IL LEGGERO SIR GEORGE. ALBERTAZZI in ‘Lezioni americane’

IL LEGGERO SIR GEORGE
ALBERTAZZI in ‘Lezioni americane’

di Marta Lìmoli 

Catania, qualche anno fa. Viale del centro cittadino: una ragazza cammina a passo svelto e s’imbatte contro una figura di bianco vestita. Le cade il cappellino. In un sorridente inchino, un uomo ripone fra le sue mani minute quel copricapo finito sul marciapiede e le dice: “Signorina, che bel viso interessante. Ha mai pensato di fare teatro?” Così, la mia amica racconta l’episodio e descrive l’uomo dalla voce vigorosa e musicale; l’aspetto scattante eppur posato. Un uomo di classe.
Albertazzi ha sempre considerato le donne le sue Muse, ne venera le fattezze e le virtù; celebra l’incarnato come la voce e l’intimo profumo dei loro pensieri. Va oltre il desiderio, anche se il desiderio è vita. Anche per questo suole adornare un simulacro scultoreo, la statua di Donna che par lo aspetti dai suoi rientri; donando lei monili provenienti da ogni terra abbia accolto la sua arte sopraffina: l’arte del Teatro. Lui ritorna a casa ed un emblema del femminino è lì, perpetuo, docile ed austero nel porsi in mutismo audace volgendo il viso verso una spalla ignuda d’ebano. Regge il peso di fil di perle policromi – ricordo di un mondo di viaggi da lasciarsi alle spalle; ecco. Eccoci a casa. Si continua a leggere, provare, valutare questo o quel progetto scenico.
Un gentiluomo che valica la sgangheratezza dei nostri tempi mordendo il proprio passo, governandone la vulnerabilità. Sir Giorgio ritorna oggi, libero come il libro della sua vita, appoggiato ad un bastone che le dita appena toccano sul pomolo inciso di fregi. È nella pelle abbronzata, nel sorriso che cova in bocca e divarica sulle labbra – graffia il momento – è presente nella realtà come nei versi che offrirà più tardi sul palcoscenico, è nel foulard a pois chiuso al collo, nell’ordine delle proiezioni del suo talento. La tempra di animale alato che abbiamo imparato a distinguere in personalità combattive, uniche in Italia, come quella di Monicelli, è adesso vicino e gli parlo. La Sicilia è terra di sirene, tentazioni che sono Teatri, suoni, cibo, melodie e canti, luce, storia di storie. Siede. ‘Prenderei un cioccolato caldo’. Gradisce molto i marron glacé: il suo dolce preferito. ‘L’importante è mangiar bene! Altrimenti, è meglio morire’ “No! Maestro! Abbiamo bisogno di Lei.” Si ripromette di ordinare un arancino ed un cannolo ricotta – la specialità. L’indomani: “Maestro, com’è andata l’esperienza del cannolo ricotta?” – “Eh, insomma. Mettono tutte quelle cose inutili sopra; in mezzo! (* canditi nella crema e glassa di pistacchio sulla cialda *) Hanno perso il gusto della semplicità! Non capiscono che le cose sono migliori sempre nella loro semplicità.” La voce più roca, adesso, ma non c’è mai un istante in cui non rimandi all’ascolto di un’eco che sa di altro e d’altro ancora; altro legato ad un filo unito e cucito ad anni, decenni di vissuto sulle scene della Vita. Attore e Uomo. Parole, racconti, conducono ad innumerevoli concatenati sensi; novantadue anni di energia in Arte. Lezioni di ‘afflato mistico’: per arrivare a poter interpretare una poesia bisogna ricercare lo stato d’animo del poeta, giungere al quella scintilla che ha fatto scaturire i versi quindi generare il fiato proprio, l’eloquente espressione, il più possibile aderente a quel nucleo iniziale, così da restituirne l’essenza.
In ‘Lezioni americane’, ogni sera le mutazioni dello stato d’animo della coppia, lui ed il pubblico, mutano colore nell’accadimento scenico. Di volta in volta, si cambia. Così, vien da pensare, il Teatro avrebbe un’anima jazz.. Non si ripete: mai uguale a sé sesso, in nessun caso.
Le tinte sono della gamma dei silenzi netti, densi, colmi d’ascolto. Le presenze sedute si protendono verso quello spazio sollevato da luci di proiezioni in simultanea: lui, Sir George, è giovinetto nel b/n di una pellicola francese, adulto, maturo, e poi leone vigoroso e ruggente nel monologo memorabile de ‘Le memorie di Adriano’. Adesso sostiene il teschio di York incappucciato mentre nel sorriso inconfondibile si propaga il discorso alla società del singolo umano come del numero delle masse.
La videocamera in angolo lo riprende in tempo reale durante i ghigni, i versi, i picchi scenici, le evocazioni dantesche, la maestria nel Recitare. Si fermano tutti, fissi verso lui; i velluti della tappezzeria vibrano dei soffi e dei solchi che la sua recitazione suscita. Attraverso gli occhi di Albertazzi scorrono i volti di tanti compagni di scena, nomi del grande Teatro italiano: quella schiera di attori vicina a lui per tutto il Novecento che manca a noi e rende orfane le nuove generazioni. Nessuna domanda sugli amici scomparsi. Concentràti su quel che viene e verrà, mutevolmente… come mutevole e salda può essere la vita di un uomo consapevole e strepitosamente lucido.
L’uomo di bianco vestito ha unito calzini verde prato, pullover carta da zucchero, ascot bianco&blu. La Primavera con la sua leggerezza non rimane esclusivamente diffusa nell’aria.
Nello spettacolo il Maestro avanza in ribalta e rivolge al pubblico tutto il valore delle parole all’esortazione della leggerezza: ‘Siate leggèri come il volatile – come l’uccello che dispiega le ali, non come la piuma che plana nel vuoto e cade per terra. La leggerezza del sorriso, è sempre. Abbiamo perso l’orientamento. Bisogna guardare i bambini, le loro mani, i loro occhi quando ci si avvicinano! Dobbiamo tornare ad osservare i bambini anziché violentarli …
Amare, amare, …’
La Sicilia per l’attore Albertazzi è intrigo di ricordi: Siracusa (Edipo a Colono pochi anni fa), Palermo, presso lo Spasimo: uno spettacolo in cui la voce della cantante catanese Giuni Russo era meravigliosa; lo colpisce “che voce…che voce…che voce.. Che voce, che voce! Che.. Voce..!!” Catania, tappa irrinunciabile per il pubblico attento e schietto. Parla degli attori con i quali ha lavorato, menzionando ognuno per le loro caratteristiche – parliamo anche di giovani emergenti, non risparmia critiche per taluni, quindi tocca alle vicende del periodo di Tao Arte quando presi parte ad uno spettacolo con la sua supervisione registica ed allora si sorride un po’ ripensando ai problemi ed alle varie vicissitudini trascorse.
Parlerei ed anzi, per la precisione, ascolterei per ore, anzi, giorni. Seduta accanto un uomo ‘lezione’ vivente. ‘L’intervista non è rispondere alle domande. Un’intervista è ‘insieme’. È l’interpretazione della persona che sta parlando, da parte dell’intervistatore! ’ M’invita a nozze, Maestro. Un atto creativo così, sì che è tentazione. In questo suo tour Albertazzi porta in scena un signore in foulard al collo e bastone con sommità sferica d’argento, non crea un ‘personaggio’; fa del testo di Calvino il proprio discorso esistenziale e fra Eccellenze – qui – ci si comprende al meglio: il connubio fra scrittura e parlato è simbiotico. Drammaturgicamente si trae del pensier en space consiglio suggerimento indicazione monito: il valore è un’occasione d’attenzione alla vita, d’ascolto di sé e verso ciò che accade intorno; invito al quel ‘morso’ attorniato dal bel vestito del sorriso che allevia il quotidiano esistere fra problemi e affaticamenti.
Questo secolo sarà fatto delle cose che ognuno di noi saprà portarvi.
Dovunque stiamo andando, cerchiamo di andarci con leggerezza.  

 

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