DUE CORPI


 

Portrait of the artist as a young/old pig. Part three

Io d’inverno, anche con il brutto tempo, venivo a casa tua. Tu mi offrivi da bere, parlavamo, fumavamo, adoravamo gli specchi, i tappeti. Le larve ci erano amiche. Te ne ricordi?
Questo pomeriggio mi sono drogato. Eroina. Io sono oltre la mia follia, ho tedio di me e del mio disturbo. L’ero è una puttana che mormora nell’oscurità, nelle mie mani, quando mi buco, cade il capello di una donna. Adieu, follia mia, insensatezza del dire, fare, baciare. Adieu. L’eroina sì mi fa volare oltre il mio corpo di non morto, finché morte non mi separi. Mi fa scivolare fin dentro il tappeto orientale, dentro le sue trame belle, – oh quanto lo vorrei – dentro i tubi del termosifone. Come dentro un utero io sto, ovattato e calmo, e il fresco s’intreccia ai miei nervi e lambisce la fredda scintilla del buio. Così mischio ciò che è sporco con ciò che è pulito, e in quest’amalgama sublime mi inizio alla vita, nel mezzo del cammino e della selva oscura, e nel silenzio.
Questo pomeriggio all’improvviso non sa più di vecchiume. Il tempo è risorto e la mela è rossa. Rossa è la mela e il cielo promette un temporale romanticissimo.
Ma oggi tu ed io e questa sera svaniremo con o senza droghe, e tutto è senza scopo e a niente sono valsi gli elettrodi dei filosofi e quell’ sms che ti inviai.
Il cervo cerca un lago in cui sparire.

(Libero adattamento di “Due corpi”, di Silvia Tripodi, con inserzioni di Leopoldo María Panero).