One Man Show. Intervista a Leonardo Marino


Leonardo, Leo, sì,  partiamo da oggi.
Sei stato in scena al Teatro Musco di Catania dal 25 febbraio al 9 marzo col “Cyrano de Bergerac” per la regia di Giuseppe Dipasquale, con Angelo Tosto nel ruolo di Cyrano e David Coco in quello di Cristiano. Un testo complesso da mettere in scena, se non si vuol cadere nel banale, nel vezzoso. Mi racconti come avete lavorato e il tuo ruolo?

Te lo dico con le parole del regista “Cyrano L’impossibile inseguimento di un amore che mai potrà essere realizzato.”
“Amore e morte, con stilema guasconesco, che oggi leggeremo più con l’accezione di clownesco, sono i pilastri dell’umanità del Cyrano”
“La rincorsa all’amore narrata da Rostand nei personaggi del Cyrano, somiglia di molto all’affannoso virtuosismo degli artisti da circo che celebrano, con il solo scopo di divertire, la malinconia di un amore non consumabile” (Giuseppe Dipasquale).
Io ho fatto ben poco, se non suggerire al regista Dipasquale di rappresentare il mio cattivo De Guiche come se fosse un antesignano Borghezio, quindi con la cadenza lombarda.

Sei tante vite professionali, cantante, attore-cantante, attore di prosa, sei stato a contatto con molti personaggi dello spettacolo e del teatro, vivendo esperienze nei vari ambiti. 
Da dove hai cominciato, Leonardo?

Come cantante ho cominciato giovanissimo nei locali notturni. Mi ricordo che, essendo ancora studente, la mattina dopo mi addormentavo sui banchi. Comunque è stata un’esperienza molto formativa, i provini e a diciannove anni, nel 1964, il mio primo contratto discografico. Poi dischi, trasmissioni televisive e radiofoniche, due presenze al Cantagiro, un Sanremo, la sigla dello sceneggiato televisivo “La freccia nera”. Sì, lungo il mio percorso canoro ho conosciuto molti personaggi che sarebbero diventati famosissimi o lo erano già, per citarne qualcuno, Premiata Forneria Marconi, Lauzi, Battisti, Dalla, Gaber, De Andrè la Vanoni, e Mike Bongiorno che è stato il mio scopritore televisivo. 

Il mondo del teatro è diverso da quello della canzone, l’approccio artistico, intendo, il tipo di studio, l’impostazione del lavoro. Come è avvenuto il passaggio? Hai conservato il Leonardo cantante?

Ho conservato tutto di me, anzi mi sono arricchito. Il passaggio dalla canzone al teatro è avvenuto attraverso il musical.
Il successo a teatro arriva con “Caino e Abele” anche al Sistina, naturalmente Caino e Giuda, per la mia vocazione ai ruoli da “cattivo”, “Storie di periferia”. Poi “Pipino il Breve” di Tony Cucchiara che ha girato il mondo, nel ruolo dell’antagonista Marante. E ancora “La Baronessa di Carini” dove interpretavo Vernagallo. Per la Prosa, ho fatto tre anni di gavetta al Teatro Stabile dell’Aquila con il regista Antonio Calenda, esperienza ricchissima. Tanta prosa, trentasei anni sempre con lo Stabile di Catania, anche nel ruolo di musicista. Ho lavorato più volte con il grandissimo Turi Ferro, con Giulio Brogi, Laura Marinoni, Roberto Herlitzca, Elsa Merlini, Ilaria Occhini, Ida Carrara, Tuccio Musumeci, Pino Micol, Giampiero Ingrassia e molti altri.

 

La tua voce è stata quasi un lasciapassare per ogni tipo di carriera. Ti è sembrato, a volte, che fossero trascurate altre tue caratteristiche?

Avrei voluto che qualcuno credesse in me come One-Man-Show. Il Maestro Beppe Di Martino è stato il primo. In Italia, se nasci cantante, devi fare uno sforzo titanico per convincere gli altri che potresti essere anche un buon attore, si ha quasi paura di trovare qualcuno che sa fare l’uno e l’altro.

Cosa rifaresti con entusiasmo?

Rifarei tutto.

Hai composto anche musiche per il teatro, per le favole e non solo, dimmi di Leonardo musicista.

Non conoscendo la Musica, sono sempre stato un discreto “melodista” e Beppe Di Martino mi diede la possibilità di scoprirmi come Musicista, prima inserendo alcune mie canzoni negli spettacoli, poi facendomi scrivere tutte le musiche. Naturalmente, col tempo, anche altri mi diedero fiducia, come Armando Pugliese. Quando Di Martino ci ha lasciati non ho più composto una nota per gli spettacoli teatrali, a vantaggio forse di musicisti che si facevano solo delle grandi “seghe mentali” naturalmente non gente come Massimiliano Pace, Germano Mazzocchetti e pochi altri.

Siamo su una rivista di Poesia e Teatro. La tua poesia preferita?

Due in particolar modo, Ricordo di Marie A.” di Brecht e “Il tuo sorriso” di Neruda.

Cosa è la malinconia, Leonardo?

La malinconia fa parte di me. Come potrei essere allegro se non conoscessi la malinconia? E’ una stato d’animo in cui a volte ti trovi, pensando a una persona che non c’è più e, senza accorgetene, piangi.

Leonardo Marino, tre aggettivi. Dimmeli secchi

Diretto, simpatico, rompiballe.

 

Intervista nei camerini di Cosimo Coltraro

Riprese Cyrano de Bergerac, al Teatro Angelo Musco, di Giuseppe Calaciura

Foto di Dino Stornello