“O LA POISIA O I DOLARI – ALBO POEZYA CZY DOLAR”

« E’ un belìsima giornata di sole, qui aìl lungo di Ticìno. Seduti su dì una panchina, un signiòra aspèta di vedi pasàre il tram e prova a indovìna, quando senti rumori, se viene numero 1 o puri numero 4. Se dici giusto, e vedi pasàre proprio il numeri che ha dèto, lei bàti le mani e il sole diventi più forte, à l’improvìso.
Tanti persone si vede sedute, a grupo, chi mangia o pure beve, e parla, e faci di casino. De li volte, pàssi qualche motorino, o un fila di màchina, o biciclèta che li taglia la strada e il guidatori si ràbia e urla dìl finistrìno i suoi insulti in dialèto milanese.»

Mentre io contròla y scrive tuti queste cose, il anziano – mi acòrgi – quasi è in treno (*da il francese En train de, ho visùti in Francia tre àni, e posso faci la figa) di sòfoca con suo pane. Subito mi alzi, e bàti mea mano sùla schiena. Anziano tosisci tanti volti, mentre la gente si gira, preocupati. A la fine, dopo chi pèzo di pane esci da narice sinistra, lui si riprendi e mi chiedi un sigarèta e da acèndere. “Polàca“- mi dice, tosèndo – “si sucède un’altra volta, sei licinziàta“. 

Io decidi di racònta questo anèdoti per tratàri un tema importanti: il tema è quèlo di rapòrti tra poisìa e vita.
Genti pensa – chi tema è mai? La problema non esisti. La poisìa, dici la genti, parla di là vita. E’ simplìce.
A lòra, prima cosa che io vuole rispondi è questa: mentrechì la gente scrivi di poisìa, la vita non vadi avanti? O pure si ferma comi machina fotografìca di novantòto si finisci soti’acqua? E mentrechì tu scrive, non è vero chi tu no sta facièndo altri cosa? …Chi la vita si interòmpi?
Se risposta a questi domandi è “Si“, sembra chi poisìa e vita, inaspetàta, non vadi d’acòrdo. Si la risposta è in vèci “No“, voi nol avète capìto la domanda.
Di altra parte, dicìva sempre zia Ana Petrova à le sue figlia giovane: “Mentre tu scrive lètera di amòri, la supa brucia“. Chi, si penso à il episodio di ògi, si potrèbi anche dire: “Mentre tu scrive di poisìa, il anziano sòfochi conlà focàcia”.
Altra cosa chi sempri dicìva zia Ana è: “Mentre tu facie lavoro di lima, lì tuo vicino di casa apri un centro estetico a Tenerife” – ma qui lei voleva intendi un’altra cosa.
In efeti, dentro a il problema dì raporto tra poisìa e vita, ci è un problema ancora di più grande: si tu non vive, mentre chi tu scrive, tu come faci a lavorare? E si tu non lavora, come riceve soldi nicèsari pir tua vita? (Silogismo)

12188541_1675128376036051_955025890_n (1)

Ho sentito tanti persone rispondi a questa domanda in maniera diversa neìl corso dèli ani. Qualcuno dici che bisogna di fare tanti mistieri, per campari; qualcuno dici chi si trata di un grande ingiustizia, chi la poisìa non vendi, e ch’il poeta muori di fame. Altri dici che non gli importa, e chi vuole combàtire lungo sua strada di scritòri “a costa quel che costa”.
Io mi limiterò con dire che quando faci balerìna in locale de Cracovia aveva abastanza soldi in mutande da compera tuta libreria de Cracovia. Nol so cosa voglio dire, ad èsi sincera, ma so chi io, senza soldi, nol mi piacerebe ristare. E che lì poeta famoso, Bukowsky, chi viveva à la giornata, sicondo me, era meliore se scrivi un libro meno e comprava dintifricio e ogèti di detersione.

Io penso: si la poisia anienta la vita, perchè scrìvire?
Si quando tu scrive, il tram investe la nòna sudì l’asfalto, a cosa servi la poisìa* ?
[*A meno chi tu non aspeta di incassi la pinsiòne e patrimonio dèla nòna]
Si bastasse un canzone a faci piovere amore, come canta Eros Ramazoti… Se bastasse….io credo di averi perso la fila deìl discorso. Vi chiedo la scusa.

Torniamo aìl tema di ogi, e circhiamo di risponde a una dimanda pir volta. Prima di tuti: la poisìa interompi sempre il corso dì la vita? Molte volti sucèdi chi, quando il poeta inizi a scrivire, il corso dì la sua vita è già interotto. Molti volti, il poeta è già stato licinziàto: ha già visto il grande tabillòne di falimènti acèso pir lui, ne la notte; è già stato detto di no da lì donne, dalì datori di lavoro, da la banca, da l’amico chi lì aveva chiesto i soldi, daìl primari di ospidàli chi lui aveva chiesto Ci sono speranze? Dal patroni di casa pir pagari in tardo l’afitto, dàil barista per ofrirgli un bichiere, dàla donna dì pulizie quando chiesto indietro il resto di pagamento, in sòmi, da tuti quanti. In questi casi, noi potremo dire ch’il poeta ha avuto sfortuna* y, iniziando a scrivi un poisìa, non ha interòtto tanto la sua vita, quanto piu tosto un lungo incubo di colore nero y blu.
[*sfortuna, o puri è stato un coliòni]

Questi casi, quando la poisìa non interòmpi niente – ma viene pir emergenza improvìsa, neìl nulla, y buca il vuoto dìuna vita vuota – ecco, in questi dì casi, si può lègire la poisìa più forti y autentica: la poisìa meno lavorata con lì mani. La poisìa chi esci daìl cuore y dalle dita rabìate, tristi, singolari, dì genti con particolari capacità di scrivi.
Si potrèbi dire, pir estensione, chi quando la poisìa non interòmpi la vita, solo à l’ora essa è poisìa. Chi, dèto così, sembra un frase come dèi libri di filosòfia, y mi viene già una idea di interòmpi meo lavoro di badanti pir fare la scritrice di libri di filosòfia. Ma – a quel punto – sarèbi vera scritura? E con questa dimànda interesànte chiudo il diciòtesimo paragrafo.

Torno ora à la siconda dimanda iniziale: è sempre vero ch’il poeta, si scrive, muori di fame? Chi nol potrà mai aprire – y fare così la fortuna – un centro istetico a Tenerife?
Inanzi di tùto, spesso il vero poeta scrivi di nòtti. O dopo l’oraria dìl lavoro. O là matina presta. O neìl fine di setimàna. Per il resto deìl tempo, il poeta faci dè li altri mistieri, come imbianchino, ilitricìsta, cameriere, cespuglio per comedie di teatro, rigista di porno. Si è vero chi, comi dicìva il poeta famoso Enio Cavàli “il poeta è un camionista”, posiàmo dire ch’il poeta nol muori di fame. Ma non è ni meno così tanto abiènti.

La stessa di cosa sembri confermari anchi il famoso Paolo Nori neìl blòg, ch’io adèsi faci copia-incolla pirchè mi sono rota lì scatoli di scrivi à compiuter pir falsificari li paroli in modo di sembrano scriti in polacco.
“I poeti, secondo me (…) sembran magari dei meccanici, o dei bidelli, o dei professori di disegno tecnico, o degli operatori ecologici, cioè degli spazzini, per usare una parola un po’ meno da poeti

Quindi, il poeta, abiamo capito, nol è detto chi muori di fame. Bisogna ancora di capire si può essere un poeta ricco.
Imaginiamo un poeta ricco. La sua di familia è ricca: sua madri è un diritrìci di banca, suo padri è un famoso avocàto. Lui, ni la vita, nol so cosa faci lui ni la vita, ma scrivi poisìa. Sarèbi un vero poeta? Magari si, solo dio può dire. Ma un poeta chi, povero di familia, per faci fortuna lavora tutto il giorno y la notti comi imprenditore, avrèbi tempo di scrivi? La risposta è no. Mi dispiaci, ma no.
Concludo questo articolo interesànti y fresco con un deduzione logica: si vuoi fari il poeta ricco – ma nol sei di familia ricca – alòra (si-alòra) nol devi fare il poeta.

Svetlana Petrova