Recensioni
L’amore, ora lo sapeva, era una dipendenza che si nutriva di illusioni
Uno degli ultimi racconti dell’ultima raccolta di Zardi (“La gente non esiste”, Neo ed.) cita un episodio riguardante la vita di Aristotele, che lo condannerà inesorabilmente nel racconto di alcuni autori e nella raffigurazione artistica di altri: il filosofo greco schiavo d’amore, di quell’amore e di quelle donne che ha sprezzato, beffato da Fillis, moglie di Alessandro il Macedone, che lo cavalca, letteralmente, tenendosi per la barba del pensatore.
L’episodio è la chiave di volta per innalzare la materia di uno scandalo sessuale riguardante un insegnante universitario di tarda età (Il desiderio che ho sentito è amore, la voglia di vederla è amore. Mettere il mio corpo nelle sue mani perché ne faccia quello che vuole? Stringere il suo fra le mie? È amore. Il sudore, la foga inarrestabile, l’ansimare selvaggio, le porcherie… è amore, non è nient’altro che amore. Perché non lo ammettono anche loro che ogni amore è ridicolo se lo guardi da fuori? E quindi sì, è ridicolo anche il mio; nondimeno, è amore)
Ma l’aspetto più centrato della scrittura di Zardi è la visione che fornisce ai suoi personaggi e che egli stesso pratica: una prospettiva che riesce ad essere quasi sempre credibile, non solo immaginata e possibile, ma realizzabile, una realtà ammissibile.
L’occhio che descrive i bagnanti in una giornata in spiaggia, è una messinscena teatrale in cui le quinte sono state abbattute e dove non si distingue il limite fra finzione e cronaca, una cronaca nel senso più nobile del termine, non solo di gesti e azioni, ma anche di pensieri.
Un occhio quello del narratore, che riesce a diventare sguardo, a tratti anche critico, di pezzi di una società da cui comunque non si riesce a prendere completamente le distanze.
Un uomo decide di rispondere ad una delle tante mail che vanno a finire nella cartella dello spam:
Da quando aveva divorziato – ed erano passati ormai cinque anni – aveva capito che l’essere umano ha l’esigenza di dormire con qualcuno. Un bisogno fisico, che non c’entra niente con l’amore, un retaggio cavernicolo. […] la notte faceva paura – paura di agguati di orsi nel sonno – e andava affrontata in due;
in un altro racconto una donna sfiancata dalla stanchezza di combattere una malattia rivela ad una sua amica che: “Sotto ogni cuscino c’è un Dio”;
un fratello e una sorella si incontrano in un bar per discutere della nuova abitudine della madre: chiacchierare da sola nell’orto di casa.
L’amore è poesia, è profusione di metafore, è altezze vertiginose; l’abbandono, invece, striscia lento come un atto notarile che certifica la cessione di un ramo d’azienda, o la messa in liquidazione di una società che non fa più utili da tempo.
Zardi rimane, e questa ultima sua raccolta lo conferma, un’assicurazione sulla ricerca di una serie di racconti che riesca a descrivere questi tempi che il poeta definirebbe sbandati.
La miseria si era portata via quasi tutto, ma erano rimasti il sesso, una fame insaziabile e il libero mercato.
– Giuseppe Rizza –
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