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CHI NON è IN GRADO DI CHIUDERE LA PARTITA IN QUALUNQUE MOMENTO è UN ESIBIZIONISTA DELLA VITA
Una delle realtà più interessanti del panorama editoriale italiano, Portatori d’acqua, ha appena pubblicato una raccolta di aforismi, riflessioni e spunti geniali di Hermann Burger, scrittore svizzero fin qui pubblicato in Italia da L’orma, e autore di questo particolarissimo Tractatus logico-suicidalis – dell’uccidere sé stessi, in cui sonda in maniera talvolta cinica talvolta perfino vagamente ironica la scelta – che egli stesso farà su di sé – del suicidio come scelta – scusate il gioco di parole – di vita.
Se dopo la scrittura del Tractatus avvenuta nel 1988, l’anno dopo Burger deciderà di farla finita con una dose di barbiturici, non deve stupire più di tanto: era già tutto scritto e incarnato, convintamente nelle 1046 riflessioni del libro suddetto.
Dalla prima, icastica: Una morte naturale non esiste, all’ultima: Finis, Berger svolge un rotolo di riflessioni filosofiche ed esistenziali sulla necessità del darsi la morte, come scelta ben precisa e ponderata.
Burger fonda una vera e propria scienza della morte, o meglio, del suicidio: la suicidologia, così come la totologia (la dottrina della predominanza della morte sulla vita), e si schiera apertamente a fianco di esse: non è super partes, non gli interessa il ruolo di arbitro.
Dai metodi più o meno efficaci per un suicidio certo – legandosi e citando un altro lavoro – ormai quasi impossibile da trovare: Suicidio: modo d’uso, libro ritirato dalle librerie francesi e italiane e di fatto mai più ristampato – al suicidio come scelta etica, il lavoro di Burger si lega ad un’altra opera fondamentale per comprendere un gesto personale come quello del suicidio, un romanzo – Suicidio – di Edouard Levé, anche questo ormai fuori catalogo, ma che sarà prossimamente ristampato dalla benemerita Quodlibet, in cui lo scrittore francese racconta la morte di un caro amico e consegnandone l’opera all’editore, decide pochi giorni dopo di darsi anch’egli la morte.
In una realtà sociale e politica in cui è peccato grave parlare e discutere di morte – giammai di suicidio – il rischio della casa editrice di Pesaro è quello che forse alcune realtà imprenditoriali dovrebbero assumersi almeno per tentare di cambiare l’ormai celebre stato delle cose.
Di Giuseppe Rizza
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