Evasione dalla società – Sull’ultima raccolta di Francesco Tripaldi

a cura di Giuseppe Rizza

Dopo essere uscito nel 2019 con “Il machine learnig e la notte stellata”, che apparve come un necessario ricambio d’aria, Francesco Tripaldi esce con una nuova raccolta sempre per Lietocolle (ormai di recente proprietà della Ronzani ed.) dal titolo “L’individuo superfluo”.

L’opera raccoglie alcune poesie e delle prose brevi (apparse meno riuscite di quelle in versi), con la solita verve che caratterizza Tripaldi che anche in questa opera seconda, e probabilmente anche più della prima, si concentra sull’impatto, anche dal punto di vista linguistico, della tecnologia sull’uomo. Detto così non sembra un argomento da raccolta poetica eppure l’autore riesce con una cifra e uno stile ormai ben consolidato, a risultare credibile, con i suoi versi sempre all’attacco e ceccoangioliereschi riesce a trattare i sentimenti legati all’uomo e al suo rapporto con la modernità.

Nei versi di Tripaldi spuntano come erbe selvatiche toni che sembrano rifarsi a quelli del compianto Simone Cattaneo (Merda e madre/ hanno le stesse lettere, così inizia la silloge) capace come pochi a infuocare la pagina e la società italiana dei primi anni duemila, ma anche a certi aspetti della poetica post-cantautoriale di Vasco Brondi (abbracciare il destino/ con lo spirito dei kamikaze).

Una poesia che discredita l’attualità e che si ossigena con le figure femminili presenti in diagonale e in filigrana (La mia venere è Afrodite,/ ma di Milo,/ e non ha braccia), e che viene invocata quasi come unica fonte di salvezza (non avete capito che la poesia/ è una cosa viva// alla poesia va aggiunta l’IVA// e voi siete tutti evasori).

Forse meno potente, ma maggiormente concluso rispetto alla sua prima raccolta, Tripaldi persegue una linea personale e originale all’interno del panorama italiano che ci si augura possa mantenere ancora a lungo.