PER IL TRAMITE DELLA LETTERATURA 6a

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COME LA PANDEMIA DA COVID-19 È DIVENTATA L’INSONNIA DEL XXI SECOLO

di Lorenzo Gafforini*

a R.

«Felici i posteri, che non avranno conosciuto queste disgrazie e crederanno che la nostra storia sia una favola!»

FRANCESCO PETRARCA, Familiarum rerum libri
 

6. Da Milano a Marsiglia, per passare da Londra: i secoli delle epidemie di peste.

La piaga delle peste nera ebbe delle ripercussioni per secoli – anche se non con gli effetti del XIV secolo – e difficilmente l’Europa seppe rialzarsi da una tragedia di questa portata. Spesso i casi di peste si verificarono successivamente nelle singole città o, comunque, in territori ad esse limitrofi. Non sono esenti casi, tuttavia, di epidemie si estendessero fino a colpire un intero Stato, come l’Inghilterra nel 1665 .36

Ormai, la peste nera era entrata a far parte dell’immaginario collettivo e sia le epidemie che le pandemie caratterizzarono in maniera drastica la storia dell’umanità. Un possibile vaccino era una speranza non contemplata al tempo per gli ovvi limiti scientifici e medici, perciò abbondavano i rimedi casalinghi. La Milano sotto il dominio spagnolo ne 1630 – anno dei fatti narrati dal Manzoni con un acume storico unico – aveva diverse pseudo soluzioni: «pasticche odorose, spugne inzuppate d’aceto da fiutare, boccette di mercurio appese al collo capaci di assorbire, si credeva le esalazioni nocive»37 . Ovviamente anche se soggetto a caricatura, si prenda l’esempio di don Ferrante, personaggio de I promessi sposi. Manzoni, senza risparmiare l’ironia, inferisce su questo “tuttologo” dedicato agli studi più disparati, in particolare verso l’astrologia e la filosofia. Don Ferrante è un uomo insulso, radicalmente convinto che la pesta non sia contagioso con il contatto, bensì sia dettata da specifiche motivazioni astrologiche. Il personaggio – fino alla fine convito delle sue asserzioni – va così «a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle»38  con la sua vasta libreria condannata ad essere venduta a poco prezzo dai rigattieri.

Si possono, dunque, notare tranquillamente le analogie con le fonti già citate, nonostante fra le testimonianze, ad esempio, di Tucidide e del Manzoni vi siano duemila anni. Certo, anche Manzoni descrive situazioni risalenti a un paio di secoli prima, anche su impulso di testi come Dei delitti e delle pene del Beccaria e Osservazioni sulla tortura del Verri. In merito, si ricorda che lo stesso Manzoni era nipote di Cesare Beccaria e come le idee di matrice illuministica l’abbiano condizionato fin dall’infanzia. Infatti, la stessa appendice storica de I promessi sposi, Storia della colonna infame, può essere considerata – oltre che una sapiente ricostruzione storica – un j’accuse verso l’obbrobriosa caccia agli untori sistematicamente tacciati di aver diffuso la peste 39.

Risulta comunque inappuntabile come al tempo del Manzoni nessuno poteva credere che la pestilenza milanese fosse una pestis manufacta: infatti, «non è in discussione l’innocenza degli imputati, l’ingiustizia della sentenza, ma “il come” quella innocenza sia stata condannata, e consumata quella ingiustizia»40 .

Ancora una volta, quindi, emerge come le superstizioni prevalgono sul buon senso a danno dei cittadini; nella fattispecie, le persone coinvolte in questa tragedia – realmente verificatasi – sono Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora. Comunque, Manzoni non risparmia parole di biasimo nei capitoli in cui viene descritta con maggiore attenzione la pestilenza; in particolare le sue riflessioni sull’argomento si possono trovare nei capitoli XXXI, XXXII e XXXIV del suo capolavoro. Gli episodi narrati, addirittura sfociano nel grottesco: come l’ottantenne che in chiesa prima di sedersi sulla panca la spolvera con la cappa. Alcune donne – come a ricalcare la “donnicciola” Caterina Rosa della Colonna infame – gridano all’untore: «quel vecchio, unge le panche!» 41.

[continua]

Note
 

 36 Nel frattempo, bisogna precisare anche come nei secoli si siano imposte diverse epidemie della natura più disparata. Fra tutte si segnala il tifo che vide una considerevole proliferazione in determinate situazioni dettate principalmente dal commercio e dalle guerre. Oppure si segnala anche come diverse epidemie sterminarono – con la complicità delle mire espansionistiche europee – le popolazioni dei nativi americani. Su quest’ultimo argomento, al fine di analizzare questo complesso fenomeno, con particolare attenzione verso gli indios si segnala M. LIVI BACCI, Conquista. La distruzione degli indios americani, Il Mulino, Bologna, 2005. In particolare, con riferimento alle epidemie di vaiolo – che anch’esse si sono protratte nei secoli – è obbligatorio citare Teresa Batista stanca di guerra, capolavoro dello scrittore brasiliano Jorge Amado.
 37 P. GHIBELLINI, Introduzione a La peste di Milano, Morcelliana, Brescia, 2020, p. 9.
 38 Capitolo XXVII de I promessi sposi, specifica pagina.
 39 In merito si possono trovare diverse analogie anche con la persecuzione delle presunte streghe, anch’esse accusate di diffondere le pestilenze. Fra il vasto materiale a disposizione in materia, si segnala B.P. LEVACK, La caccia alle streghe in Europa, Laterza, Bari, 2012, trad. di Stefano Rossatti. Per comprendere la diffusa credenza della stregoneria in Europa si segnala il breve articolo di Daniel Defoe, in cui l’autore di Robinson Crusoe, con una convinzione irremovibile sostiene l’esistenza delle streghe: D. DEFOE, Pagine da “The Review” in Opere, III, Sansoni, Firenze, 1957, pp. 922-925, trad. di Lia Formigari. Lo stesso avviene anche con gli ebrei, considerati anch’essi responsabile dell’espandersi dell’epidemia e, in un certo senso, paragonati a dei diavoli – per riprendere l’immagine utilizzata da Shakespeare ne Il mercante di Venezia. Per un’analisi completa della storia ebraica in Europa, anche con riferimento al trattamento riservato durante la peste nera, si segnala A. FOA, Ebrei in Europa: dalla peste all’emancipazione, Laterza, Bari, 1992.
 40 M. MARTINAZZOLI, Per una requisitoria manzoniana in La pesta a Milano, Morcelliana, Brescia, 2020, p. 243.
 41 «Nella chiesa di sant’Antonio, un giorno di non so quale solennità, un vecchio più che ottuagenario, dopo aver pregato alquanto inginocchioni, volle mettersi a sedere; e prima, con la cappa, spolverò la panca. “Quel vecchio unge le panche!” gridarono a una voce alcune donne che vider l’atto. La gente che si trovava in chiesa (in chiesa!), fu addosso al vecchio; lo prendon per i capelli, bianchi com’erano; lo carican di pugni e di calci; parte lo tirano, parte lo spingon fuori; se non lo finirono, fu per istrascinarlo, così semivivo, alla prigione, ai giudici, alle torture. “Io lo vidi mentre lo strascinavan così,” dice il Ripamonti: “e non ne seppi più altro: credo bene che non abbia potuto sopravvivere più di qualche momento.”» (A. MANZONI, I promessi sposi, cap. XXXII).