Approfondimenti
ORA ANDRO’ A LETTO E LEGGERO’ SOFOCLE – Lisa Orlando
[Due riflessioni sui greci] – a cura di Lisa Orlando
Riflessione 1
Penso che il greco antico sia una lingua assolutamente intraducibile poiché è, per davvero, l’unica forma di espressione. Non v’è lingua altra che vada più rapidamente; danzi, oscilli, ondeggi, rimbalzi, vivacissima; ora armonica, ora dissonante, tuttavia sempre controllata.
Qualunque traduttore non potrà che offrire un misero quanto approssimato equivalente; il greco è pieno di echi, è pieno di associazioni, di assonanze. Neppure il più eccelso dei traduttori riuscirà a tenere gli accenti più tenui, il battere e levare di parole:
“Squassa Eros l’animo mio, come i venti sui monti che investe le querce”; non è, nè sarà mai: Έρως κλονίζει την ψυχή μου σαν τον άνεμο για τα βουνά που επενδύει η βελανιδιές.
Riflessione 2
Immagino che solo i greci abbiano saputo (senza un profilo d’ombra) introdurci alla vista di una terra non deturpata, di un mare non inquinato, di un cielo di rarità; la limpidezza, messa alla prova ma integra, dell’umanità. E’ che ogni parola, nelle opere dei greci, pare essere rinsaldata grazie a una forza che straripa dall’olivo, dai templi, dai corpi giovani. Basta che Sofocle nomini l’usignolo, e l’usignolo canta; basta che si legga “bosco inviolato” e subito vengono alla luce rami intrecciati e gigli rosa.
Ogni volta è come se ci sentissimo trascinati in quella che, probabilmente, è solo un’immagine della realtà, non la realtà medesima: un giorno di primavera immaginato nel cuore d’un freddo autunno. Se non il bisogno di felicità, dunque, credo che i greci abbiano soddisfatto il bisogno di purezza, di eccitazione idealizzante.
Oggi, in un tempo di insano realismo che degrada ogni idealizzazione, e induce alla costruzione di realtà nei termini più stabili e conoscibili possibili (quasi sempre per fini difensivi), sarebbe auspicabile, invece, incentivare e non immergere in una triste penombra, la vastità di tutti i nostri desideri immaginanti. La sete di oggettività, che ci preserva anticipatamente dalle disillusioni, come sosteneva Wallace Stevens, ci pone in una condizione passiva, ma per ogni costruzione attiva, che trasformi la realtà, occorrono gli ideali, i desideri, le fantasie. L’immaginazione, al di là di quanto ne pensasse Freud, non è mai opposta alla realtà, non la oscura, semmai la arricchisce, la reinventa.
Miseramente, in un torvo torpore, come tanti topi in un buco, abbiamo spento tutte le stelle, offuscato tutte le luci, strappato tutte le corde alle arpe, per timore (!); tuttavia, per trasformare il reale secondo il proprio ideale, occorrono il rischio, il coraggio. “Il partito migliore è l’azione difficoltosa, priva di paure”, scriveva Sofocle.
[Per questo ora accendo la luce e vado a leggerlo!]
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