Desiderare

Desiderare deriva dal latino e significa ‘osservo le stelle’. Nel ‘De bello Gallico’ di Cesare, i desiderantes erano i soldati che la sera, dopo una battaglia, restavano sdraiati a terra a guardare le stelle ed aspettavano i loro compagni che ancora non erano tornati. Da qui il significato del verbo desiderare: stare sotto le stelle ad attendere.

Bianco è il volto della donna e il vestito rosso arde freddo contro il bianco. La donna ha sulla bocca una breve smorfia che può significare disgusto o sarcasmo, irrisione e difesa legittima dal gelo della notte e dallo sguardo degli uomini. È risibile, è risibile quanto il morire del Dio, il Deus moritor, il mio chinarmi sul prezzo del desiderio, e sia pure con la passione della nudità, dell’esibizione dello stigma che unisca lacrime e sperma. Pagare, godere e piangere un corpo mancherebbe di serietà e di pietà se non fosse la Pietà del Buffo, la gelata carne che lenisce la morte in fiamme di chi l’ama, come se la Vergine sputasse sul corpo arso del Figlio come sollievo e come tributo al supplizio. Come riparo del supplizio e metamorfosi del riparo: vieni al riparo, con nella mano un bicchiere dal cui orlo cadono le gocce più preziose, le gocce della nausea, vieni nel cesso minuscolo e nauseabondo, appena praticabile per la minzione ma ben agibile per la masturbazione. L’inseminatore, posseduto dal Dio nella dimora sterile della sua passione, decora di sperma e di donna la latrina orrenda: una pubblica latrina per il privato amore dello Stilita. L’anatomia femminile omologa quella maschile. Ne conferma il deserto e il desiderio, ché il desiderio è deserto alla volontà. La volontà onanistica percorre il deserto volitivo della Donna Immaginaria e si purifica da se stessa mentre, aggrappato allo scroto come all’ultimo appiglio sul precipizio, riconosco la Virgo nigra et coelestis come la negazione che mi accresce.

    Il desiderio è lamento, la volontà tristezza. Cosa c’è di più triste che predisporre volitivamente i mezzi per il compimento del desiderio? Cosa c’è di più miserabile che trasformare il desiderio in volontà di potenza? Cosa c’è di più pretesco che concepire la disponibilità dell’oggetto del desiderio? Che immaginare il desiderio come un’attività pratica, che ha esterno a sè il proprio fine? Ecco la volontà: non godere dell’allegria del lamento.