L’amore ai tempi dello yogurt

 

Mi è capitato di leggere in questi giorni un’intervista al noto cantautore Franco Battiato, rilasciata in occasione dell’uscita del suo nuovo lavoro. Il maestro Battiato, sì, proprio lui, quello che va cantando “perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te”, cioè la canzone che è diventata manifesto d’amore per eccellenza degli animi raffinati, intellettuali e mistici, intitolata “La cura”, il cui testo è stato scritto da Manlio Sgalambro. Nell’intervista in questione Battiato dice, tra le altre cose, più o meno questo: che no, lui non s’è mai voluto sposare, per carità , forse solo una volta gli è venuto in mente di andare a convivere con una tipa, che “sembrava quella giusta”, prima però che si macchiasse di grave colpa, l’infame. La grave colpa è, attenzione, aver mangiato tre yogurt che lui era andato a comprare al supermercato, e di averli mangiati a tradimento, mentre lui si stava facendo la doccia. E a questo drammatico aneddoto il Nostro aggiunge, con un vago afflato moraleggiante, che se la disgraziata ne avesse lasciato almeno uno, forse si poteva ancora “parlare di altro”, ma mangiarseli tutti, ecchecavolo, un “saggio di egoismo” conclude, ovvio che la storia non potesse continuare.

 

Ora, non è che io voglia fare l’avvocato del diavolo perché mi comporto uguale alla tipa che divora yogurt (non solo quelli, in verità) e non ne lascia all’altro, ma insomma, a me avrebbe fatto tenerezza, mi avrebbe divertito assai scoprire nella persona che amo questa piccola debolezza, imperfezione, o come vogliamo definirla. Sì, d’accordo, è una forma di egoismo, ma di quelli birichini, di quelli innocui. Forse non ho niente di mistico, io, sono terra terra e ho le vertigini al pensiero di elevarmi oltre le “correnti gravitazionali, lo spazio e la luce”, ma trovo che quando si è innamorati di qualcuno sono proprio quelle sue imperfezioni, che in chiunque altro risulterebbero fastidiose, a renderlo l’oggetto privilegiato dei nostri desideri, unico e insostituibile. Un minimo di tolleranza, no? Mi stanno sulle ovaie quelli col ditino puntato, sempre a dire che cosa non va bene, a giudicare, a criticare, a sottolineare quanto non gradiscono della persona con cui stanno. Non so, mi chiedo che razza di amore sia quello che va meritato, guadagnato, conquistato sulla base dell’adeguatezza a un modello del piffero, che ad esempio ci vorrebbe impeccabili rappresentanti di bontà e altruismo. Di sicuro “l’essere speciale” di cui voglio prendermi cura io è adorabilmente imperfetto, e non batte ciglio se gli divoro tutti gli yogurt, ma anzi, me li ricompra apposta per farmi felice, perché sa che sono i miei preferiti. (Questo “essere speciale” si fa solo furbo, e impara a mangiare subito quello che desidera, invece di lasciarlo incustodito per un certo lasso di tempo nel frigorifero…).

 

Margherita M.