La banalità del brutto

‘Siamo circondati dal brutto. L’errore fatale è pensarlo innocuo.’

La banalità del brutto, di Cristiano Seganfreddo, Politi Seganfreddo Edizioni, è un libro minuto, centotrentadue pagine in formato tascabile, in cui la tipografia espressiva – la scelta dei caratteri, l’allineamento a bandiera a sinistra, la carta e i colori – si fonde alle immagini, molte, al testo, sempre lucido, sempre incalzante, e al Canzoniere del brutto, che chiude il libro con uno slancio lirico che vuole essere l’attestazione di uno stato di cose e, insieme, un levarsi contro l’offuscamento della vista e del senso civico. Un oggetto d’arte che parla del brutto senza sconti, sottolineandone il potere politico, la capacità di annichilire.

Peppino Impastato diceva ‘se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, ci si abitua con pronta facilità’. Il concetto è lo stesso. È possibile battere il brutto in una battaglia disperata alla Matrix? Si chiede Cristiano Seganfreddo. La banalità del brutto nasce come manuale di educazione civica al brutto, con l’obiettivo, scrive l’autore, di ‘incitarci alla rivolta’.

L’analisi è spietata, ma precisa. E se il modello predominante nel mondo è l’allontanamento del povero dal centro, anche il brutto segue la stessa logica: ‘per restare ideale e perfetta, la città deve espellere (o limitare al massimo) la presenza di elementi disturbanti […]. Come diceva Cartier-Bresson, per stabilire il valore di un’immagine non bisogna mai guardare cosa succede al centro, ma sempre quello che succede ai bordi’. Si passa allora dalle insegne alle luci, al gigantismo – ‘l’ablazione dei piccoli contesti e la pulizia etnica dello spazio collettivo in favore dello shopping’ -, alla costruzione di enormi spazi-monnezza – il Junk Space -, alla città sedata, in cui la mobilità sostituisce lo spazio della socialità, in cui la sfera pubblica è sostituita da quella commerciale. Il consumo imperante. Il tutto senza nascondersi dalle facili insidie, dal banale accostamento del bello al sofisticato. Gli esempi a supporto, testuali e visivi, non mancano.

‘Il brutto che quando lo fai notare e la risposta è: “e allora?”, “non capisco cosa intendi”, “ma non si vede”, “sei esagerato”, “non si nota”, “sei troppo sofisticato”, “ci sono problemi più grandi” […]. Quel brutto per cui nessuno agisce e che tutti sottovalutano. Il brutto è silenzioso. Procede nella sua colonizzazione indisturbato, perché nessuno lo vede, se ne preoccupa, gli conferisce peso o importanza’.

Il canzoniere del brutto

[…]

Il brutto non pianifica, infesta.

Il brutto è totalizzante.

Il brutto è anarchico e dittatore.

Il brutto è politico.

Il brutto è subdolo.

Il brutto mima le forme.

Il brutto copia.

Il brutto si accoppia.

Il brutto filia.

Il brutto è adultero e fedifrago.

Il brutto ama.

Il brutto è un traditore.

Il brutto è popolare.

Il brutto è democratico.

Il brutto è politico.

Il brutto è politica.

Il brutto è senza etica.

Il brutto è razzista.

Il brutto non è razzista.

Il brutto è stupido.

 

Il BRUTTO è.

 

 

Cristiano Seganfreddo, lavora e sviluppa progetti in bilico e a rischio tra arte, moda, design e società. È docente di Estetica in Design della Moda al Politecnico di Milano, e Direttore Scientifico di Corriere Innovazione del Corriere della Sera. Editorialista e opinionista per le maggiori testate italiane, è presidente di 2031, ex Premio Gaetano Marzotto (2010-2020), autore di The Italian Book of Innovation (Rizzoli, 2017) e presidente con Gea Politi di Politi Seganfreddo edizioni, gruppo editoriale che pubblica la rivista d’arte internazionale Flash Art.

Politi Seganfreddo edizioni è una casa editrice che restituisce la contemporaneità ripensandone le categorie in modo fluido, dove l’arte si fonda con la scienza, la moda con la filosofia, il saggio con la poesia sperimentale, il romanzo, la teoria della musica.