assottigliava. Poi hai proseguito con un discorso intimo su di noi, su come ci siamo fidanzati, sul tuo anello di fidanzamento mancante, sulla tua incrollabile devozione per me & sulla nostra passione per i cofanetti dei libri & in qualche modo, in qualche modo, mi sono ritrovato di nuovo chino su un ginocchio, a chiedere di nuovo la tua mano. Eravamo già stati qui prima. Non una volta. Sette mesi prima. Ti avevo portato nella tua città preferita & all’irrompere dell’alba in quel quartiere così supponente, in quella stanza presa in prestito, mi ero messo su entrambe le ginocchia & ti avevo chiesto di sposarmi. Entrambe le ginocchia. Prima di questo, c’era stata la catenina d’oro per la vita, in sostituzione delle tue metaforiche perline per la vita che una volta avevo frantumato in una poesia. Poi c’è stato il sogno, Josephine, di te con un anello di fidanzamento al dito, che ha cancellato le tue riserve sulla proposta di matrimonio con gli anelli. Un sogno dopo, hai ceduto. Sì, hai detto, sì, poi abbiamo danzato alla festa. Di nuovo, ero sul mio ginocchio, questa volta su un tappeto preso in prestito. Davanti allo sfondo perfetto di una libreria, sono stato costretto di nuovo a chiederti di sposarmi, questa volta per il pubblico idillio. Questa volta, per la terza volta, con un anello d’oro preso in prestito, ma della misura giusta. Il mattino successivo, mentre stavi ancora smaltendo la sbornia, sono uscito di casa a cercare un sostituto dell’anello che avevi perso appena tre mesi dopo avertelo infilato al dito. Ho trovato l’esatta replica con cinque pietre dall’altra parte di Lagos. Mi sono inginocchiato di nuovo nell’intimità privata della nostra stanza & te l’ho piazzato al dito, un perfetto regalo d’addio.

AFFECTION & OTHER ACCIDENTS

I.

A perfect beginning: driving down the Third Mainland Bridge at top speed, loyal friend in the passenger seat hyping, an engagement ring sitting in a box between us, racing against time. But beginnings are hardly rom-com perfect, not in retrospect. I was driving down the bridge alright, heading home to you. There was an engagement ring too, a replacement, & time was against us. You had a flight to catch & last night, you had shown a vulnerable side & earned a massive hangover. It was your last day in Lagos & your work colleagues arranged a leaving do. It was in a plush apartment in Victoria Island, the kind that rents for top expat dollars. Culture movers & shakers in attendance, those full of clever things to say about mundane things like tuna sandwich. Alcohol & pastries were in excess, but there was not enough meat. You made several speeches. I thought you were rather chatty, but I imagined you were making an exception for your final night in Lagos. The party wound down; the crowd thinned out. Then you delivered an intimate speech about us, about getting engaged, about your missing engagement ring, about your unfaltering devotion to me & our aisle-bound affection & somehow, somehow, I found myself again kinking one knee, asking for your hand in marriage again. We have been here before. Not once. Seven months earlier. I took you to your favourite city & as the day broke in that bougie neighbourhood, in that borrowed room, I went on both knees & asked you to marry me. Both knees. Before this, there had been the gold waist chain, a replacement for your metaphorical waist beads that I once destroyed in a poem. Then there was the dream, Josephine, of you wearing an engagement ring, which cancelled your reservation for the promise of marriage with rings. One dream later, you were sold. Yes, you said, yes, then we waltzed to feast. Again, I was on my knee, this time on a borrowed rug. Against the perfect backdrop of a bookcase, I was compelled to ask you to marry me again, this time for the public eye. This time, for the third time, with a borrowed gold ring that fit. The next morning, you were sleeping off your hangover when I left the house in search of a replacement for the ring you had lost barely three months after I slid it into your finger. I found the exact replica with five stones on the other side of Lagos. I knelt once again in the hallowed privacy of our room & placed it in your finger, a perfect parting gift.

07-Soft-Cover-Book-Mock-Up

continua […]