Recensioni
I tempi sono maturi, compagni!
IL SASSO E LO STAGNO
Se i CCCP nascono – a Berlino per la precisione, e per puro caso, da un incontro accidentale fra Ferretti e Zamboni – come gruppo punk che vuole minare le convinzioni borghesi e seguire l’onda del comunismo russo, ormai da diverso tempo, e soprattutto nel 2024, sono diventati mainstream, fottutamente mainstream.
Fra una polemica sul costo dei biglietti della recente reunion diventata tournee, e ancor prima anticipata da una mostra monografica, fra gli interventi sul palco di Travagli minori, e le ormai note convinzioni politiche e religiose dell’ex punkettaro Giovanni Lindo Ferretti, il discorso intorno alla più grande band italiana nel loro genere, ha valicato la musica e la politica, è cresciuto e si è fatto un ometto.
Con il recente Condotti da fragili desideri – Parole e liturgie dei CCCP, scritto da Michele Rossi e pubblicato da Baldini + Castoldi, si è aggiunto un ulteriore tassello nella costruzione critica della band di Zamboni e soci.
Il lavoro del curatore risulta, e il lettore non può che esserne felice, originale nel taglio e nella scelta stilistica: come in un moderno canzoniere infatti Michele Rossi sceglie diciannove canzoni del gruppo concentrandosi non solo sulla genesi della materia prima e di come sia stata forgiata, anche attraverso una puntuale descrizione storica dei fatti che si stavano succedendo nel mondo, ma pure elencando con rigore una serie di rimandi e influenze soprattutto letterarie che hanno portato alla costruzione delle canzoni.
Rossi infatti vantando una conoscenza amicale con Zamboni e Ferretti riesce nell’intento di consegnare a chi legge una versione sicuramente differente rispetto a quella che già è nota, dell’inventiva del gruppo (numerose ad esempio risultano le influenze letterarie nella scrittura dei testi: da Tondelli all’antipsichiatria di Lang, da Roland Barthes a Lévi-Strauss) e del loro percorso artistico.
In particolare il curatore riesce ad essere godibile sia per chi ha amato la musica dei CCCP ed è figlio di ciò che si respirava socialmente e politicamente in quegli anni, sia per chi nulla sa di punk.
La lettura infatti riesce a non annoiare e a trasmettere limpidamente l’impegno e la passione con cui questo lavoro è stato scritto, disegnando un panorama che non è solo politico, o musicale, ma anche letterario e sociologico.
E anche per questo che il libro di Rossi riesce ad essere un sasso lanciato nello stagno dell’Italia che fu ai tempi dei CCCP, e che riesce ad irradiarsi concentricamente sulla superficie del racconto di un Paese che sembra rispetto a quello di soli alcuni decenni fa decisamente intorpidito.
Giuseppe Rizza
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